Il superamento del termine di durata delle verifiche rende nullo il PVC e il contribuente vince il contenzioso!

cosa avviene quando i verificatori eccedono nel tempo di permanenza presso il contribuente? Deve ritenersi viziato di nullità il processo verbale di constatazione redatto dai verificatori che abbiano superato, in violazione dell’art. 12 L. n. 212/2000 e della L. n. 241/1990 in materia di procedimento amministrativo, i termini temporali massimi consentiti per la permanenza, dovuta a verifiche, presso la sede del contribuente

Premessa

Sussiste la validità degli avvisi di accertamento emessi dal fisco a seguito di verifiche che si sono protratte oltre il termine di cui all’art. 12, c. 5, della Legge n. 212 del 27 luglio 2000?

Quali sono gli effetti della novella dell’art. 12, c. 5 della Legge n. 212 del 27 luglio 2000 sul computo del termine di permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente nel corso delle operazioni di verifica, nonché le conseguenze del mancato rispetto del termine medesimo sulla validità dell’avviso di accertamento?

Il presente contributo precisa i profili di diritto rilevanti ai fini di una efficace difesa del contribuente nel processo e precisamente analizza le eccezioni del contribuente che riguardano:

a) il calcolo del termine di permanenza dei verificatori sulla base dei giorni complessivamente trascorsi tra l’inizio e la fine delle operazioni di verifica;

b) l’inutilizzabilità dei dati e delle prove raccolte in conseguenza del mancato rispetto del suddetto termine.

 

 

Calcolo del termine di permanenza

L’art. 12, c. 5, della Legge n. 212/2000, nella sua originaria formulazione, stabiliva ai periodi primo e secondo che

“La permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell’ufficio, per specifiche ragioni”.

Secondo la tesi erariale (Circolare n. 64/E del 27 giugno 2001; Circolari della Guardia di Finanza n. 250400 del 17 agosto 2000 e n. 1/2008 del 29 dicembre 2008), ai fini del computo dei giorni di permanenza di cui al comma 5 del citato art. 12, vanno considerati i giorni di effettiva presenza presso il contribuente a decorrere dalla data di accesso.

La Legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, c. 5, nel fissare agli

“operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria” il termine (“prorogabile per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio”) di “trenta giorni lavorativi”,

regola unicamente la permanenza degli stessi “presso la sede del contribuente” quando “dovuta a verifiche”: il termine in questione, quindi, assume rilevanza sol a seguito della somma dei “giorni lavorativi” di effettiva “permanenza … presso la sede del contribuente”; il computo dello stesso, pertanto, non può essere compiuto soltanto sulla base dei giorni trascorsi tra l’inizio e la fine delle operazioni di verifica, computando quindi anche quelli impiegati per verifiche eseguite al di fuori della “sede del contribuente” (Cassazione sentenza del 11 novembre 2011, n. 23595)

 

Novella

La disposizione in esame è stata oggetto di modifica ad opera dell’art. 7, c. 2, lett. c del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (noto come Decreto Sviluppo), convertito con modifiche dalla legge 12 luglio 2011, n. 106.

La norma di modifica, ha aggiunto i due seguenti periodi al citato art. 12 c. 5:

“Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi. In entrambi i casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente”.

 

 

Verifiche effettuate nei confronti delle imprese minori e dei lavoratori autonomi

accesso domiciliare guardia di finanzaOrbene, secondo una precisa ricostruzione ermeneutica in virtù delle modifiche apportate dall’art. 7 citato all’art. 12, c. 5, dello Statuto del Contribuente, la nozione di “giorni effettiva presenza” valida per il computo dei giorni di permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente, trova applicazione soltanto con riferimento alle verifiche effettuate nei confronti delle imprese minori e dei lavoratori autonomi (per i quali è previsto il limite di 15 giorni nell’arco di tre mesi).

La locuzione “in entrambi i casi” utilizzata dal legislatore va riferita ad entrambe le categorie delle “imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi”, contemplate dal terzo periodo del comma 5 e non anche alla disposizione del primo periodo del medesimo comma, che fissa, in via generale, la durata massima della permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente (quindi anche nel caso di imprese in contabilità ordinaria).

Pertanto , ai fini del computo della permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente, è possibile fare riferimento ai giorni di effettiva presenza solo con riferimento alle predette categorie delle imprese in contabilità semplificata e dei lavoratori autonomi.

