Aumenti di capitale e conferimenti in natura

Una delibera di aumento del capitale sociale con il vincolo di conferimenti in natura e proposta di sottoscrizione ai soci è valida solo se il conferimento viene previsto come inscindibile e nel caso di quote inoptate non venga previsto che esse possano essere sottoscritte in denaro dagli altri soci.

In ordine agli aumenti di capitale in dottrina esaminiamo alcune rilevanti questioni interpretative ancora oggi dibattute. Un dubbio che continua a persistere è se sia possibile deliberare a maggioranza un aumento del capitale da eseguire in natura e da offrire in sottoscrizione non a soggetti terzi, ma ai soci stessi, senza quindi privarli del diritto di opzione, ma con l’effetto o di vincolarli alla sottoscrizione e disporre dei propri beni privati a favore della società, o ad andare incontro alla conseguenza della diluizione della propria partecipazione, con corrispondenti pregiudizi in termini di diritti giuridici ed economici.

Delibera di aumento di capitale sociale in Srl: un caso trattato dal tribunale di Roma

aumento capitale sociale srlIn ordine a tale disputa dottrinale è intervenuto il Tribunale di Roma, Sez Impr. che con ordinanza 18 febbraio 2020 ha statuito che in materia di SRL la deliberazione di aumento del capitale sociale a pagamento possa prevedere che la liberazione della maggiore capitalizzazione avvenga con conferimenti in natura, ma a tutela delle minoranze ha imposto che devesi trattare di un aumento di capitale inscindibile e nel caso vi sia anche un solo socio che non intenda sottoscriverlo in natura, non possa venire previsto che l’inoptato competa agli altri soci con la facoltà, da parte di questi ultimi, di sottoscriverlo in denaro.

Il caso ha riguardato una SRL con una compagine sociale costituita da due soci con uguali quote di sottoscrizione pari ognuna al 45% del capitale sociale e da un terzo socio con una quota di sottoscrizione pari al residuo 10%.

La delibera prevedeva che i due soci con le quote paritetiche del 45% sottoscrivessero l’aumento di capitale in natura mediante il conferimento di un marchio e del diritto su un brevetto industriale in comproprietà per quote uguali di entrambi.

Il terzo socio avrebbe invece potuto sottoscrivere in denaro la quota di aumento di sua spettanza.

La delibera inoltre prevedeva che la parte di aumento di capitale eventualmente non sottoscritta da alcuno dei soci avrebbe potuto essere sottoscritta dagli altri soci in denaro in proporzioni alle quote di partecipazione da ognuno detenute.

Si arrivava all’approvazione della delibera a maggioranza da uno dei soci paritetici e dal terzo socio (con un quorum deliberativo pari al 55%), che dichiaravano anche di voler procedere alla sottoscrizione, con versamenti in denaro, della quota di aumento rimasta inoptata, non avendo l’altro socio paritetico deciso di sottoscrivere la quota di aumento corrispondente al suo diritto di opzione.

Impugnazione della delibera di aumento di capitale per illegittimità della stessa: le motivazioni addotte

Quest’ultimo socio impugnava la deliberazione assembleare di fronte al Tribunale di Roma deducendo la illegittimità della medesima per:

  1. abuso della maggioranza a danno del socio di minoranza;
  2. violazione del diritto di sottoscrizione ex art 2481 bis codice civile;
  3. illegittimità della previsione di sottoscrizione dell’inoptato con versamenti in denaro.

Il Tribunale di Roma con la citata ordinanza, dopo aver ritenuto che in generale debba considerarsi legittima la sottoscrizione di un aumento del capitale in natura, ha ritenuto illegittima la delibera nella parte in cui metteva il socio di minoranza di fronte all’alternativa tra il conferire un determinato bene di sua proprietà alfine di mantenere invariata la sua quota di partecipazione, oppure di patire una diluizione del suo diritto partecipativo, per effetto della sottoscrizione in denaro dell’inoptato consentita agli altri soci.

In tal modo per il Tribunale di Roma verrebbe a configurarsi una menomazione della libertà del socio in occasione degli aumenti di capitale.

L’aumento di capitale nella SRL

Volendo intentare una disamina sul piano del diritto si deve considerare come l’art. 2481 bis codice civile che disciplina in via generale l’aumento di capitale di società a responsabilità limitata mediante nuovi conferimenti, al 4° comma preveda che per i conferimenti di beni in natura o di crediti si applicano le prescrizioni dell’art 2464 codice civile.

Sebbene, quindi, si registri la mancanza di una disciplina esaustiva in materia di conferimenti in natura, il rinvio all’art. 2464 codice civile consente di ritenere, almeno in via generale, che sia ben possibile per un socio partecipare all’aumento del capitale sociale mediante conferimenti in natura.

