Verifiche fiscali: tempi di permanenza degli agenti del Fisco

Se gli agenti o i verificatori impiegano più di 30 giorni nelle verifiche presso il contribuente è valida la verifica?

Con la sentenza n. 14020 del 27.06.2011, si assiste ad un’inversione di rotta della Cassazione in materia di termini di permanenza degli agenti presso i locali del contribuente soggetto a verifica fiscale.

Per i Supremi giudici, infatti, la permanenza oltre i 30 giorni stabiliti dal quinto comma dell’articolo 12 della legge 212/2000 non rende illegittimo il controllo.

 

Durata della verifica fiscale: premessa

Con la sentenza n. 14020 del 27.06.2011, si assiste ad un’inversione di rotta della Cassazione in materia di termini di permanenza degli agenti presso i locali del contribuente soggetto a verifica fiscale.

Per i Supremi giudici, infatti, la permanenza oltre i 30 giorni stabiliti dal quinto comma dell’articolo 12 della legge 212/2000 (Statuto del Contribuente) non rende illegittimo il controllo.

 

Permanenza dei verificatori

Le verifiche fiscali svolte dagli operatori tributari, devono essere effettuate nel rispetto delle norme contenute nel DPR 600/73 e 633/72 e nello Statuto del Contribuente.

 

Art. 12, c. 5, Statuto del Contribuente

In particolare, il comma 5 dell’articolo 12 dello Statuto del Contribuente dispone che

“la permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione Finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio”.

Tale prescrizione ha una duplice finalità:

  • regolamentare l’attività di controllo ad opera del Fisco;

  • riconoscere il diritto dei contribuenti a una ”ragionevole durata” di tale attività.

 

Art. 12, c. 1, Statuto del Contribuente

Inoltre, il comma 1 dell’articolo 12 dello Statuto dei diritti del contribuente, in tema di controlli, afferma che

“tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo”

e

“si svolgono con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente”.

Le unità operative devono, quindi, porre in essere tutti gli accorgimenti utili per ridurre al massimo gli effetti pregiudizievoli dell’attività ispettiva rispetto al normale andamento delle relazioni dei contribuenti con i propri fornitori, con i clienti, con gli enti finanziari e con gli altri soggetti, compatibilmente con la tipologia dei controlli da effettuare.

 

Circ. n.1/2008 della G.d.F.

In merito al significato da attribuire alla locuzione “permanenza dei verificatori”, il Comando Generale della Guardia di Finanza si è espresso nella Circolare n. 1/2008, secondo cui: “una interpretazione sistematica della norma propende per ritenere che il concetto di “permanenza” non coincida con la durata complessiva della verifica; quest’ultima, infatti, comprende, oltre alle attività di controllo normalmente svolte presso la sede o i locali del contribuente, una serie di ulteriori adempimenti che possono essere effettuati anche in altri ambiti, quali, ad esempio, i riscontri di coerenza esterna, le elaborazioni di dati documentali e fattuali che possono essere svolte non necessariamente presso i locali stessi, l’acquisizione di informazioni da terzi, la predisposizione di richieste ad altri reparti ovvero al Comando Generale per attività di riscontro da parte di collaterali Organi esteri, ecc.”.

La permanenza non coincide con la durata complessiva della verifica.

La durata complessiva della verifica comprende:

  • attività di controllo,

  • riscontri di coerenza esterna,

  • elaborazione di dati documentali e fattuali svolte anche fuori dai locali,

  • acquisizione di informazioni da terzi,

  • predisposizione di richieste ad altri reparti o al Comando Generale per attività di riscontro.

Nella Circolare si legge, inoltre, che “tale interpretazione pare conforme anche alla ratio che sembra essere sottesa alla norma stessa, individuabile nella necessità di evitare che le esigenze ispettive possano incidere oltre misura sul normale andamento dell’attività imprenditoriale, professionale o artistica, che indubbiamente potrebbe risultare compromesso o reso problematico per effetto di una permanenza degli operatori presso la sede del contribuente protratta per tempo indeterminato”.

