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Finanziamenti soci ed aumento di capitale sociale mediante compensazione del credito del socio (Parte 2)
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Secondo l’art. 46 TUIR, in merito agli aspetti fiscali del finanziamento dei soci,
“Le somme versate alle società commerciali e agli enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera b), dai loro soci o partecipanti si considerano date a mutuo se dai bilanci o dai rendiconti di tali soggetti non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo”.
Tale disposizione, in virtù del richiamo generalizzato dell’IRES contenuto nell’art. 56 si applica anche alle imprese individuali e alle società di persone.
In base al disposto del sopra citato art. 46, si segnala che l’indicazione in bilancio assume rilievo semplicemente per indicare la natura dei versamenti effettuati.
La prova dell’infruttuosità delle somme concesse in prestito alla società da parte dei soci, pertanto, non potrà essere costituita dall’indicazione in bilancio delle suddette somme nella voce “soci c/finanziamenti infruttiferi”.
Per quanto riguarda la fruttuosità o meno degli interessi relativi ai finanziamenti erogati dai soci, si precisa che, anche in base a quanto previsto dall’art. 1815 del c.c., le somme si intendono date a mutuo con obbligo, quindi, di restituzione e che
“salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante“.
In merito, il comma 2 dell’art. 45 del TUIR, prevede che
“Per i capitali dati a mutuo gli interessi, salvo prova contraria, si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuite per iscritto. Se le scadenze non sono stabilite per iscritto gli interessi si presumono percepiti nell'ammontare maturato nel periodo d'imposta. Se la misura non è determinata per iscritto gli interessi si computano al saggio legale”.
Quindi, ai fini fiscali, il finanziamento si presume sempre fruttifero di interessi, il cui tasso, in mancanza di espressa pattuizione, si presume applicato per un ammontare pari al saggio legale, anche se tale presunzione, secondo la sentenza della Corte di Cassazione n. 21540 del 7 novembre 2005, non è assoluta ed è quindi ammessa la prova contraria.
Il Tribunale di Roma, con sentenza dell’11 febbraio 1995, ha affermato che per vincere la presunzione di fruttuosità delle somme date a mutuo, è necessaria l'indicazione contraria in forma scritta, scegliendo tra:
- atto pubblico, scrittura privata autenticata o scrittura privata registrata;
- corrispondenza commerciale con spedizione in plico senza busta;
- altri documenti aventi data certa quali:
- ricorso all’autoprestazione presso gli uffici postali con apposizione del timbro direttamente sul documento anziché sull’involucro che lo contiene (Art. 8 del Lgs. 22 luglio 1999, n. 261);
- apposizione della marca temporale sui documenti informatici (Art. 15, comma 2, Legge 15 marzo 1997, 59, D.P.R. 10 novembre 1997, n. 513, Artt. 52 ss. D.P.C.M. 8 febbraio 1999);
- scambio di e-mail a mezzo posta certificata, nella quale la data e l’ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso a mezzo posta elettronica certificata è opponibile ai terzi (D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68);
- verbale di assemblea, cui deve necessariamente seguire una comunicazione di adesione da parte dei soci da cui possa desumersi la data certa.
La suddetta giurisprudenza ha, altresì, ribadito che la delibera assembleare di versamenti o finanziamenti vincola solo i soci che hanno espresso la loro adesione all'operazione e non anche gli altri. A tal fine è necessario fissare fin dall’inizio il termine di restituzione, che può essere a scadenza fissa o rinnovabile.
Anche la Suprema Corte, con la sentenza 7 luglio 2009, n. 15869, sancendo il consolidato principio fiscale, ha stabilito che
“vi è una presunzione juris tantum di onerosità dei mutui dei soci in favore della società, con conseguente attitudine dei mutui stesso a produrre interessi e, quindi, reddito da capitale assoggettabile alla ritenuta d’acconto prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 26.
Pertanto tale presunzione può essere esclusa solo in presenza di una prova positiva di avvenuto inserimento nei mutui di pattuizioni contemplanti espressamente l’esonero della mutuataria dall’obbligo del pagamento di interessi”.