Al contrario, per le società in contabilità ordinaria, il limite di permanenza di trenta giorni va inteso come riferito a giorni lavorativi consecutivi a decorrere da quello di accesso, prescindendo dai giorni di presenza effettiva dei verificatori presso la sede del contribuente.

Secondo siffatta tesi la permanenza dei verificatori presso i contribuenti di minori dimensioni, per i quali si introduce un termine dimezzato (da 30 a 15 giorni), può protrarsi fino ad un trimestre; diversamente nel caso dei soggetti di maggiori dimensioni -per i quali rilevano i giorni di durata complessiva delle operazioni di verifica – anche in caso di proroga, la permanenza dei verificatori non può protrarsi oltre un periodo massimo di sessanta giorni.

Secondo diverso orientamento occorre tener conto della ratiodella modifica normativa e dei principi di buon andamento ed efficacia dell’azione amministrativa, exart. 97 della Costituzione; pertanto, occorre riferire il criterio di computo della durata delle operazioni di verifica basato sui giorni di “effettiva permanenza” anche ai contribuenti in contabilità ordinaria.

 

 

Inutilizzabilità dei dati e delle prove irritualmente raccolte

Secondo la tesi erariale gli organi di controllo possono utilizzare tutti i documenti dei quali siano venuti in possesso, salvo la verifica della attendibilità, in considerazione dalla natura e del contenuto dei documenti stessi, e dei limiti di utilizzabilità derivanti da eventuali preclusioni di carattere specifico.

La violazione delle regole dell’accertamento tributario non comporta come conseguenza necessaria la inutilizzabilità degli elementi acquisiti.

Si pensi al caso in cui, nel corso di una verifica fiscale, vengano acquisiti elementi determinanti ai fini dell’accertamento, soltanto il trentunesimo (o sessantunesimo) giorno lavorativo dall’inizio della verifica stessa, in violazione del precetto di cui all’art. 12, c. 5, della L. 27 luglio 2000, n. 212. Non esiste, cioè, nell’ordinamento tributario un principio generale di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite.

Tale principio è stato introdotto nel “nuovo” codice di procedura penale, e vale, ovviamente, soltanto all’interno di tale specifico sistema procedurale (vd. art. 191 del codice di procedura penale).

L’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta la inutilizzabilità degli stessi in mancanza di una specifica previsione in tal senso (Cassazione, sentenza del 19 giugno 2001, n. 8344).

Il termine di 30 giorni di cui all’art. 12 dello Statuto del contribuente, che fissa il termine massimo di permanenza degli operatori presso la sede del contribuente sottoposto a verifica,è un termine con valenza di tipo ordinatorio, piuttosto che perentorio, e come tale inidoneo a determinare l’illegittimità e la conseguente inutilizzabilità degli elementi acquisiti oltre il suddetto termine (Cassazione, Sezione tributaria, Sentenza n. 8344/2001).

All’eventuale violazione del termine di permanenza non sono ricollegate dalla legge le conseguenze della inutilizzabilità delle prove raccolte e della nullità degli atti di accertamento compiuti; manca, infatti, una norma sanzionatoria, mentre sussiste una compiuta disciplina dettata dalla legge n. 212/2000 con riferimento ad eventuali irregolarità commesse dai verificatori durante la ispezione (Cassazione sentenza del 22 settembre 2011, n. 19338). In assenza di una disposizione sulla inutilizzabilità delle prove irregolarmente acquisite, sarebbe ingiusto che la negligenza dell’organo investigativo comporti la inutilizzabilità di una prova oggettivamente ammissibile (Cassazione sentenza del 2 febbraio 2002, n. 1383).

Occorre distinguere l’inutilizzabilità dalla attendibilità, infatti

“in materia tributaria non vige il principio, presente invece nel codice di procedura penale, secondo cui è inutilizzabile la prova acquisita irritualmente; pertanto, gli organi di controllo possono utilizzare tutti i documenti dei quali siano venuti in possesso salvo la verifica della attendibilità, in considerazione della natura e del contenuto dei documenti stessi, e dei limiti di utilizzabilità derivanti da eventuali preclusioni di carattere specifico” (Cassazione sentenze del 26 maggio 2003, n. 8273, del 3 febbraio 2003, n. 1543 e dell’1 aprile 2003, n. 4987).

