Detrazione degli interessi passivi sul mutuo, il contributo unificato in caso di appello tributario, ulteriori chiarimenti sul regime dei contribuenti minimi, imposta di bollo sui conti correnti bancari

le praticissime ed utilissime risposte ai quesiti del dott. Antonio Gigliotti per affrontare al meglio le problematiche della vita professionale

QUESITO N. 1: Detrazione interessi passivi

Viene acquistato da un genitore un appartamento che viene in testato al figlio per il 96% (prima casa) e la restante parte viene intestata tra la moglie e il marito (che l’acquista). Il figlio è uno studente universitario senza reddito, e quindi a carico. Lo stesso ha trasferito la residenza nell’appartamento acquistato. Può il genitore detrarre gli interessi passivi dalla prossima dichiarazione dei redditi?

 

RISPOSTA

La detraibilità degli interessi passivi su mutui ipotecari per l’acquisto della prima casa è indissolubilmente legata al concetto di abitazione principale.

Nella situazione prospettata, ricorrono i presupposti (dando per scontata la presenza delle ulteriori condizioni che sono previste dalla lettera b dell’articolo 15 del TUIR) della comproprietà e della cointestazione del contratto di mutuo affinché il genitore possa detrarre gli interessi passivi derivanti dal contratto di mutuo per l’acquisto dell’immobile destinato all’abitazione principale del figlio.

Le condizioni necessarie affinché possa configurarsi il diritto al beneficio della detrazione sono:

  • gli interessi, gli oneri e le quote di rivalutazione, devono riferirsi a contratti di mutuo;

  • il mutuo deve essere assistito da garanzia;

  • il soggetto erogante il mutuo deve essere residente o avere una stabile organizzazione in Italia;

  • l’immobile sia adibito ad abitazione principale entro un anno dall’acquisto. La condizione di dimora abituale deve sussistere nel periodo d’imposta per il quale si chiedono le detrazioni, con eccezione delle variazioni di domicilio dipendenti da trasferimenti per motivi di lavoro;

  • l’acquisto dell’immobile deve avvenire entro un anno antecedente o successivo alla stipulazione del contratto di mutuo ipotecario;

  • il soggetto che intende fruire del beneficio fiscale, deve possedere due requisiti, e cioè di essere contemporaneamente:

    • intestatario del contratto di mutuo;

    • acquirente dell’immobile.

La detrazione spetta al contribuente che ha acquistato la casa ed è titolare del contratto di mutuo, anche se l’immobile è adibito ad abitazione principale di un suo familiare. Ad esempio, se i genitori acquistano a proprio nome una casa per un figlio, stipulando un contratto di mutuo ipotecario, tali soggetti potranno beneficiare della detrazione.

Nel caso specifico, il contribuente (genitore) può avvantaggiarsi del beneficio della detrazione solo in relazione alla quota di interessi formalmente sostenuta, che deve quantificarsi in ragione di un terzo del mutuo a causa della triplice intestazione dello stesso, fermo restando comunque il limite complessivo di 4.000 euro sul quale proporzionarla.

 

QUESITO N. 2: Contributo unificato per appello incidentale

Sono in procinto di proporre appello incidentale e il valore della controversia è di 180 mila euro (contributo unificato di 500 euro in quanto rientra nello scaglione da 75 mila euro a 200 mila euro). L’Amministrazione finanziaria ha appellato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale per un valore di 100 mila euro “prenotando a debito” 500 euro di Contributo unificato. Se deposito l’appello incidentale per 80 mila euro, il C.U. è dovuto anche se la sua misura corrisponde esattamente all’importo già versato per l’appello principale (500 euro) e se dalla somma del valore dei due appelli non scaturisce un aumento di valore della causa?

 

RISPOSTA

Prima di rispondere al quesito, è necessario fare una brevissima premessa. Per i giudizi di secondo grado, il valore della controversia si identifica con il contenuto della sentenza. In particolare, qualora la pronuncia della CTP abbia accolto o respinto in toto il ricorso in primo grado, il valore della lite in appello sarà pari a quello determinato in primo grado, mentre se la sentenza abbia accolto, parzialmente, il ricorso e riformato in parte l’atto impugnato, il valore della controversia cui commisurare il C.U. corrisponderà a quello determinato nella sentenza appellata (circolare M.e.f. del 21 settembre 2011). Nel caso di appello incidentale, invece, il valore della controversia è costituito dalla parte della sentenza che è oggetto dell’appello stesso (circolare M.e.f. del 21 settembre 2011). Ebbene, l’articolo 13, comma 6-quater, del D.P.R. numero 115/2002 (T.U.G.S. – Testo Unico spese di giustizia) prevede il pagamento del Contributo Unificato (C.U.) commisurato agli importi previsti nel medesimo comma, per i ricorsi principali e gli appelli incidentali proposti innanzi alle Commissioni tributarie. Ai sensi di legge, quindi, sia l’appellante principale che quello incidentale sono entrambi obbligati – ognuno per la sua parte – a pagare l’imposta di accesso al giudizio. E, tanto, senza distinguere se la proposizione dell’appello incidentale provochi o meno un aumento del valore complessivo della controversia. Da quanto sopra, ne deriva che l’appellante incidentale è obbligato, comunque, al pagamento di quanto dovuto a titolo di spese di giustizia, per il sol fatto di avere ampliato il “thema decidendum”. Nel caso di specie, pertanto, si dovrà pagare il Contributo unificato commisurato alla parte del valore della sentenza di primo grado oggetto dell’impugnazione (80 mila euro), ovvero, 500 euro.