Se i finanziamenti sono fruttiferi o anche solo presunti tali:
- gli interessi, se non sono indicate per iscritto le scadenze, si presumono percepiti nell'ammontare maturato nel periodo di imposta;
- la misura degli interessi, se non indicata per iscritto, si presume al tasso legale;
- sugli interessi la società dovrà operare la ritenuta, con modalità differenti in relazione al soggetto percipiente:
- 12,5% a titolo d’acconto, se il socio è persona fisica che non detiene la partecipazione come impresa residente. In questo caso, dovrà inserire gli interessi nella propria dichiarazione dei redditi;
- nessuna ritenuta se il socio è persona giuridica (finanziamenti tra società) o fisica che detiene la partecipazione come impresa, in quanto tassati come reddito di impresa;
- 12,5% a titolo d’imposta se il socio, indifferentemente persona fisica o giuridica, è un soggetto non residente, salvo specifiche disposizioni delle convenzioni
Si ricorda che la ritenuta va versata entro il 16 del mese successivo al pagamento degli interessi mediante modello F24, e utilizzando il codice tributo 1030 recante “ritenute su altri redditi di capitale diversi dai dividendi”.
Dichiarazione fiscale
La società che eroga interessi:
- versa le ritenute;
- certifica entro il 28 febbraio dell’anno in corso le somme percepite nell’anno precedente;
- deve compilare il quadro SF del modello 770 ordinario.
Con riferimento a quanto corrisposto nell’anno precedente, devono essere indicati:
- i dati identificativi dei percipienti di redditi di capitale assoggettati a ritenuta a titolo d’acconto, quali i redditi di capitale corrisposti a soggetti residenti non esercenti attività d’impresa;
- i proventi corrisposti a stabili organizzazioni estere di imprese residenti;
- i compensi per avviamento commerciale;
- i contributi degli enti pubblici e privati.
La società dovrà, quindi, indicare al punto 13) del quadro SF il codice “A”, destinato, infatti, ai casi disciplinati dall’art. 26, ultimo comma, del D.P.R.
- 600/73, secondo cui “I soggetti indicati nel primo comma dell'art.23 operano una ritenuta del 12,50 per cento a titolo d'acconto, con obbligo di rivalsa, sui redditi di capitale da essi corrisposti, diversi da quelli indicati nei commi precedenti e da quelli per i quali sia prevista l'applicazione di altra ritenuta alla fonte o di imposte sostitutive delle imposte sui redditi”.
La persona fisica che abbia percepito gli interessi innanzi evidenziati, deve indicarli nella propria dichiarazione dei redditi compilando il rigo RL2, colonna 2, del modello Unico 2011.
Dall’Irpef così calcolata, va scomputata la ritenuta trattenuta dalla società e certificata dalla stessa al socio.
Finanziamrenti soci e conversione del debito di finanziamento in capitale di rischio
Allorquando la società ha necessità di reperire mezzi finanziari per effettuare un programma di rinnovamento dei beni strumentali al fine di far fronte alla sottocapitalizzazione dell’impresa può ricorrere:
- al Finanziamento fruttifero od infruttifero dei soci (capitale di credito);
- successivamente, può aumentare il capitale sociale mediante COMPENSAZIONE DEI CREDITI V/SOCI, con contestuale rinuncia al diritto di restituzione del prestito, ai sensi dell’art.1236 c.c. (capitale di rischio).
L’OIC 28, riguardo al finanziamento soci, al fine di inquadrare l’operazione nei finanziamenti prevede:
- di redigere un apposito documento (generalmente un Verbale C.A. o un verbale di Assemblea) nel quale illustrare le caratteristiche del finanziamento (il piano di rimborso, l’esplicito impegno alla restituzione delle somme oggetto del finanziamento nella medesima misura concessa dal socio alla società e soprattutto l’eventuale onerosità);
- la conversione del “Debito di finanziamento” in “Capitale di rischio”.