 

Secondo un diverso orientamento (sentenza del 4 maggio 2004, n. 238, CTP di Catania)

“ogni elemento raccolto, dagli operatori della Guardia di finanza o degli uffici impositori, oltre il limite temporale di giorni trenta prorogabili di altri trenta giorni con provvedimento motivato, è frutto di attività posta in essere in violazione della norma espressa. La conseguenza di questa violazione, anche se non comminata espressamente, è l’inutilizzabilità degli elementi di prova raccolti oltre il limite fissato dall’art. 12, comma 5”.

 

Gli elementi raccolti dagli operatori oltre tale limite sono frutto di attività posta in essere in violazione di legge. (CTP di Bari del 2 novembre 2011, n. 148). I documenti provenienti da attività illegittime quindi sono inutilizzabili e tale inutilizzabilità non richiede un’espressa disposizione sanzionatoria, derivando dalla regola generale, secondo cui l’assenza del presupposto di un procedimento amministrativo, infirma tutti gli atti nei quali si articola.

Il termine dei 30 giorni lavorativi prorogabili di ulteriori 30 nei casi di particolare complessità dell’indagine, previsto dall’art. 12 c. 5 citato è un termine perentorio (C.T.P. di Catania, sent. 20 aprile 2004, n. 238).

Secondo la CTR di Milano (Sez. L, Sent. n. 12 dell’8 febbraio 2008) deve ritenersi viziato di nullità il processo verbale di constatazione redatto dai verificatori che abbiano superato, in violazione dell’art.12, della Legge n. 212/2000 e della Legge n. 241/1990 in materia di procedimento amministrativo, i termini temporali massimi consentiti per la permanenza, dovuta a verifiche, presso la sede del contribuente.

Deve ritenersi, quindi, viziato di nullità il processo verbale di constatazione redatto dai verificatori che abbiano superato, in violazione dell’art. 12 L. n. 212/2000 e della L. n. 241/1990 in materia di procedimento amministrativo, i termini temporali massimi consentiti per la permanenza, dovuta a verifiche, presso la sede del contribuente.(Sent. n. 12 del 19 marzo 2008 della CTR di Milano, Sez. L).

Gli accessi, ispezioni e verifiche sono soggetti al rispetto delle prescrizioni e del termine di durata contemplati dallo Statuto del contribuente che hanno natura perentoria. Conseguentemente, deve dichiararsi l’illegittimità dell’avviso di accertamento laddove nel corso della verifica siano state violate le previsioni dell’art. 12 L. n. 212/2000 (Sent. n. 141 del 16 dicembre 2009 della CTP di Terni, Sez. II).

 

Aspetti processuali

La nullità dell’avviso di accertamento per eccessiva durata della verifica fiscale1 non è rilevabile d’ufficio e la relativa eccezione, se non formulata nel giudizio di primo grado, non è ammissibile qualora venga proposta per la prima volta nelle successive fasi del giudizio (Cassazione sent. n. 10802 del 5 maggio 2010).

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10802 del 5 maggio 2010, ha escluso che la nullità dell’accertamento possa essere dichiarata dal giudice tributario in assenza di specifica eccezione di parte in primo grado.

 

8 settembre 2012

Antonio Terlizzi

 

NOTE

1 L’art. 12, c. 5, L. 27 luglio 2000, n. 212, secondo cui la permanenza degli operatori dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine, deve essere interpretata in senso restrittivo calcolando la durata massima come sommatoria di 60 giorni lavorativi e consecutivi.(CTP Bari Sez. XVII, 11-11-2010, n. 293).

Considerato che la permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio e che, per quanto gli operatori possano ritornare nella sede del contribuente decorso tale periodo per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell’ufficio, per specifiche ragioni, la norma di cui all’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), va comunque interpretata in modo restrittivo, ossia calcolando la durata massima della verifica come sommatoria di sessanta giorni (trenta più trenta) lavorativi e consecutivi, in quanto la ratio della previsione normativa è data dal primo comma dello stesso articolo secondo il quale l’attività di verifica deve svolgersi “con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente”, dal che ne deriva che in caso di protratta permanenza dei verificatori oltre detti limiti temporali si determina l’illegittimità dell’accertamento medesimo.(CTP Puglia Bari Sez. XVII, 11-11-2010, n. 293).