 

Circ. n.64/E del 27.06.2011 dell’Agenzia delle Entrate

Secondo quanto specificato anche nella Circolare n. 64/E del 27 giugno 2001 dell’Agenzia delle Entrate, il termine dei trenta giorni, inoltre, rileva sul piano dell’effettiva permanenza presso la sede del contribuente per esigenze propriamente ispettive, considerando quindi le giornate lavorative effettivamente ivi trascorse, a decorrere dalla data di accesso, per svolgere le operazioni di controllo, con esclusione di singoli ed episodici contatti connessi ad adempimenti meramente procedurali, quali, ad esempio, notifiche, prelevamento o riconsegna atti, ecc..

 

Durata della verifica fiscale: Giurisprudenza di legittimità

Cassazione sent. 26689 del 18 dicembre 2009

sentenza corte di cassazioneCon la sentenza n. 26689 del 18 Dicembre 2009, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul delicato tema dei termini massimi di permanenza dei verificatori, in occasione di verifiche fiscali condotte presso i contribuenti.

La Corte ha ritenuto debbano essere considerati ai fini del computo del termine dei trenta giorni tutti i giorni lavorativi successivi all’accesso.

Infatti, se i controlli devono arrecare la minore turbativa possibile alla “operatività” del contribuente, non si può lasciare ai verificatori la più ampia discrezionalità circa l’opportunità di fermarsi per significativi periodi di tempo presso il contribuente stesso.

Essendo, infatti, il termine di 30 giorni perentorio, esso non può dipendere dalla discrezionalità dei verificatori.

Né possono essere considerate sufficienti a superare dette considerazioni le difficoltà dei verificatori a completare l’attività di controllo entro i citati limiti temporali.

 

Durata della verifica fiscale: Giurisprudenza di merito

Ctr Lombardia, sent. n. 12 del 19.03.2008

Sul tema ha avuto modo di pronunciarsi anche la giurisprudenza di merito.

In particolare, si ricorda la sentenza n. 12 del 19 marzo 2008 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, secondo cui è illegittimo, per violazione dell’art. 12, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’avviso di accertamento che recepisce le risultanze di una verifica fiscale protrattasi oltre i termini di legge.

Al riguardo, la Commissione regionale, nel sancire tale illegittimità, fornisce una propria interpretazione della locuzione “trenta giorni lavorativi” assai differente rispetto a quella fornita dall’Amministrazione finanziaria; i 30 giorni (prorogabili di ulteriori 30) di durata del controllo fiscale vanno intesi, secondo i giudici di merito, come giorni lavorativi consecutivi (quindi, in termini pratici, quanto meno dal lunedì al venerdì).

 

I 30 giorni vanno intesi come giorni lavorativi consecutivi.

La sentenza specifica che, una volta effettuato l’accesso presso il contribuente, iniziano a decorrere i 30 giorni concessi per portare a compimento la verifica, senza che tale decorso sia interrotto dal fatto che i verificatori non siano presenti, in alcune giornate lavorative successive, nella sede del contribuente.

 

Cassazione, sent. n. 14020 del 27.06.2011

In precedenza, dunque, sia Corte di legittimità (sentenza n.26689/2009) sia la giurisprudenza di merito avevano stabilito che il mancato rispetto dei termini previsti dal citato articolo 12, calcolati con una permanenza consecutiva, costituivano motivo di illegittimità dell’intera verifica.

 

Cassazione, sent. n. 14020 del 27.06.2011

Con la sentenza in commento viene, invece, riconfermata la piena legittimità alla verifica che non ha osservato la disposizione sui termini.

La decisione si fonda sull’assunto che il limite fissato per il compimento di un atto deve ritenersi ordinatorio o sollecitatorio, a meno che non ne sia espressamente stabilita la perentorietà.

Viene, infatti, precisato che le norme di cui agli articoli 152 e 156 del codice di procedura civile rappresentano principi generali applicabili a tutti i procedimenti, salvo che per essi non sia diversamente disposto.

Pertanto, la permanenza oltre i 30 giorni stabiliti dal quinto comma dell’articolo 12 della legge 212/2000 (Statuto del Contribuente) non rende illegittimo il controllo, in quanto non si tratta di un termine espressamente indicato dalla norma come perentorio.

 

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10 gennaio 2012

Antonio Gigliotti