La notifica dell'appello: quanti problemi!

nel contenzioso tributario l’appello è inammissibile se non è stata depositata copia conforme all’originale dell’atto anche presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale che ha pronunciato la sentenza impugnata

Massima

Nel contenzioso tributario l’appello è inammissibile, se non è stata depositata copia conforme all’originale dell’atto anche presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale che ha pronunciato la sentenza impugnata. Ciò nel caso in cui la notifica sia avvenuta a mezzo posta. Ai sensi dell’art. 53, c. 2, D.Lgs. n. 546/1992, l’appello, qualora non ne venga deposita copia presso la segreteria della C.T.P., è  inammissibile, salvo che l’appellane non lo abbia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario.

La ratio di tale norma è quella di dare tempestiva notizia dell’impugnazione al giudice di primo grado, al fine di impedire un’erronea attestazione circa il passaggio in giudicato della sentenza impugnata. Tale deposito deve essere effettuato in coerenza con il termine per la costituzione in giudizio dell’appellante medesimo (30 giorni dalla notifica del ricorso). Tale norma trova una sua razionale giustificazione e non sussiste alcuna disparità di trattamento tra le parti, essendo, per di più, la scelta di non avvalersi della notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario rimessa ad una libera scelta dell’appellante.

Sentenza massimata da Ignazio Buscema

 

Fatto Diritto P.Q.M.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7384/2008 proposto da:

V.L., V.A. in proprio e quale difensore di se stesso, elettivamente domiciliati in ROMA V, presso lo studio dell’avvocato NV, rappresentati e difesi dall’avvocato V.A. giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI BARI (OMISSIS);

– intimato –

sul ricorso 11381/2008 proposto da:

V.L., V.A. in proprio e quale difensore di se stesso, elettivamente domiciliati in ROMA , presso lo studio dell’avvocato NV, rappresentati e difesi dall’avvocato V.A. giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI BARI (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 116/2007 della COMM.TRIB.REG. di BARI, depositata il 14/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/04/2013 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Svolgimento del processo

 

V.A. e L. hanno proposto separati ricorsi per cassazione contro la sentenza n. 116-11-07 della commissione tributaria regionale della Puglia che ha dichiarato l’inammissibilità del loro appello avverso la decisione di primo grado, della commissione tributaria provinciale di Bari, con la quale era stato respinto un ricorso contro un avviso di liquidazione di imposta di registro.

L’imposta aveva attinto la registrazione di una sentenza del tribunale di Bari in data 26.2.2003.

La commissione tributaria regionale ha motivato la decisione affermando che era stato violato il disposto D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53, comma 2, posto che gli appellanti, avendo notificato l’appello non a mezzo di ufficiale giudiziario, non avevano poi provveduto a depositarne una copia presso la segreteria della commissione provinciale.

I ricorrenti propongono due motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

 

Motivi della decisione

1. – I ricorsi – identici e rispettivamente notificati, il primo (n. 7384-08 del r.g.), all’agenzia presso l’avvocatura dello Stato in data 6.3.2008 e, il secondo (n. 11381-08 del r.g.), all’agenzia presso la sua sede (locale e nazionale) in data 15.4.2008 – vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Invero il secondo ricorso ha funzione sanante della nullità della notifica del primo, posto che dagli atti risulta che l’agenzia non era stata difesa dinanzi al giudice tributario a ministero dell’avvocatura dello Stato.

Devesi dare in tal senso continuità all’orientamento secondo il quale, in tema di contenzioso tributario, qualora nel giudizio di merito l’agenzia delle entrate non sia stata rappresentata dall’avvocatura dello Stato, è da ritenere nulla (e non inesistente) la notifica del ricorso per cassazione effettuata presso l’avvocatura detta, non potendosi escludere l’esistenza di un astratto collegamento tra il luogo di esecuzione della notifica e il destinatario della stessa, in considerazione delle facoltà, concesse all’agenzia fiscale dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 72, di avvalersi del patrocinio dell’avvocatura medesima.

Per cui la nullità può essere sanata sia nel caso in cui l’agenzia si costituisca senza sollevare eccezioni al riguardo, sia per effetto di rinnovazione della notifica, ai sensi dell’art. 291 c.p.c., (v.

sez. un. n. 22641/07).