La dottrina e la giurisprudenza ritengono ammissibile che tali valori possano essere destinati ad aumentare il capitale sociale o a coprire le perdite ma è necessaria:
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una delibera assembleare (straordinaria in caso di aumento del capitale sociale ed ordinaria nel caso di copertura di perdite) che espliciti chiaramente la volontà dei soci di utilizzare i finanziamenti a copertura delle perdite o ad aumento del capitale sociale.
In questo caso, la riqualificazione del finanziamento da “prestito” a “versamento in conto capitale”, implica che:
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tale finanziamento sia attribuito ai soci in proporzione alle quote di partecipazione da essi detenute indipendentemente dall’originaria partecipazione al finanziamento effettuata dal singolo socio.
Pertanto:
- l’apporto sotto forma di versamenti in conto aumento capitale deve risultare in modo chiaro;
- la formalizzazione dei finanziamenti dei soci può avvenire mediante: atto pubblico, scrittura privata autenticata e non autenticata (con data certa), verbale di assemblea, scambio di corrispondenza (raccomandata).
La scelta dipende sia dal costo dell’operazione sia dall’assoggettamento ad imposta di registro, che per evitarla si ricorre allo scambio di corrispondenza.
Trattamento fiscale degli interessi
Per quanto riguarda il trattamento fiscale degli interessi dal punto di vista della società che riceve il finanziamento dei soci, si applica l’art.96 Tuir, in base al quale in caso di erogazione di interessi su finanziamenti da parte dei soci, essendo dette operazioni riconducibili a mutui, ne deriva che i relativi interessi ricadranno nelle regole generali dell’articolo richiamato, con conseguente deducibilità fino a concorrenza degli interessi attivi eccedenza deducibile nel limite del 30% del risultato operativo lordo (ROL).
L’importo non deducibile nell’esercizio può essere, in tutto o in parte, recuperato, poiché, quanto non dedotto in un dato esercizio può dedursi in quello successivo in cui si determina un importo del 30% del ROL superiore all’importo degli interessi passivi di competenza di detto successivo esercizio.
Dal punto di vista dell’investitore (se si tratta di socio-società) gli interessi rientrano nel reddito d’impresa secondo il principio di competenza e come tali NON SOGGETTI A RITENUTA D’ACCONTO.
Aumento del capitale sociale
L’aumento di capitale sociale può avvenire mediante:
- versamenti monetari;
- conferimenti di crediti e beni diversi dal denaro;
- conversione o passaggio di riserve in capitale;
- COMPENSAZIONE del credito del socio verso la società.
Nella terza ipotesi sia ha l’aumento gratuito o nominale di capitale (art.2442 e 2481-ter c.c.), nelle altre ipotesi si ha l’aumento a pagamento o reale.
L’aumento nominale è detto gratuito poiché la società non acquisisce nuovi mezzi finanziari esterni, ma assoggetta al vincolo di indisponibilità proprio del capitale sociale parte del Patrimonio netto assoggettato al regime delle riserve: riserve sovrapprezzo, riserve statutarie, riserve da versamenti dei soci in conto capitale, riserve da rivalutazione monetaria. È esclusa la riserva legale che è indisponibile.
Si evidenzia che se né la delibera di aumento di capitale né lo statuto dettano disposizioni particolari in merito alla natura dei beni da conferire per l’aumento di capitale, l’aumento si deve effettuare con versamento di denaro, in quanto l’art.2342 c.c. stabilisce che
“se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in danaro”.
L’operazione di aumento del capitale è un’operazione che comporta una modifica dell’atto costitutivo (art.2328 c.c.) e come tale segue uno speciale procedimento.
Secondo l’art.2365 c.c., per le Spa, l’aumento del capitale sociale, comportando una modifica dello statuto, è di competenza dell’assemblea straordinaria
Le ragioni che possono indurre alle variazioni reali di aumento del capitale sociale consistono nella necessità di apportare nuove risorse come capitale di rischio.
Le ragioni che, invece, stanno alla base delle variazioni nominali di aumento del capitale sociale possono essere ricondotte alla necessità di dare una migliore percezione della società all’esterno. Nel caso di incrementi, il trasferimento al capitale sociale di altre poste del netto ha il significato di vincolare le risorse corrispondenti in maniera più stringente.
