Configurabilità del concorso tra l’emittente e l’utilizzatore di fatture per operazioni inesistenti

una recentissima sentenza di Cassazione analizza il problema dell’eventuale concorso nella commissione del reato tra l’emittente e l’utilizzatore di fatture per operazioni inesistenti ai fini di evasione fiscale (Fabrizio Stella e Nicola Monfreda)

Come è ben noto, l’art. 9 del D.Lgs. n. 74/2000 disciplina il rapporto tra la fattispecie illecita di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti ed il reato di emissione dei medesimi falsi documenti, prevedendo che – in deroga all’art.110 c.p.:

  • l’emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’art. 2;

  • chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’art.8.

In altre parole, l’intento del Legislatore è quello di evitare, in armonia al principio del ne bis in idem, che un soggetto sia punito due volte per una stessa condotta; pertanto, in linea di principio, colui che utilizza, per i successivi obblighi dichiarativi, fatture inesistenti emesse da altro individuo economico, risponde della figura criminosa di cui al già citato art .2, senza concorrere nella diversa fattispecie di cui all’art. 8, configurabile esclusivamente in capo all’emittente.

Tra l’altro, quest’ultimo risponde penalmente a prescindere dall’ammontare indicato nelle false fatture rilasciate1 e dal numero dei documenti emessi nonché dei destinatari dei medesimi, considerato che, a norma dell’art. 8, “l’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato”.

La complessità della dinamica d’imposta ed i connessi schemi frodatori, tesi sovente ad incrementare fittiziamente l’ammontare degli elementi negativi deducibili dalla base imponibile avvalendosi dell’operato di un soggetto giuridico terzo per la produzione di documentazione non veritiera, ha imposto alla giurisprudenza un attento intervento interpretativo che ha delimitato la latitudine applicativa della disposizione in argomento.

In particolare, la Corte di Cassazione, in diverse recenti pronunce, ha ritenuto:

  • configurabile il concorso dell’utilizzatore con la condotta realizzata dall’emittente allorquando le f.o.i. non sono state riportate in dichiarazione, poiché, precedentemente alla presentazione della stessa, ha avuto luogo un’azione ispettiva degli organi preposti;

  • possibile applicare congiuntamente le disposizioni sanzionatorie in trattazione in capo al medesimo individuo che agisce nelle distinte vesti di amministratore di entrambe le entità giuridiche interessate.

Al riguardo, con la sentenza n. 1894 del 12 gennaio 2011, la sezione penale della Corte di Cassazione ha sancito il principio per cui concorre nel reato di emissione di fatture false colui che, dopo averle ricevute, le contabilizza pur non inserendole in dichiarazione, perché prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione stessa è intervenuta una verifica dell’Organo preposto. Con la sentenza di che trattasi, è stato infatti fornito un quadro rigoroso e per certi aspetti inedito, considerata la particolarità della fattispecie in esame, in tema di concorso tra il reato di emissione e quello di utilizzo di fatture o altri documenti relativi a operazioni in tutto o in parte inesistenti.

Nel ricorso, l’indagato invocava l’erronea applicazione dell’articolo 9, laddove la disposizione prevede, in deroga all’articolo 110 c.p. (che regola il concorso di persone nei reati), la non punibilità a titolo di concorso nel reato di emissione per chi si avvale di documenti per operazioni inesistenti, reato contestato all’indagato da parte dell’accusa.

A sostegno della propria tesi, la difesa richiamava il principio giurisprudenziale per cui la deroga prevista al citato art. 9 comporterebbe come diretta conseguenza che “perl’emittente la successiva utilizzazione da parte di terzi configura un postfatto non punibile, mentre per l’utilizzatore che se ne avvalga nella dichiarazione annuale, il previo rilascio costituisce un antefatto irrilevante”.

Nel confutare la tesi di parte, i giudici di Cassazione hanno specificato che, nel caso di specie, si è nell’ipotesi di un soggetto che ha annotato in contabilità le fatture false, emesse da un terzo con il suo concorso, senza inserirle in dichiarazione. Posto tale assunto, a giudizio della Corte suprema, l’unico motivo del mancato inserimento in dichiarazione degli elementi passivi fittizi sta nel fatto che, prima del decorso del termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione stessa, fosse intervenuta la Guardia di Finanza che aveva verificato l’annotazione contabile quale indizio grave ai fini dell’evento delittuoso.

Pertanto, afferma la Cassazione, “l’ipotesi in esame è differente da quella del concorso tra chi ha emesso una fattura e chi l’ha utilizzata nella dichiarazione fiscale, concorso la cui configurabilità è esclusa dall’art. 9, co. 1 lett. b) del D.Lgs. 74 del 2000”. Ne consegue che, nella specie, è certamente ipotizzabile il concorso a carico dell’imputato nel reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, previsto all’articolo 8, Dlgs 74/2000. In caso contrario, si giungerebbe alla paradossale conclusione di “creare un’area di impunità per quei soggetti che abbiano concorso nell’emissione di documenti per operazioni inesistenti, limitandosi ad annotarli in contabilità, senza utilizzare tali documenti nella dichiarazione relativa all’imposta indicando elementi passivi fittizi”.

