Anticipi e rimborsi per trasferte di lavoro e limite dei 1.000 €

Come vanno gestiti gli anticipi concessi per trasferte e missioni di lavoro dei dipendenti a fronte del limite di utilizzo del contante pari ad € 999,99?

Per effetto delle novità apportate dall’art. 12, comma 1 del DL 201/2011 è vietato, a decorrere dal 6 dicembre 2011, il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore oggetto di trasferimento è complessivamente pari o superiore ad € 1.000,00; parimenti, il trasferimento è altresì vietato quando è effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati.

La riduzione della soglia limite per i pagamenti in contanti opera anche con riferimento ai trasferimenti di denaro contante effettuati nell’ambito dei rapporti di lavoro dipendente.

In genere, il pagamento del corrispettivo erogato a fronte del lavoro prestato (subordinato o parasubordinato) è soggetto alle disposizioni civilistiche dettate dall’articolo 1277 del Codice civile secondo cui il compenso del lavoratore, trattandosi di un debito pecuniario, si estingue “con moneta legale avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale”.

Il tenore letterale di questa disposizione ha sempre indotto gli operatori a ritenere che non potesse essere imposto al dipendente di accettare il pagamento con mezzi diversi dal denaro contante, ma che tale possibilità dovesse essere condivisa dal lavoratore.

Ora, a seguito della novellata disciplina, lo strumento di pagamento alternativo al denaro contante diviene la regola per i cedolini paga il cui netto esposto supera € 999,99: sicché il datore di lavoro non potrà erogare la mensilità in contanti qualora l’importo esposto in busta paga ecceda appunto tale limite.

Oltre tale importo, infatti, il pagamento dovrà avvenire necessariamente attraverso modalità di pagamento tracciabili, ovvero mediante pagamento bonifico bancario o con assegno (circolare o di conto corrente) purché non trasferibile.

Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di precisare che è precluso al datore di lavoro (con ovvie finalità di eludere la disposizione) frazionare l’importo da corrispondere a titolo di retribuzione effettuando, a tale scopo, più pagamenti a titolo di acconto e saldo.

Il predetto limite di € 1.000 deve essere osservato anche nel caso in cui il datore di lavoro debba rimborsare ( ovvero anticipare) al proprio dipendente, i costi sostenuti (o da sostenere) in occasione di trasferte e/o missioni: questo è quanto precisato, al riguardo, dal Ministero dell’Economia in occasione di Telefisco 2012.

Secondo il ministero, infatti, il trasferimento si deve considerare compiutamente realizzato al momento della consegna dell’anticipo e che lo stesso se superiore ad € 999,99, viola il divieto con conseguente applicabilità delle sanzioni previste: dal 1° febbraio 2012, il trasferimento di denaro contante – effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi per un importo complessivo pari o superiore a mille euro – è punito con una sanzione che varia dall’1% al 40% dell’importo trasferito, con un minimo edittale di € 3.000.

Tale sanzione grava sia in capo a chi trasferisce il denaro contante sia in capo a chi lo riceve.

A ciò si aggiunga che la misura della sanzione minima è aumentata di cinque volte se gli importi trasferiti sono superiori a € 50.000. Per fare un esempio, se l’importo trasferito è compreso tra € 1.000 e € 50.000, la sanzione applicata varia dall’1% al 40% con un minimo di € 3.000; se il contante trasferito supera invece € 50.000, la sanzione in parola è compresa tra il 5% e il 40%, sempre con un minimo di € 3.000.

Ad affievolire il sistema sanzionatorio appena descritto, interviene l’art. 60 co. 2 del D. Lgs. 231/2007 che rende applicabile l’istituto dell’oblazione alle violazioni relative ai limiti di utilizzo del denaro contante, il cui importo non sia superiore ad € 250.000,00. Tale regime “premiale” ammette il pagamento in misura ridotta (minor somma fra il doppio del minimo e il terzo del massimo), oltre alle spese del procedimento, entro 60 giorni dalla contestazione ovviando al minimo fisso di euro 3.000 (es. La violazione per il pagamento in contanti di un importo di Euro 2.500,00 potrebbe essere sanata con un esborso di € 50,00 pari al 2% dell’importo trasferito, ovvero il doppio del minimo edittale dell’1%).

Di recente, il ministero dell’economia e tornato ancora sull’argomento dei rimborsi spese ai dipendenti precisando che, in caso di pagamento in contanti di spese sostenute nel corso di missioni, il limite di € 1.000 rileva comunque ai fini della singola operazione (missione) effettuata: non costituisce violazione, dunque, il rimborso in contanti effettuato nei riguardi di un medesimo dipendente, anche nella medesima data, di diverse missioni, ciascuna delle quali (opportunamente documentata) di ammontare inferiore ad € 1.000, anche se complessivamente considerate eccedentono il predetto limite.

Al contrario, invece, quando l’importo del singolo rimborso ecceda € 999,99, questo deve essere necessariamente effettuato attraverso l’intervento di un intermediario finanziario. Infatti, per ovviare al problema e non incorrere nelle predette sanzioni, il datore di lavoro deve mettere a disposizione le somme in contanti presso una banca che provvederà poi a versare l’importo direttamente al dipendente; in alternativa potrà ricorrere all’adozione di carte di credito intestate all’azienda, assicurando così la tracciabilità dell’operazione.

Commercialista Telematico ha pubblicato diversi approfondimenti in materia, si veda ad esempio: Trasferte e rimborsi spese

5 dicembre 2012

Sandro Cerato