Concordato preventivo fallimentare: transazione fiscale e falcidia credito IVA

secondo la Cassazione, qualunque sia l’opzione concordataria prescelta dal debitore, la proposta concordataria è omologabile solo se prevede l’integrale pagamento dell’IVA dovuta

La Cassazione in tema di concordato preventivo fallimentare

sentenza corte di cassazioneLa Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22931, pubblicata il 4 novembre 2011, ha affermato che, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo dell’azienda in crisi, il ricorso alla transazione fiscale è una mera facoltà del debitore: ove tuttavia il debitore non vi acceda, dal concordato preventivo (eventualmente) omologato non possono discendere quegli effetti – quali il consolidamento del debito inteso come non modificabile contestazione della pretesa ed estinzione dei giudizi in corso – subordinati alla contestuale omologazione del concordato e della transazione fiscale.

Inoltre, ad avviso dei giudici di legittimità, qualunque sia l’opzione prescelta dal ricorrente (concordato con o senza transazione), la proposta concordataria è omologabile solo se preveda l’integrale pagamento del credito Iva.

In buona sostanza, la Corte ha così chiuso la porta alla falcidia dell’Iva, in favore dell’azienda in crisi.

Il fatto

L’Agenzia delle Entrate ricorreva in cassazione, avverso la decisione della Corte d’appello che ne aveva rigettato il reclamo nei confronti del decreto con il quale il Tribunale aveva omologato la proposta di concordato preventivo presentata da una S.a.s..

In particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto ammissibile una proposta di concordato senza transazione fiscale, contenente la falcidia del credito Iva.

Le doglianze dell’Ufficio

L’Ufficio affidava il proprio ricorso a due motivi di gravame. Con il primo, lamentava:

🠆   la violazione degli artt. 160 e 182 ter della legge fallimentare, per avere la Corte territoriale ritenuto ammissibile la proposta contenente, tra l’altro, la falcidia dei crediti tributari benché non fosse stato effettuato lo specifico interpello dell’amministrazione previsto nell’art. 182 ter l. fall.;

Con il secondo, invece:

🠆  la violazione dell’art. 182 ter l. fall., per avere la Corte d’appello ritenuto ammissibile la falcidia anche del credito per IVA, costituente risorsa propria della Comunità europea e possibile oggetto di transazione unicamente quanto ai tempi di pagamento.

OSSERVA

concordato preventivo fallimentare e falcidia IVAL’Agenzia delle Entrate, con la circolare 40/E del 18 aprile 2008, ha sostenuto che, al fine di poter soddisfare solo in parte i crediti tributari, il ricorso per l’ammissione alla procedura concordataria deve essere accompagnato da una proposta di transazione fiscale, cui l’amministrazione presti il proprio consenso; in caso contrario, quindi in assenza della proposta di transazione fiscale, i crediti tributari dovrebbero essere soddisfatti in maniera integrale e alle scadenze prescritte dalla legge, in forza del generale principio d’indisponibilità del credito tributario, eccezionalmente derogato dalle disposizioni contenute nell’art. 182- ter della legge fallimentare.

L’opinione della Corte – Primo motivo

Investito dell’esame della vicenda giudiziaria in questione, il Supremo Collegio ha ritenuto infondato il primo motivo di gravame, circa la violazione degli artt. 160 e 182 ter della legge fallimentare, per avere la Corte territoriale ritenuto ammissibile la proposta contenente, tra l’altro, la falcidia dei crediti tributari benché non fosse stato effettuato lo specifico interpello dell’amministrazione previsto nell’art. 182 ter
l. fall..

Transazione fiscale: mera facoltà

I giudici di legittimità hanno, a tal proposito, rilevato che:

🠆 il ricorso all’istituto della transazione fiscale deve essere considerato come una mera facoltà del debitore, il quale, nel caso di esito positivo della stessa, gode del vantaggio derivante sia dalla cristallizzazione della pretesa tributaria (c.d. “consolidamento del debito fiscale”), anche in ordine all’effettuazione di eventuali nuovi accertamenti e relativamente a pretese non ancora definite, sia dalla contestuale cessazione delle eventuali liti pendenti davanti all’autorità giudiziaria.