Aumento del capitale sociale mediante compensazione del credito del socio
In merito all’aumento di capitale sociale mediante compensazione del credito del socio verso la società si evidenzia che:
- tale credito può essere utilizzato ai fini della sottoscrizione delle nuove azioni o quote emesse dalla società in sede di aumento di capitale a pagamento, ponendolo in compensazione con il debito che il socio contrae con la società per effetto della sottoscrizione dell’aumento di capitale.
La Cass. Civ. sez. I, sent. N.936 del 05.02.96 e Cass. N.4236 del 24.04.98, ha riconosciuto tale forma di sottoscrizione con l’ulteriore specificazione che la medesima non richiede la predisposizione della perizia di stima prevista dagli artt.2343 e 2465 c.c. nelle ipotesi in cui oggetto di conferimento sia un credito o un bene in natura.
Restano salvi i principi generali in tema di compensazione che i due crediti/debiti siano liquidi ed esigibili (art.1243 c.c.) salvo il caso della compensazione volontaria (art.1252 c.c.).
Aumento di capitale sociale in presenza di perdite
Si possono avere le seguenti ipotesi:
- perdita inferiore ad 1/3 del capitale sociale: non è prescritto alcun adempimento a carico dell’organo amministrativo;
- perdite superiori ad 1/3 del capitale sociale, soprattutto nell’ipotesi in cui le stesse intacchino il minimo legale richiesto per il tipo societario (pari ad €.120.000 per le Spa e €.10.000 per le Srl, come stabilito, rispettivamente, negli artt.2327 e 2463 c.c.): ai sensi degli artt.2446 e 2482-bis del c.c., gli amministratori devono convocare l’assemblea senza indugio “per gli opportuni provvedimenti”, sottoponendo alla stessa una “relazione sulla situazione patrimoniale della società” (che, con le osservazioni dell’organo di controllo, rimane depositata presso la sede sociale negli otto giorni precedenti) e danno conto, in assemblea, degli eventuali fatti di rilievo successivi alla stesura della relazione.
Secondo il Consiglio Notarile di Milano, massima n.122 del 18.10.11, è dunque legittimo l’aumento di capitale:
- in caso di perdite incidenti sul capitale per non più di 1/3;
- in caso di perdite incidenti sul capitale per più di 1/3, se il capitale non si sia ridotto al di sotto del minimo legale, in sede di “opportuni provvedimenti ex 2446, c.1, e 2482 bis, c.1, del c.c.;
- in caso di perdite incidenti sul capitale per più di 1/3, se il capitale non si sia ridotto al di sotto del minimo legale, in qualsiasi momento antecedente l’assemblea di approvazione del bilancio dell’esercizio successivo rispetto a quelli n cui la perdita è stata rilevata;
- in caso di perdite incidenti sul capitale per più di 1/3, se il capitale non si sia ridotto al di sotto del minimo legale, in sede di assemblea di approvazione del bilancio dell’esercizio successivo rispetto a quello in cui la perdita è stata rilevata, a condizione che si tratti di un aumento di capitale da sottoscrivere tempestivamente in misura idonea a ricondurre la perdita entro il terzo
In ogni caso l’aumento di capitale non esime dall’osservanza degli obblighi posti dagli artt.2446, c.1, e 2482 bis, commi 1, 2 e 3 del c.c., in presenza dei quali la situazione patrimoniale rilevante la perdita – se non già pubblicizzata – deve essere allegata al verbale, o comunque con lo stesso depositata nel registro delle imprese - in caso di perdite incidenti sul capitale per più di 1/3, se il capitale si sia ridotto al di sotto del minimo legale, in sede di assemblea convocata ex art.2447 e 2482 ter del c.c., a condizione che si tratti di un aumento di capitale da sottoscrivere tempestivamente in misura idonea a ricondurre la perdita entro il terzo.
In ogni caso l’aumento di capitale non esime dall’osservanza degli obblighi posti dagli artt.2446, c.1, e 2482 bis, commi 1, 2 e 3 del c.c., in presenza dei quali la situazione patrimoniale rilevante la perdita – se non già pubblicizzata – deve essere allegata al verbale, o comunque con lo stesso depositata nel registro delle imprese.