2. – I due motivi, da esaminare congiuntamente perchè chiaramente connessi, sono infondati.

I ricorrenti prospettano, in reciproca alternativa, come interpretazione costituzionalmente orientata o come esito di una questione di legittimità costituzionale, la violazione o la falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, come modificato dal D.L. n. 203 del 2005, conv. in L. n. 248 del 2005, affermando che, in caso di mancato deposito della copia dell’atto di appello nella segreteria della commissione tributaria provinciale, la sanzione di inammissibilità dell’appello sarebbe irragionevole rispetto all’esigenza primaria del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., specie allorchè sia stato instaurato regolarmente il contraddittorio nel giudizio di impugnazione; e comporterebbe altresì una violazione del principio di parità processuale delle parti, presidiato dall’art. 3 cost., avvantaggiando ingiustificatamente la parte appellata rispetto alla parte appellante.

3. – Osserva il collegio che la suddetta questione è stata già sottoposta all’esame della Corte costituzionale, con esito negativo.

E in effetti non appare dubitabile che, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, l’appello, ove non depositato in copia presso la segreteria della commissione provinciale, è inammissibile salvo che l’appellante non l’abbia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario.

La ratio di una simile previsione è notoriamente quella di fornire al giudice di primo grado una tempestiva e documentata notizia della proposizione del gravame ai fini del passaggio in giudicato della sentenza. E l’incombente suppone un implicito termine perentorio per l’effettuazione della deposito, in coerenza col termine per la costituzione in giudizio dell’appellante medesimo.

4. – Il dubbio di costituzionalità, che i ricorrenti ancora paventano, non ha ragione di essere.

E’ sufficiente rammentare che, finanche da ultimo, la corte costituzionale ha ribadito l’errore prospettico che ne è alla base, sulla premessa che, in tema di disciplina del processo e di conformazione degli istituti processuali, il legislatore dispone di un’ampia discrezionalità con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute. Mentre deve escludersi che la disciplina censurata sia irragionevole, in quanto lo scopo della norma è – come accennato – quello di informare tempestivamente la segreteria del giudice di primo grado in ordine all’intervenuto appello, per impedire una erronea attestazione circa il passaggio in giudicato della sentenza emessa da detto giudice.

Sicchè il fatto che il legislatore, proprio all’indicato fine, abbia posto a carico dell’appellante l’onere di depositare copia dell’atto di impugnazione a pena di inammissibilità trova una razionale giustificazione, essendo la decisione di non avvalersi della notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario rimessa alla scelta, non subordinata ad alcuna condizione, dell’appellante.

Non sussiste, allora, alcuna disparità di trattamento, nè in rapporto al valore della tutela delle parti del processo in posizione di parità (come qui affermato dai ricorrenti), nè in generale tra chi utilizza lo strumento della notifica dell’appello per mezzo dell’ufficiale giudiziario e chi, anche per ragioni di convenienza (o di celerità della procedura), si avvale, invece, della spedizione dell’atto a mezzo posta con raccomandata a.r..

E questo perchè le due forme di notificazione sono dal legislatore conformate in modo diverso; e la natura pubblica dell’ufficio cui è affidato il compimento dell’atto e lo specifico dovere che gli è imposto dalla legge giustificano la mancata previsione di un effetto di decadenza (o di inammissibilità) correlato all’inosservanza del detto dovere (cfr. C. cost. nn. 237/07, 221/08, 321/09, 229/10;

nonchè (ord.) n. 67/07, 134/09, 43/10. Da ultimo ancora C. cost. n. 17/11).

5. – Considerandosi che, nel caso di specie, l’appello era stato proposto dopo l’entrata in vigore della D.L. di modifica del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, (D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3 bis, comma 7, introdotto dalla legge di conversione 2 dicembre 2005, n. 248, in vigore dal 3 dicembre 2005), correttamente il giudice del merito la considerato l’omissione come causa di inammissibilità (v. Sez. 5^ n. 21077/11; n. 27971/2011).

P.Q.M.

 

la Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Civile, il 3 aprile 2013.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2013