In questo modo, dunque, il debitore è in grado di attribuire maggiore trasparenza e certezza alla propria domanda di concordato preventivo, aumentando le probabilità di ottenere il consenso da parte della maggioranza dei creditori (oltre che dello stesso Fisco).

Esclusione opzione transattiva

Escludendo, invece, il ricorso alla transazione fiscale il debitore non ottiene i suddetti benefici, ma può optare per la contestazione della pretesa erariale in vista di un minore esborso se gli importi in contestazione incidono in modo rilavante, quindi se il consenso del Fisco non è decisivo ai fini del raggiungimento della maggioranza.

Il debitore, pertanto, può aspirare in ogni caso all’omologazione della propria domanda (e all’ottenimento della eventuale falcidia della generalità dei crediti tributari) nonostante il voto contrario o il mancato esercizio del voto da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Il voto erariale, infatti, ad avviso della Corte di Cassazione non rileva nel caso in cui il concordato sia omologato per sussistenza di tutti gli altri presupposti.

Il fisco è tenuto, quindi, ad accettare l’esito del procedimento come ogni altro creditore, anche in relazione all’eventuale falcidia della generalità dei crediti tributari (fermo restando che, in tale ipotesi, non si producono i sopra indicati effetti derivanti dalla positiva conclusione della transazione fiscale).

Omologazione del concordato con transazione fiscale
  • “consolidamento del debito” inteso quale non modificabilità della pretesa erariale
  • estinzione dei giudizi in corso
  • aumento delle probabilità di ottenere il consenso anche da parte degli altri creditori
Omologazione del concordato senza transazione fiscale
  • non si consolida il debito erariale
  • il debitore può optare per la contestazione del credito
  • il debitore può comunque aspirare alla omologazione del concordato

OSSERVA

Obbligo di interpello.

In particolare, la Cassazione ha ritenuto infondato la prima doglianza dell’Ufficio, chiarendo che

la ritenuta obbligatorietà della transazione fiscale/intesa come necessario interpello dell’erario, pur in presenza della volontà del debitore di non voler accettare di pagare un debito superiore a quello già considerato nella proposta, presuppone la dimostrazione dell’esistenza di un interesse concreto e degno di tutela dell’Amministrazione ad essere comunque sollecitata a svolgere le attività previste dall’art. 182-ter; interesse che non è dato ravvisare, posto che l’Ufficio, pur in assenza dell’interpello, non viene minimamente pregiudicato nel suo diritto di evidenziare compiutamente le sue pretese (anche in sede di adunanza e ai fini del voto) e di perseguire l’accertamento, prima, e il soddisfacimento, poi”.

Secondo motivo

In ordine, poi, all’assunta violazione dell’art. 182 ter l. fall., per avere la Corte d’appello ritenuto ammissibile la falcidia anche del credito per IVA, costituente risorsa propria della Comunità europea e, come tale, possibile oggetto di transazione unicamente quanto ai tempi di pagamento, la Cassazione ha ritenuto fondata tale censura mossa dall’Ufficio.

Iva risorsa propria U.E.

 Ad avviso del Supremo Collegio, infatti:

“con l’art. 32 del d.l. 29 novembre 2008 n. 185 è stato modificato il primo comma dell’art. 182 ter l. fall. e tra l’altro è stata introdotta la precisazione secondo la quale “con riguardo all’imposta sul valore aggiunto, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”,

disposizione in seguito estesa anche alla ritenute previdenziali effettuate e non versate.

La disposizione ha troncato la discussione in corso circa la ricomprensione o no dell’IVA tra

“i tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea”

esclusi dalla possibilità di falcidia fin dall’originaria formulazione della norma e ritiene il Collegio che la stessa, in realtà, si ponga su di un piano di continuità con il primitivo dettato legislativo (per l’analogo rapporto tra riforma e decreto correttivo: Cass. civ. sent. n. 22150/10), chiarendone e confermandone l’interpretazione e che quindi pure questo si riferisse anche all’IVA, dovendosi intendere il richiamo al tributo come risorsa riferito non già al gettito effettivo (venendo in realtà il contributo per IVA calcolato prescindendo da questo) bensì alla specie di tributo individuata quale parametro per il trasferimento di risorse all’Unione e la cui gestione, sia normativa che esecutiva, è di interesse comunitario e come tale sottoposta a vincoli.