Riduzione del capitale sociale
In base agli artt.2446, 2^ c. e 2482 bis, 4^ c., del c.c.: ”se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di 1/3” in sede di approvazione del bilancio di tale esercizio occorre
“ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate”,
in difetto di ciò gli organi di amministrazione e di controllo
“devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio”.
Secondo il Consiglio Notarile di Milano, tale disposizione deve intendersi applicabile solo qualora la perdita superiore al terzo, accertata nel bilancio dell’esercizio successivo, resti tale sino al momento in cui l’assemblea delibera la riduzione del capitale a copertura della perdita: ove la perdita sia stata per qualunque ragione ridotta entro il terzo, l’obbligo di riduzione non nasce o viene meno.
Infatti, la perdita superiore al terzo del capitale può essere considerata una situazione patologica che deve essere curata mediante la riconduzione della società allo stato che il legislatore considera come fisiologico.
Secondo il Consiglio Notarile di Milano:
- occorre l’adozione di una deliberazione di aumento del capitale volta a ridurre le perdite ad un ammontare inferiore al terzo del capitale riconducendo così il capitale stesso, se del caso, a un ammontare superiore al minimo legale;
- tra gli opportuni provvedimenti vi rientra anche l’aumento di capitale a pagamento, misura che conduce ad un rafforzamento dell’assetto patrimoniale della società: e ciò sia che la perdita, calcolata sul nuovo capitale, rimanga superiore al terzo, sia che, al contrario, il capitale venga aumentato in misura tale che la perdita non risulti più eccedente il terzo del capitale quale risultante dalla sottoscrizione dell’aumento.
Secondo il Consiglio Notarile di Milano l’aumento di capitale sociale presenta dei vantaggi rispetto all’alternativa dell’apporto di risorse mediante appositi versamenti a copertura delle perdite:
- infatti, l’apporto di risorse alla società mediante appositi versamenti a copertura delle perdite, a differenza della prima, lascia i terzi all’oscuro delle perdite intervenute, mancando una deliberazione suscettibile di pubblicità nel Registro imprese;
- inoltre, mentre in caso di aumento del capitale gli utili successivi dovranno essere accantonati sino al completo assorbimento delle perdite pregresse, in caso di apporti a copertura delle perdite ogni successivo utile conseguito potrà essere distribuito tra i soci;
Secondo il Consiglio Notarile di Milano viene, inoltre, scongiurato il rischio di occultamento delle perdite, dato che gli organi competenti sono comunque tenuti a:
- rilevare esattamente l’ammontare della perdita attraverso un’idonea situazione patrimoniale;
- menzionare eventuali fatti di rilievo idonei ad incidere sulla stessa: al riguardo piena trasparenza è assicurata per i terzi dalla pubblicità nel Registro delle imprese della delibera di aumento del capitale, dalla quale dovranno emergere chiaramente le circostanze nelle quali è intervenuta la decisione di aumentare il capitale.
Riduzione del capitale oltre il minimo legale
In base agli artt.2447 e 2482-ter del c.c.: “se, per la perdita di oltre 1/3 del capitale, questo si riduce al di sotto del minimo”, occorre convocare senza indugio l’assemblea “per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad un cifra non inferiore al detto minimo” ovvero la trasformazione della società.
Secondo il Consiglio Notarile di Milano:
- tale disposizione presuppone che la perdita incidente sul capitale per oltre 1/3 persista sino al momento in cui l’assemblea delibera la riduzione del capitale per l’intera perdita e il contestuale aumento dello stesso: se infatti la perdita, inizialmente superiore al terzo, per eventi sopravvenuti dovesse ridursi al di sotto della soglia rilevante, quand’anche il capitale reale fosse inferiore al minimo legale, non vi sarebbe alcun obbligo di ridurre il capitale della perdita residua, con suo contestuale aumento sino ad una cifra almeno pari al minimo legale.