 

QUESITO N. 3: Passaggio ai minimi per l’ex dipendente

Un geometra fino al 2 dicembre 2011 lavorava presso una ditta edile con il compito di realizzare i diversi progetti immobiliari. Essendosi dimesso da tale lavoro il soggetto in questione intende aprire partita Iva e proporsi a nuove aziende con il compito però di svolgere pratiche di tipo burocratico. Si chiede se tale soggetto possa accedere al regime dei minimi

 

RISPOSTA

Tra le nuove condizioni previste dal D.L. 78/2011 conv. con modif. L. 111/2011 per l’applicazione dei minimi dal 1.1.2012 figura anche quella relativa al fatto che l’attività da esercitare non deve costituire, in nessun modo, mera prosecuzione di un’altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui tale attività costituisca un periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio dell’arte/professione.

Per quanto riguarda tale condizione sia la C.M. 26.1.2001, n. 8/E, sia la C.M. 59/E/2001 avevano chiarito che il carattere di mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta si desume dalla circostanza che la nuova attività e quella svolta in precedenza presentino il medesimo contenuto economico e si fondino sulla stessa organizzazione di mezzi necessari al loro svolgimento.

Secondo il documento di prassi, la prosecuzione si realizza allorché l’attività presenti il carattere di novità unicamente sotto l’aspetto formale, ma nella sostanza viene svolta utilizzando gli stessi beni dell’attività precedente, nel medesimo luogo e nei confronti degli stessi clienti.

Per il contribuente indicato nel quesito, l’attività che viene svolta come lavoratore autonomo è dotata di strutture mezzi organizzazioni nuovi. Si ritiene pertanto che il contribuente possa accedere al regime dei minimi.

 

QUESITO N. 4: Minimi e attività d’impresa nei tre anni precedenti

Ai fini dell’accesso al nuovo regime dei minimi il contribuente non deve aver esercitato, nei tre anni precedenti, attività artistica, professionale ovvero d’impresa, anche in forma associata o familiare. Se la partita Iva della precedente attività è cessata il 10 giugno 2006 e la riapertura interviene il 30 giugno 2009 si può accedere al regime dei minimi? In altre parole, si deve fare riferimento ai tre periodi d’imposta o si deve conteggiare il periodo di effettivo svolgimento dell’attività?

 

RISPOSTA

La manovra estiva 2011, il DL 98/11 convertito in legge n. 111/2011, ha previsto che tutti i contribuenti che applicano il regime dei minimi al 1° gennaio 2012, oltre che rispettare tutti i requisiti previsti dalla Finanziaria 2008, hanno l’obbligo di verificare il possesso in loro capo di ulteriori nuovi requisiti per poter beneficiare di questo regime agevolato.

In particolare, i requisiti richiesti sono i seguenti:

1. l’attività d’impresa arte o professione sia nuova o iniziata successivamente al 31.12.2007;

2. il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività di cui al comma 1, attività artistica, professionale ovvero d’impresa, anche in forma associata o familiare;

3. l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;

4. qualora venga proseguita un’attività d’impresa svolta in precedenza da altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore a 30.000 euro.

Si evidenzia che tra le condizioni esposte figura il fatto che il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità si applica a condizione che il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività di cui al comma 1, attività artistica, professionale ovvero d’impresa, anche in forma associata o familiare.

Si ritiene, tenuto conto di quanto disposto, che il limite previsto per l’applicazione del regime fiscale di vantaggio debba intendersi riferito al periodo di effettivo svolgimento dell’attività precedente e non al periodo di imposta.

Il contribuente indicato nel quesito, essendo trascorsi più di tre anni dalla cessazione e il successivo inizio, può accedere al regime dei minimi.

 

QUESITO N. 5: Imposta di bollo e cumulo dei conti correnti

Un soggetto ha più conti correnti presso lo stesso intermediario e dalla somma complessiva di tutti questi conti, si supera la soglia di 5mila euro. E’ soggetto all’imposta di bollo?

 

RISPOSTA

La manovra salva Italia ha previsto l’applicazione dell’imposta di bollo per le persone fisiche di misura pari a 34,20 euro sui conti correnti e libretti postali, a condizione che la giacenza media annua sia superiore a 5mila euro.

Contrariamente, infatti, l’imposta di bollo non è dovuta quando il valore medio di giacenza annuo, che risulta dagli estratti conto e dai libretti di risparmio, è complessivamente non superiore a 5mila euro.

La media della giacenza, per capire se c’è o meno esenzione, deve essere verificata in riferimento al saldo medio su base annua. Il riferimento alla giacenza media complessiva porta a ritenere che si applichi una sorta di cumulo tra i rapporti esistenti in riferimento allo stesso soggetto presso lo stesso intermediario. Se dal cumulo si supera la soglia di 5mila euro di giacenza media annua, l’imposta di bollo è dovuta.

 

10 aprile 2012

Antonio Gigliotti