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I limiti connessi al conferimento in natura

Tuttavia, stando anche all’iter argomentativo del Tribunale di Roma, il socio non può subire la costrizione di privarsi di beni di sua esclusiva proprietà a vantaggio di una comune strategia statutaria, in quanto diversamente la deliberazione verrebbe a configurarsi alla stregua di una sorta di esproprio del bene privato del socio.

Ciò si configurerebbe ogniqualvolta l’approvazione della delibera è sottoposta a quorum deliberativi di maggioranza, anziché all’unanimità, come nel caso della controversia portata a cognizione giudiziaria del Tribunale di Roma.

L’opzione in questione necessita, quindi, di precisi limiti sistematici, necessari per evitare che una delibera si possa ingerire in modo così potestativo nelle decisioni del socio in ordine al suo compendio patrimoniale privato e porsi in una incongruente condizione di antigiuridicità.

Il parere del Tribunale di Roma

Tali limiti, sono stati rinvenuti nella citata ordinanza del Tribunale di Roma nell’impossibilità di disporre un aumento di capitale scindibile in unione alla possibilità per gli altri soci di esercitare la prelazione dell’inoptato con versamenti in denaro.

Così testualmente per il Tribunale di Roma:

“Infatti, ove sia disposto dall’Assemblea che un determinato socio possa partecipare all’aumento del capitale mediante conferimento di uno specifico bene di sua proprietà, ma a tale operazione non si ricolleghi per gli altri soci la possibilità di acquistare l’inoptato mediante versamenti in denaro, appare del tutto evidente come, al rifiuto del socio, nessun svantaggio gli deriverebbe, atteso che l’intera operazione sarebbe posta nel nulla.

Al contrario la libertà (che deve sempre essere assicurata) del socio rispetto ad un conferimento in natura viene ad essere minata quando l’operazione viene strutturata come scindibile e agli altri soci viene ad essere riservata la possibilità di esercitare la prelazione sull’inoptato con versamenti in denaro”.

In tale ultimo caso, infatti, al socio si verrebbe a prospettare l’alternativa o di perdere la proprietà del bene e mantenere integra la sua partecipazione e con essa la posizione contrattuale nella società o viceversa mantenere integra la proprietà del bene e vedersi diluita la sua partecipazione al capitale con il corrispondente indebolimento dei propri diritti giuridici ed economici verso la società.

Poiché non appare legittimo porre il socio difronte ad una simile alternativa, l’intera operazione diventa, per ragioni di diritto sistematico attinenti la proprietà personale dei beni, del tutto illegittima.

La questione della liceità dei conferimenti in natura

Alla luce delle statuizioni esposte dal Tribunale di Roma nell’ordinanza in commento si può procedere ad un riepilogo dei fondamenti di diritto alla base della liceità dei conferimenti in natura nella SRL.

Nella disciplina della SRL la liceità dei conferimenti in natura è preliminarmente condizionata da un’espressa manifestazione di volontà negoziale dei soci, da rappresentate nel documento costitutivo.

Secondo l’art. 2464 comma 3, infatti, si possono effettuare conferimenti in natura a condizione che in sede statutaria risulti espressamente prevista tale facoltà (in caso, inverso i conferimenti possono essere fatti solo in denaro).

In sede di aumento di capitale, costituendo essa una fattispecie in cui si riverbera l’esposta regola generale, la validità di una delibera che assuma ad oggetto conferimenti in natura, dev’essere preliminarmente filtrata con la prescrizione dell’art.2464, comma 3, e con la verifica statutaria di un’ammissione dei conferimenti in natura.

In assenza di una specifica clausola in tal senso i conferimenti in natura possono ritenersi in via generale preclusi.

I conferimenti in natura

Nel caso di precisa prescrizione nell’atto costitutivo della facoltà di conferimenti in natura, non appare declinabile la tutela dei diritti di proprietà dei soci dissenzienti, per cui la validità della delibera di aumento del capitale con apporti in natura è sottoposta all’osservanza delle seguenti congiunte condizioni:

  • devesi trattare di conferimenti in natura inscindibili;
  • le quote inoptate non possono essere sottoscritte in denaro.

L’osservanza di tali regole consente al socio dissenziente di non esporsi al pregiudizio della rappresentata alternativa o di perdere la proprietà del bene e mantenere integra la partecipazione o di mantenere integra la proprietà del bene e vedersi diluita la partecipazione, dal momento che il congiunto vincolo della inscindibilità dell’apporto in natura e del divieto a surrogarlo con versamenti in natura, determina nel caso di diniego del socio, la caducazione dell’intera operazione di aumento del capitale, per cui nessun personale svantaggio al socio dissenziente può derivarne.

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A cura di Luciano Sorgato

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