Il recesso dalle società di persone

per notificare la volontà di recedere agli altri soci di una società di persone è, tutt’ora, preferibile l’utilizzo della raccomandata con ricevuta di ritorno

L’art. 2285 del codice civile riconosce a ciascun socio di società di persone, in presenza di determinati presupposti, il diritto di recedere dalla società, ossia di provocare, con una propria dichiarazione unilaterale di volontà, lo scioglimento del vincolo sociale nei propri confronti. A tale fine, la richiamata disposizione precisa che nelle società di persone contratte “a tempo indeterminato“, il socio può recedere liberamente e in qualsiasi momento (ossia ad nutum), salvo il rispetto di un termine di preavviso di almeno tre mesi dalla comunicazione del recesso agli altri soci, nonché in presenza di una giusta causa e/o nei casi previsti dal contratto sociale. All’ipotesi di società contratta a tempo indeterminato sono riconducibili, anche, le seguenti situazioni:

  • società contratta per tutta la durata della vita di uno dei soci;

  • previsione di termini finali significativamente remoti, rispetto alla data di stesura o modificazione del contratto di società;

  • proroga tacita di una società di persone contratta a tempo determinato, atteso che tale proroga implica la trasformazione della stessa in società a tempo indeterminato.

Nel caso di società di persone contratta a tempo determinato, invece, il recesso del socio è consentito soltanto nei casi previsti dal contratto sociale, oppure quando sussiste una giusta causa. Nell’esercizio della propria autonomia contrattuale, i soci possono convenire, infatti, l’inserimento di una o più clausole statutarie volte ad individuare specifici presupposti in presenza dei quali viene riconosciuta ai soci la facoltà di recedere dalla società. L’art. 2285 c.c. non offre, però, alcun chiarimento di ciò che integri gli estremi di una “giusta causa di recesso”. A tal fine, sopperisce la giurisprudenza per la quale, sussiste una giusta causa di recesso in una società di persone, in presenza di violazioni altrui di obblighi contrattuali, ovvero di violazioni dei doveri di fedeltà, lealtà, diligenza o correttezza inerenti alla natura fiduciaria del rapporto sottostante. In altre parole, il recesso del socio di una società di persone può ritenersi supportato da una giusta causa solo quando esso costituisce la legittima reazione ad un comportamento degli altri soci obiettivamente, ragionevolmente ed irreparabilmente pregiudizievole del rapporto fiduciario esistente tra le parti del contratto di società.

Accanto alle predette ipotesi di recesso operano, anche, quelle introdotte con la riforma del diritto societario (D.Lgs. 17.1.2003 n. 6): è riconosciuto il diritto di recesso al socio di società di persone che non abbia concorso/consentito alle decisioni di trasformazione progressiva in società di capitali, ovvero di fusione e scissione, assunte a maggioranza degli aventi diritto.

Il diritto di recesso si esercita mediante una comunicazione indirizzata agli altri soci, dalla quale deve risultare la volontà del socio recedente di non proseguire nel rapporto sociale. Esso rappresenta un atto unilaterale, in quanto per perfezionarsi non necessita del consenso degli altri soci: la natura unilaterale del recesso non priva comunque gli altri soci della possibilità di disconoscere l’efficacia del medesimo, nel caso in cui essi contestino il presupposto stesso in forza del quale il diritto di recesso viene esercitato. E’ il caso, questo, di un diritto di recesso esercitato dal socio di una società di persone contratta a tempo determinato, in assenza di una giusta causa. Il recesso del socio rappresenta, inoltre, un atto di natura recettizia che implica la necessità che il diritto in parola venga portato a conoscenza degli altri soci: ai fini del perfezionamento del recesso, non è sufficiente, quindi, che la comunicazione sia stata indirizzata soltanto alcuni soci o ai soli soci amministratori.

Il legislatore non ha previsto particolari formalità per la dichiarazione di recesso sicché la stessa può, alternativamente, essere incorporata in un atto scritto (i.e. raccomandata A/R), ovvero essere comunicata verbalmente. La comunicazione del recesso potrebbe, anche, risultare da comportamenti concludenti del socio, incompatibili con l’intenzione di rimanere in società, purché, in tal caso, la volontà di recedere appaia chiara ed inequivocabilmente diretta allo scioglimento parziale del vincolo sociale: il mero disinteresse del socio per la gestione della società non è sufficiente, però, ad integrare una specifica condotta di recesso, atteso che non è possibile attribuire a tale atteggiamento un significato univoco ed inequivoco (conf. Trib. Milano 10.06.99).

Ad ogni modo, alla luce di quanto appena espresso, è consigliabile che l’esercizio del diritto di recesso avvenga per mezzo di comunicazione scritta, della quale sia possibile dimostrare l’avvenuta ricezione da parte dei destinatari, anche perché il recesso diventa produttivo di effetti una volta che sia decorso il periodo di preavviso di tre mesi dalla sua comunicazione a tutti i soci (nelle società contratte a tempo indeterminato) oppure il più lungo periodo di preavviso eventualmente concesso dal recedente o convenzionalmente stabilito dai soci.

 

20 giugno 2013

Sandro Cerato