Da ciò consegue la non predicabilità della esclusione della falcidia dell’IVA anche per i concordati cui non sia applicabile ratione tempotis la recente modifica legislativa sul punto”.

Integrale versamento del credito Iva

Chiarito ciò, per la Corte si è posta la necessità di verificare, in generale, se l’esclusione dalla falcidia dei crediti tributari Iva possa sussistere soltanto per l’istituto della transazione fiscale (con la conseguenza che se l’Iva non rientra tra i tributi transigibili ex articolo 182-ter, l’Amministrazione finanziaria ne possa esigere l’intero ammontare) ovvero se sia indipendente dall’opzione del debitore e, quindi, si imponga anche nel caso in cui la transazione speciale non venga perseguita, ma la proposta tratti il Fisco come ogni altro creditore.

Ebbene, i giudici hanno individuato la soluzione corretta nel “secondo corno del dilemma”.

Ad avviso dei Supremi Giudici, infatti, l’art. 182 – ter l.fall., che impone l’integrale pagamento dell’Iva in sede di concordato preventivo, trova applicazione:

🠆   a prescindere da quella che sia stata scelta del debitore, circa l’attivazione della transazione fiscale.

In linea generale – argomenta la Corte – non avrebbe alcuna giustificazione logica e, quindi, non è credibile che il legislatore abbia lasciato alla scelta discrezionale del debitore se assoggettarsi all’integrale pagamento dell’imposta (armonizzata a livello comunitario e sulla cui gestione gli Stati non sono esenti da vincoli), optando per la transazione fiscale oppure avvalersi della possibilità di proporne un pagamento parziale, decidendo per la presentazione della domanda di concordato preventivo senza transazione fiscale.

Art. 182 ter l.fall.: natura sostanziale della norma

Ma a parte tale considerazione, ciò che ha fatto propendere la Corte dell’inderogabilità della disposizione, qualunque sia l’opzione del debitore, è la natura stessa del citato articolo 182-ter, il quale non è norma a carattere processuale bensì sostanziale.

Essa, infatti, attiene al trattamento dei crediti nell’ambito di esecuzione concorsuale, derogando implicitamente al precetto contenuto nell’art. 160, c. 2, della l.fall., sicché il pagamento integrale dell’IVA non implica la necessità dell’integrale pagamento di tutti i crediti privilegiati con grado anteriore, in sede di concordato preventivo.

Pertanto, nonostante ne consegua l’obbligatorietà del pagamento integrale dell’IVA, la tesi affermata con le sentenze in commento ha il pregio di evitare che, in considerazione dell’ordinario (basso) grado di privilegio da cui il credito IVA è assistito, per effetto del citato comma 2 dell’art. 160 l. fall. dall’offerta di pagamento integrale di detto credito discenda l’obbligo di pagare per intero tutti i creditori privilegiati muniti di grado di privilegio anteriore, il che renderebbe sostanzialmente inattuabile il ricorso al concordato, svilendo la ratio della riforma.

Conclusione – Principi enucleabili

In conclusione, quindi, la sentenza in esame ha posto fine, da un lato, alle incertezze sull’applicazione dell’articolo 182 – ter della legge fallimentare, alle ipotesi di concordato senza transazione, recependo la tesi già affermata dall’Amministrazione finanziaria con la circolare 40/2008, che esclude qualsiasi falcidia dei crediti Iva.

Dall’altro, ha affermato per la prima volta l’autonomia strutturale della transazione fiscale nell’ambito della procedura di concordato preventivo, concludendo per la facoltatività di tale istituto.

Infatti, nel procedimento di omologazione del concordato preventivo, ove questo non contenga una proposta di transazione fiscale, la votazione non favorevole da parte dell’Amministrazione fiscale non impedisce l’omologazione, ove sussistano gli altri presupposti prescritti dalla legge.

I due principi sanciti dalla sentenza della Cassazione n. 22931/2011, in riferimento al concordato
con e senza transazione fiscale

Transazione fiscale
  • Mera facoltà del debitore

Falcidia credito Iva

  • No. In ogni caso il credito Iva va pagato nella sua interezza, in quanto risorsa propria dell’Unione europea.

Leggi anche: La falcidiabilità dell’IVA e delle ritenute nelle procedure concorsuali

25 gennaio 2012

Antonio Gigliotti

Scarica il documento