Finanziamenti dei soci alla società: analisi delle problematiche civilistiche e fiscali

I finanziamenti dei soci a favore della società sono spesso utilizzati per rispondere ad esigenze di liquidità aziendale senza ricorrere a conferimenti, tale pratica può però risultare pericolosa se messa in atto senza le dovute accortezze: analisi delle problematiche civilistiche e fiscali.

I finanziamenti dei soci alla società

il finanziamento dei soci alla società, profili normativi e problematicheI finanziamenti dei soci a favore della società sono spesso utilizzati per rispondere ad esigenze di liquidità aziendale senza ricorrere a conferimenti, tale pratica può però risultare pericolosa se messa in atto senza le dovute accortezze.

Sono infatti presenti nell’ordinamento norme a tutela dei creditori sociali che scattano con riguardo ai finanziamenti dei soci al verificarsi di particolari condizioni.

E’ quindi opportuno conoscere le normative civilistica e fiscale nonché la prassi operativa riguardante i finanziamenti dei soci, qui trattate con un approfondimento sulle novità dottrinali e giurisprudenziali.

I finanziamenti dei soci: disciplina civilistica

I finanziamenti dei soci a favore della società sono assimilabili ad un contratto di mutuo con obbligo di restituzione in capo alla società stessa, essi si distinguono dai versamenti in conto capitale in quanto questi ultimi sono vere e proprie riserve di capitale che concorrono a formare il Patrimonio Netto e non hanno obbligo di restituzione.

Occorre preliminarmente rilevare che in assenza di specifiche pattuizioni in forma scritta fra società e socio sarà quest’ultimo a dover provare la sussistenza di titolo idoneo in caso di richiesta di restituzione (in tal senso, tra le altre, sentenza Corte di Cassazione n. 2314/1996).

Occorre perciò eseguire il finanziamento con il supporto di idonei documenti che dimostrino inequivocabilmente la natura di finanziamento e non di versamento a fondo perduto dell’apporto.

E’ inoltre opportuno precisare se il finanziamento è infruttifero o fruttifero, indicando nel secondo caso il tasso di interesse convenuto (in caso di finanziamento fruttifero senza l’indicazione del tasso d’interesse convenuto si applica il tasso legale ai sensi dell’art. 1284 c.c.)

Esempio lettera del socio alla società Erogazione finanziamento soci

 

Spett.le Alfa S.r.l.

Oggetto: erogazione finanziamento soci infruttifero

 

Il sottoscritto                                                                         , in qualità di socio di codesta società dichiara con la

presente     che     la     somma     di     €                                          ,     versata     (a     mezzo contanti/Assegno n.            /Bonifico

                                    ) a favore della società, deve intendersi a titolo di finanziamento infruttifero erogato

a favore della Società medesima per sopperire alle necessità finanziarie connesse alla momentanea

carenza di liquidità.

Resta impregiudicato il diritto alla restituzione del residuo importo del finanziamento pari a €                                                            , infruttifero di qualunque interesse, a semplice richiesta.

Città,         /         /         

Il socio Bianchi

Esempio risposta della società al socio

Erogazione finanziamento soci Egr. sig. Bianchi

Oggetto: conferma erogazione finanziamento soci infruttifero

 

Abbiamo ricevuto in data odierna la Vostra lettera del ………… con il testo qui di seguito trascritto:

“Il    sottoscritto                                                                         ,    in    qualità    di    socio    di codesta società dichiara con la presente che la somma di €                                        ,

versata (a mezzo contanti/Assegno n.             /Bonifico                                     )  a

favore della società, deve intendersi a titolo di finanziamento infruttifero erogato a favore della Società medesima per sopperire alle necessità finanziarie connesse alla momentanea carenza di liquidità.

Resta impregiudicato il diritto alla restituzione del residuo importo del finanziamento pari a €                                                  , infruttifero di qualunque interesse, a semplice richiesta.”

 

Con la presente esprimiamo il nostro accordo con il contenuto della stessa. Città,                     /         /         

L’amministratore unico

Con la Massima n. 125 del 5 marzo 2013 il Consiglio Notarile di Milano afferma che l’obbligo di conferimento di denaro in esecuzione di un aumento di capitale di Spa o Srl può essere estinto mediante compensazione di un credito certo, liquido ed esigibile (se il credito non è ancora esigibile occorre il consenso della società).

I finanziamenti soci sono disciplinati dall’art. 2467 c.c., (applicabile alle società a responsabilità limitata e, per estensione, alle società per azioni) che ha la precisa finalità di preservare gli interessi dei creditori sociali di fronte al problema della “sottocapitalizzazione nominale” delle società; si tratta della pratica, adottata soprattutto nelle società a base familiare, di provvedere ai fabbisogni finanziari della società con versamenti a titolo di finanziamento anziché di capitale determinando riflessi negativi sulla posizione dei creditori sociali che vedranno, in caso di liquidazione o procedura concorsuale, affiancate alle proprie pretese quelle dei soci.