Tali soggetti, infatti, risulterebbero esclusi sia dall’ambito di applicazione dell’articolo 2, ipotesi che si verifica con l’annotazione dei documenti contabili e la conseguente indicazione degli elementi passivi fittizi in una delle dichiarazioni annuali, sia dall’ambito di applicazione dell’articolo 8, che punisce invece l’emissione dei documenti falsi.

Con riguardo, invece, al caso di un soggetto che agisce nelle distinte vesti di amministratore di entrambe le entità giuridiche interessate, una utilizzatrice e l’altra emittente, la Suprema Corte, già con la sentenza 19023 del 20.12.2012, aveva chiarito che l’art. 9 del D.Lgs. n. 74/2000 non si applica al caso in cui uno stesso soggetto provveda direttamente ad emettere fatture false (quale rappresentante legale di una società) e, altrettanto direttamente, ad utilizzare tali fatture (quale amministratore di fatto di altra società). Diversamente, infatti, si genererebbe l’inconveniente di dover determinare quale dei due reati (art. 2 o art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000) debba essere punito e quale, invece, debba essere ritenuto non punibile. Non è un caso, peraltro, che nel sistema penale tributario manchi una disposizione che indirizzi su come effettuare questa scelta. Tale interpretazione non può essere considerata contraria al principio di ragionevolezza, perché è evidente il maggior disvalore della condotta di chi contemporaneamente sia emittente ed utilizzatore di fatture false rispetto alla condotta di chi non svolga direttamente entrambe tali operazioni, ma si avvalga di un terzo, con il quale concorra, per lo svolgimento di una delle due.

In altre parole, la deroga all’art. 110 c.p. disposta dall’art. 9 del D.Lgs. n. 74/2000 esclude la rilevanza penale del concorso dell’utilizzatore nelle condotte del diverso soggetto emittente, ma non trova applicazione quando la medesima persona proceda in proprio sia all’emissione sia all’utilizzazione delle fatture false.

In particolare, occorre considerare l’esistenza di due fattispecie differenti alle quali conseguono due diversi regimi giuridici:

a) la prima è integrata quando due soggetti giuridici diversi e tra loro autonomi definiscono un accordo per la realizzazione di una frode fiscale mediante l’emissione, da una parte, e l’utilizzazione, dall’altra, di fatture false;

b) la seconda risulta integrata quando è lo stesso soggetto giuridico interessato ad utilizzare fatture false a dare luogo anche ad una serie di condotte preparatorie e dissimulatorie.

Soltanto in relazione alla prima ipotesi, il D.Lgs. n. 74/2000, con le indicazioni recate dall’art. 9, ha inteso attenuare il rigore sanzionatorio cui si era pervenuti nel vigore della L. n. 516/82, con attribuzione di responsabilità penale sia per l’utilizzazione sia per l’istigazione all’emissione.

Da ultimo, la Corte di Cassazione, con la sentenza del 21 maggio 2013 n. 19247, ha ribadito che se uno stesso soggetto emette e utilizza fatture per operazioni inesistenti (i.e. perché amministratore di entrambe le società coinvolte) vi è una duplice condotta propria e si è fuori dall’area di applicazione articolo 9 del Dlgs 74/2000, che vieta la doppia punibilità.

Con la pronuncia di che trattasi, in estrema sintesi, è stato precisato che tale norma non ha portata generale, essendo finalizzata soltanto a evitare che “per la medesima operazione in frode si giunga a sanzionare l’utilizzatore due volte: una volta in quanto ha portato in contabilità e utilizzato in dichiarazione le fatture irregolari e l’altra in quanto ha concorso con l’emittente delle fatture medesime”; quanto precede perché “l’art. 9… intende evitare non è, in sé, la doppia punibilità della medesima persona fisica per la gestione delle medesime fatture ma la punibilità della medesima persona una volta a titolo diretto per la propria condotta di utilizzazione delle f.o.i. e una seconda volta per concorso morale nella diversa e autonoma condotta posta in essere dall’emittente con cui ha preso accordi”.

In conclusione, a detta della Corte, l’art. 9 del D.Lgs. n.74/2000 esclude, quindi, la rilevanza penale del concorso dell’utilizzatore di fatture false per operazioni inesistenti nella condotta del diverso soggetto emittente, ma non anche del comportamento della medesima persona che proceda sia all’emissione che all’uso dei documenti contabili.

Diversamente opinando, si confonderebbero “nell’unicità della persona fisica i diversi livelli di responsabilità giuridica che debbono, invece, essere tenuti distinti” e risulterebbe impossibile “individuare un criterio fondato su basi obiettive per definire quale delle due condotte, di emissione e di utilizzazione, dovrebbe ‘cedere’ rispetto all’altra e risultare non sanzionabile penalmente”.

Ne deriva che il soggetto che prima emette e poi utilizza in dichiarazione fatture per operazioni inesistenti è punibile per entrambi i reati di cui agli articoli 2 e 8 del Dlgs 74/2000, “con evidente probabile applicazione dell’istituto della continuazione fra i due reati ex art. 81 cpv c.p.”.

 

8 luglio 2013

Fabrizio Stella e Nicola Monfreda

1 L’ art. 2, c. 36-viciessemel, lett. g, D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dallaL. 14 settembre 2011, n. 148 ha abrogato il comma 3 dell’articolo 8 del D.Lgs. n. 74/2000 che prevedeva un’attenuante per l’emittente qualora l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti fosse stato inferiore a euro 154.937,07.