Il server in italia configura una stabile organizzazione

Analizziamo un contenzioso che sta facendo discutere per le sue implicazioni: quali sono i requisiti per far si che sussista una stabile organizzazione in Italia? La risposta della C.T.R. delle Marche.

Un moderno server ed un appropriato software, se costituiscono un rilevante aspetto organizzativo della gestione degli affari, sono sufficienti ad integrare una stabile organizzazione.

Lo ha stabilito la C.T.R. delle Marche, con la sentenza del 24 giugno 2011, numero 24.

 

I fatti di causa e la decisione di primo grado

stabile organizzazione e server in italiaL’Agenzia delle Entrate aveva notificato ad una società con sede in Lussemburgo gli avvisi di accertamento relativi agli anni d’imposta dal 2002 al 2006, aventi ad oggetto materia imponibile per un ammontare complessivo di circa 22 milioni di euro.

I rilievi fiscali nascevano dal fatto che l’Amministrazione Finanziaria riteneva esistente una stabile organizzazione in Italia della società lussemburghese.

Il Fisco aveva constatato, infatti, la messa a disposizione al predetto soggetto di diritto estero di una sede di affari da parte di una Srl italiana, che vendeva esclusivamente al predetto soggetto estero.

Inoltre, secondo la ricostruzione dell’Ufficio, quattro dipendenti della Srl avrebbero gestito la raccolta di ordini per conto della società lussemburghese e curato alcune fasi della commercializzazione, come confermato dalle dichiarazioni degli stessi interessati, che avevano addirittura affermato che tutto il processo di management era nelle loro mani.

L’Agenzia delle Entrate aveva rilevato, poi, l’esistenza di un conto corrente presso una banca italiana, movimentato quotidianamente, per svariati milioni di euro, da parte di soggetti non residenti. Infine, presso la Srl erano stati rinvenuti dai verificatori diversi ordini dei clienti finali della società lussemburghese, l’anagrafica clienti di quest’ultima, ed un sofisticato server con un software complesso per la gestione degli ordinativi, prima effettuata con sistema cartaceo.

Alla luce di tali elementi circostanziali, l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto esistente presso la Srl italiana una stabile organizzazione della società lussemburghese e, pertanto, ne aveva accertato il reddito imponibile.

Avverso gli atti impositivi proponeva ricorso la società estera, ma la C.T. Prov. lo respingeva, stabilendo che doveva ritenersi certa l’esistenza di una stabile organizzazione occulta e, quindi, erano pienamente legittimi gli avvisi di accertamento impugnati.

 

Il giudizio d’appello

I giudici del riesame, invece, hanno iniziato le motivazioni della sentenza in commento, stabilendo che, innanzitutto, doveva escludersi, ai sensi dell’articolo 8 del D.Lgs. 546/1992, l’applicazione delle sanzioni irrogate dal Fisco, attese le obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della disciplina fiscale in oggetto, dovute all’inesistenza nell’ordinamento tributario di una definizione normativa del concetto di stabile organizzazione.

Pertanto, si sarebbe dovuto fare riferimento al Modello di Convenzione OCSE, che all’articolo 5 reca, appunto, tale definizione (di “permanent establishment”).

Secondo il Collegio d’appello, poi, affermare che la società lussemburghese avesse avuto per tutto il periodo contestato una stabile organizzazione in Italia non era ictu oculi credibile, mentre era più plausibile ritenere che, soltanto dopo l’entrata in funzione, nel 2005, del succitato server, che aveva supportato l’organizzazione italiana svolta, sin dal 2002, dai quattro dipendenti della Srl, si era configurata una stabile organizzazione, ma limitatamente ad alcune fasi della commercializzazione dei prodotti.

In ragione di ciò, i giudici regionali hanno quindi diminuito, in via equitativa, il reddito imponibile accertato dall’Ufficio relativamente agli anni d’imposta 2005 e 2006; mentre, per i periodi d’imposta precedenti hanno annullato la pretesa impositiva.

 

Alcune riflessioni

Prendendo le mosse da quest’ultima statuizione, è immediato osservato che essa sarà con molta probabilità censurata in sede di legittimità, atteso che la Suprema Corte ha ripetutamente stabilito che le Commissioni tributarie non hanno alcun potere equitativo, essendo invece tenute ed esplicitare sempre i criteri ed i percorsi logico-giuridici utilizzati per addivenire alla decisione (cfr. Cass. 19079/2009; 12053/2002; 11461/1992; 13612/1991).

Per quanto attiene, infine, al merito della questione, è appena il caso di ricordare che la definizione di stabile organizzazione, di cui i giudici di merito ne hanno affermato l’inesistenza nel nostro ordinamento, è ben esplicitata, invero, nell’articolo 162 del TUIR, laddove la dottrina distingue tra stabile organizzazione materiale e personale: la prima, prevista dal comma 1, “designa una sede fissa d’affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività nel territorio dello Stato” (tale definizione, peraltro, ricalca l’articolo 5 del modello OCSE, che parla di fixed place of business); la definizione di stabile organizzazione personale, invece, è individuabile nei commi da 6 a 8, laddove, per quel che qui interessa, viene stabilito che costituisce una stabile organizzazione dell’impresa il soggetto, residente o non residente, che nel territorio dello Stato abitualmente conclude in nome dell’impresa stessa contratti diversi da quelli di acquisto di beni (ciò che assume rilevanza, quindi, è l’individuazione di un soggetto che agisca per l’impresa estera).

Nel caso di specie, i giudici del riesame hanno ritenuto maggiormente conferente l’elemento probatorio rappresentato dal server in Italia dal 2005, piuttosto che la presenza di soggetti che agivano per conto della società lussemburghese fin dal 2002.

 

20 luglio 2011

Alessandro Borgoglio