La norma in questione stabilisce la postergazione dei rimborsi ai soci per i loro finanziamenti e la restituzione dei rimborsi stessi se avvenuti entro l’anno anteriore la dichiarazione di fallimento della società; tali vincoli si applicano solo se i finanziamenti vengono effettuati in determinate situazioni societarie.

Finanziamenti soggetti alla disciplina dell’art 2467 c.c.

Il comma 2 dell’articolo 2467 c.c. dispone:

“Ai fini del precedente comma s’intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.”

Finanziamenti soci fisiologici e patologici

Si possono quindi distinguere i finanziamenti soci in 2 categorie:

  1. Finanziamenti c.d. fisiologici, concessi in momenti di normale equilibrio sociale al solo scopo di evitare il ricorso all’indebitamento bancario ritenuto più oneroso e perciò estranei alla disciplina di cui all’art. 2647 c.c.;
  2. Finanziamenti c.d. patologici, concessi in momenti di squilibrio finanziario della società in cui sarebbe più ragionevole un conferimento e quindi soggetti alla disciplina di cui all’art. 2647 c.c.

 

Per l’applicazione della disciplina dell’art. 2647 c.c. è preliminarmente necessario valutare la rilevanza del finanziamento sotto diversi profili.

In primo luogo sotto il profilo soggettivo il finanziamento deve essere effettuato dal socio che ricopra tale qualifica al momento dell’effettuazione dell’apporto, non si considerano quindi ai fini della disciplina sopra richiamata i finanziamenti concessi da soggetti divenuti soci in un momento successivo.

Con Decreto del 16 maggio 2011 il Tribunale di Padova ha inoltre precisato che si devono considerare anche i finanziamenti concessi in via indiretta cioè erogati da parti correlate o comunque riconducibili al socio.

Riguardo al profilo oggettivo la norma fa riferimento ai finanziamenti “in qualsiasi forma effettuati”, si ritengono perciò inclusi, oltre al normale finanziamento in denaro:

  • i finanziamenti in natura;
  • quelli realizzati mediante la non riscossione di debiti scaduti;
  • l’accollo di un debito sociale senza la liberazione della società;
  • il rilascio di garanzie a favore della società;
  • l’acquisto pro solvendo di crediti della società verso terzi;
  • le forme indirette di finanziamento quali concessione di beni in godimento.

1. Eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto

Il testo dell’art. 2467 c.c. fa riferimento ad un “eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto” senza però specificare a quali criteri fare riferimento anche se è evidente che la valutazione dovrà essere fatta in modo specifico per ogni singolo caso concreto.

La dottrina aziendalistica ha individuato alcuni parametri per ovviare a questa mancanza:

Parametro “di legge”: si tratta dell’applicazione dell’art. 2412 c.c., relativo alle società per azioni che stabilisce il limite massimo in ordine all’emissione di obbligazioni nella misura del doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato, anche all’indebitamento della società nei confronti dei soci; l’indebitamento sarebbe perciò eccessivamente squilibrato al superamento di tale soglia.

Parametro “tributario”: si tratta dell’applicazione del parametro di cui all’art. 98 TUIR (ora abrogato) per il contrasto alla sottocapitalizzazione e cioè rapporto tra finanziamento medio annuo e quota di patrimonio netto contabile attribuibile a ciascun socio finanziatore superiore a quattro; l’indebitamento viene considerato eccessivamente squilibrato se tale rapporto è superiore a quattro.

Indicatori della composizione del capitale: si tratta degli indici individuati dalla scienza aziendalistica per l’analisi di bilancio, con particolare riferimento agli indici di liquidità quali quoziente di liquidità secca, quoziente di liquidità, quoziente di disponibilità, margine di tesoreria e margine di disponibilità.

Il tribunale di Venezia, con decreto del 14 aprile 2011, ha individuato come indicatore significativo per l’accertamento dell’esistenza di un eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto il c.d. leverage o grado di indebitamento e cioè il rapporto tra fonti di finanziamento e mezzi propri; tale indicatore dovrà comunque essere valutato unitariamente ad altri elementi.

2.  Irragionevolezza del finanziamento

Il secondo criterio individuato dalla norma per stabilire quali finanziamenti rientrino nella disciplina dell’art. 2467 c.c. è quello di una “situazione finanziaria in cui sarebbe stato più ragionevole un conferimento”; anche in questo caso la norma non indica criteri di valutazione.

In linea di principio un conferimento sarebbe più ragionevole per un investimento di natura strutturale (es. cambiamento della linea produttiva, ingresso in nuovi mercati, ecc.) mentre il finanziamento sarebbe più giustificato in caso di investimenti per operazioni temporanee e straordinarie.