Comunicazione all'Amministazione Finanziaria dei finanziamenti dei soci alla società
Il D.L. 138/2011, nell’art. 2, c. 36-septiesdecies, prevede che l’Agenzia tenga conto, ai fini della ricostruzione sintetica del reddito, di qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione effettuata nei confronti della società.
Nel provvedimento del 16.11.11 è stato previsto l’estensione della comunicazione dei beni concesso in godimento a soci e familiari a qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione nei confronti della società concedente.
I finanziamenti e i versamenti effettuati o ricevuti dai soci andranno comunicati per l’intero ammontare indipendentemente sia dalla quota del socio chi il bene è concesso in godimento sia dal fatto che l’operazione sia strumentale all’acquisizione dei beni successivamente concessi in godimento.
L’A.F. (in Telefisco 2012, Il Sole 24 ore, pag.34) ha chiarito che la comunicazione dei finanziamenti e delle capitalizzazione del 2011 riguarda
“sia quelli concretizzati nel 2011 sia quelli che, pur realizzati in periodi d’imposta precedenti, risultano ancora in essere nel periodo d’imposta in corso al 17.09.11”.
Dovranno essere comunicati, inoltre, anche quei finanziamenti già noti all’A.F., quali quelli relativi agli aumenti di capitale che affluiscono all’A.T. in seguito alla registrazione dei relativi atti.
Conclusioni
Da quanto sopra esposto emerge che:
- I finanziamenti soci (fruttiferi o infruttiferi) sono soggetti a imposta registro 3% in termine fisso (entro 20 giorni dalla stipula) se risultano da un contratto sottoscritto tra le parti, perché sono assimilabili al contratto di mutuo (art.1, a), Tariffa parte II imposta registro).
Sono soggetti anche in caso enunciazione in un altro atto soggetto a registrazione.
Se si fanno per corrispondenza commerciale avente data certa solo in caso d’uso.
- L’aumento di capitale sociale mediante compensazione del credito del socio verso la società è ammesso (cass. 936 del 05.02.96 e 4236 del 04.98), senza perizia di stima ex art.2343 e 2465 c.c. È importante che il credito sia liquido ed esigibile ex art.1243 c.c.
- I versamenti alla società possono essere: a titolo di finanziamenti, in C/Capitale o a fondo perduto; in C/Futuro aumento capitale.
Se a titolo di finanziamenti l’eventuale passaggio a capitale sociale necessita preventiva rinuncia dei soci al diritto di restituzione, trasformandolo in apporto.
In tal caso occorre delibera assemblea di utilizzare i finanziamenti a copertura di perdite o aumento capitale.
La rinuncia al credito ha natura di riserva di capitale che può concorrere a copertura di perdite o aumento di capitale sociale.
- In caso di conferimento aziende (atto costitutivo o di aumento capitale sociale) si paga l’imposta fissa di registro.
Secondo la giurisprudenza in caso di aumento del capitale sociale mediante rinuncia dei soci ai crediti per pregressi finanziamenti si paga l’imposta di registro in misura fissa in quanto è considerato un vero e proprio conferimento di crediti e come tale tassabile con aliquota propria degli aumenti di capitale sociale (cass. 3826 del 06.10.76 e RM 250638 del 01.03.78).
- Per i finanziamenti dei soci occorre: 1) previsione nello statuto; 2) i soci devono detenere almeno il 2% del capitale sociale; 3) i soci devono risultare a libro soci da almeno tre mesi (viceversa si ha esercizio abusivo raccolta risparmio – 130 dlgs 385/93).
- Secondo il notariato Milano l’aumento di capitale sociale ha dei vantaggi rispetto al versamento dei soci per copertura perdita, in quanto i terzi rimarrebbero all’oscuro delle perdite pregresse mancando una delibera soggetta a registrazione.
Inoltre in caso di aumento capitale sociale gli utili successivi devono essere accantonati sino ad assorbimento delle perdite pregresse. In caso di apporti a copertura perdite ogni successivo utile potrà essere distribuito.
- Per i finanziamenti dei soci occorre la comunicazione all’agenzia entrate L. 138/2011.
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