Anche per questo secondo criterio sono utili gli indicatori individuati dalla dottrina aziendalistica, in questo caso i più utilizzati sono il laverage (già nominato in precedenza) e il grado di copertura degli oneri finanziari dato dal rapporto tra il risultato operativo e gli oneri finanziari.

INDICI PER LA DETERMINAZIONE DELL’ECCESSIVO SQUILIBRIO E DELLA IRRAGIONEVOLEZZA

Parametro ex art. 2412 c.c.: indebitamento nei confronti dei soci

<

2 X (Capitale sociale + Riserva legale + Riserve disp.)

Parametro ex art. 98 TUIR: finanziamento medio annuo < 4 (rapporto pro quota per ogni socio)

Quota PN contabile

Quoziente di liquidità secca:    Liquidità Immediata

Passività Corrente

Quoziente di liquidità: Liquidità Immediata + Liquidità Differita

Passività Corrente

Tale indice dovrebbe avere un valore pari o superiore a 1, ma può essere considerato soddisfacente anche per valori superiori a 0,70

Quoziente di disponibilità:   Attivo Corrente

Passivo corrente

Tale indice dovrebbe avere un valore pari o superiore a 2, ma può essere considerato soddisfacente anche per valori superiori a 1,70

Margine di tesoreria: (Liquidità Immediata + Liquidità differita) – Passività Corrente Tale indicatore dovrebbe avere valore positivo

Margine di disponibilità: (Rimanenze + Liquidità Immediata + Liquidità Differita) – Pas. Corrente

Tale indice dovrebbe avere un valore almeno pari a quello delle passività correnti

Leverage: Fonti di Finanziamento

Mezzi Propri

Tale indice dovrebbe assestarsi su di un valore pari a 2

Grado di copertura degli oneri finanziari: Risultato Operativo (Ebit)

Oneri Finanziari Tale indice dovrebbe avere un valore pari o superiore a 2

Il momento di verifica dei presupposti per l’applicazione dell’art. 2467 appare, dal tenore letterale della norma, quello di concessione del finanziamento da parte del socio; non risulterebbero perciò rilevanti le condizioni di disequilibrio finanziario al momento del rimborso.

Altra interpretazione suggerisce invece che la presenza dei presupposti per la postergazione deve essere verificata sia al momento della concessione che al momento del rimborso (Tribunale Milano 11 novembre 2010 e 10 gennaio 2011).

Vincoli al rimborso dei finanziamenti

I finanziamenti che rientrano nella prescrizione dell’art. 2467 c.c. sono soggetti a particolari vincoli volti a tutelare gli interessi dei creditori sociali e rafforzare la garanzia patrimoniale offerta dalla società.

Al riguardo il comma 1 dell’articolo 2467 c.c. dispone:

“Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito.”

1.  Postergazione dei rimborsi

Nei casi previsti dal secondo comma dello stesso articolo 2467 c.c. (eccessivo squilibrio e irragionevolezza) il rimborso dei finanziamenti effettuati dai soci è postergato rispetto a quelli vantati dagli altri creditori sociali.

La postergazione è in questo caso assoluta nel senso che trova applicazione nei confronti dei crediti di tutti gli altri creditori sociali, non solo quelli la cui scadenza è anteriore o coincidente con quella dei crediti postergati.

L’ambito di applicabilità della postergazione è oggetto di discussione, con tre tesi prevalenti:

  • Tesi sostanzialistica: ritiene applicabile la regola della postergazione anche durante la normale vita della società (Tribunale Milano 29 settembre 2005 e 24 aprile 2007);
  • Tesi operativistica: ritiene non applicabile la postergazione se al momento del rimborso l’eccessivo squilibrio sociale risulta sanato e i terzi creditori risultino integralmente soddisfatti (o il loro soddisfacimento sia assicurato da adeguati accantonamenti);
  • Tesi processualistica: ritiene operativa la postergazione solo in presenza di un concorso tra creditori e socio finanziatore in sede concorsuale liquidatoria o in pendenza di una esecuzione individuale.

Queste tesi possono essere superate con un’interpretazione più pragmatica che consiste nel considerare possibile il rimborso se questo non comporta l’incapacità della società ad adempiere le obbligazioni assunte nei confronti dei terzi (in tal senso Tribunale Milano 10 gennaio 2011, CNDC Fondazione Aristea “La disciplina dei finanziamenti dei soci” e Circolare Assonime n. 40 del 17 luglio 2007).

2. Fallimento della società e restituzione del rimborso

I rimborsi dei finanziamenti ricevuti dai soci nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società sono inefficaci nei confronti della procedura e devono essere restituiti, questo perché il legislatore considera i rimborsi effettuati nell’imminenza del fallimento come finalizzati a sottrarre risorse alla massa fallimentare.

La restituzione del rimborso deve essere richiesta dal curatore fallimentare che dovrà agire in giudizio e provare:

  • la qualifica di socio del finanziatore
  • l’esistenza delle condizioni di cui all’art. 2467 c.: eccessivo squilibrio o irragionevolezza;
  • rimborso eseguito nei 12 mesi precedenti la dichiarazione di fallimento.

Il curatore è invece esonerato dal fornire la prova della conoscenza da parte del socio dello stato di insolvenza della società (questo perché l’art. 2467 c.c. costituisce un’eccezione a quanto disposto dall’art. 67, c. 2 L.F.).

In caso di restituzione del finanziamento alla procedura, il socio, secondo la dottrina prevalente, continua a vantare un credito nei confronti della società e può quindi chiedere di essere ammesso al passivo attraverso l’insinuazione tardiva ex art. 101 L.F.

L’inefficacia del rimborso può portare anche alla rilevazione della responsabilità degli amministratori per distribuzione preferenziale dell’attivo ai sensi dell’art. 216, co. 3 L.F.

Si ha violazione della norma se vi è volontà di favorire una parte dei creditori (soci) a danno di altri mediante distribuzione preferenziale dell’attivo; si ritiene che la condotta non rilevi penalmente se:

  • non reca un danno ai terzi creditori;
  • il rimborso è avvenuto in forza di provvedimenti coattivi rilasciati a favore del socio creditore.

Disciplina fiscale Imposta di registro per il finanziamento dei soci

I contratti di finanziamento dei soci alla società sono soggetti all’imposta di registro in misura proporzionale con aliquota 3% (art. 9 della Tariffa, Parte I, D.P.R. 131/1986); la base imponibile del tributo è l’importo del finanziamento accordato.

Per i contratti stipulati per iscritto (verbale assemblea o contratto sottoscritto da socio e rappresentante legale società) il termine di registrazione è stabilito nei 20 giorni successivi la stipula.

Se il finanziamento viene concordato mediante scambio di lettere commerciali tra socio e società, la registrazione e la relativa imposta sono assolti solamente in caso d’uso; tale pratica è la più utilizzata nella prassi commerciale per l’evidente risparmio fiscale.

Si ha il caso d’uso, ai sensi dell’art. 6 D.P.R. 131/1986, quando un atto si deposita per essere acquisito agli atti presso le cancellerie giudiziarie nella esplicazione di attività amministrative presso le Amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici territoriali ed i rispettivi organi di controllo.

La Suprema Corte ha stabilito con la sentenza n. 15585/2010 che se il finanziamento non registrato viene enunciato in un atto registrato (ad esempio verbale di assemblea per aumento di capitale o copertura perdite) vi è assoggettamento dello stesso ad imposta di registro proporzionale.

CONTRATTO FINANZIAMENTO SOCI
Imposta di registro 3%
Stipula per iscritto Corrispondenza commerciale
Entro 20 giorni dalla stipula Solo in caso d’uso

Interessi percepiti dal socio

Gli interessi percepiti dal socio, per finanziamenti concessi alla società, costituiscono reddito di capitale per l’assimilazione del contratto di finanziamento al contratto di mutuo; costituiscono invece reddito d’impresa se il socio è un soggetto imprenditore.

Quando il contratto di mutuo è stipulato in forma scritta, gli interessi si presumono percepiti per l’importo e alla scadenza pattuita:

  • se non è pattuita scadenza, gli importi si presumono percepiti per l’ammontare maturato nel periodo d’imposta;
  • se non è pattuita la misura, si applicano gli interessi al tasso legale.

Questo sottintende la presunzione di fruttuosità del prestito che può essere vinta solo se il diritto è escluso dal contratto, da altra scrittura privata o da altro documento (ad esempio corrispondenza commerciale); se il finanziamento è infruttifero è quindi necessario specificarlo nei documenti che sottintendono l’accordo per vincere la presunzione di maturazione degli interessi.

Gli interessi eventualmente percepiti dal socio sono soggetti a ritenuta operata dalla società in misura e natura differenti a seconda della qualifica del socio:

  • Socio persona fisica non imprenditore: ritenuta 20 % a titolo d’acconto;
  • Socio persona fisica o giuridica non residente: ritenuta 20 % a titolo d’imposta salve specifiche disposizioni delle convenzioni bilaterali;
  • Socio persona giuridica o  persona    fisica    imprenditore: nessuna ritenuta.
RITENUTA SUGLI INTERESSI
Socio persona fisica non imprenditore Socio persona fisica o giuridica non residente Socio persona giuridica o persona fisica
20 % a titolo d’acconto 20 % a titolo d’imposta Nessuna ritenuta

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18 giugno 2013

Fabio Balestra e Matteo Valgiusti

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