Verifica fiscale in caserma e presso la sede aziendale alla luce dello Statuto del contribuente

partendo dalla recente giurisprudenza analizziamo le problematiche relative all’effettiva durata delle verifiche fiscali: quanto possono fermarsi in azienda i verificatori?

Se la verifica dal quale scaturisce l’accertamento è effettuata presso il comando della Guardia di finanza e non presso la sede del contribuente, rimane irrilevante la data del sequestro dei documenti.

Ciò che conta ai fini del termine di cui all’art. 12, l. n. 212/2000 è la data in cui è stato trasmesso regolare invito al contribuente dell’avvio delle operazioni di verifica, anche se iniziate anni dopo l’acquisizione dei documenti. E’ questo il contenuto della sentenza n. 20 del 12 gennaio scorso emessa dai Giudici della II sezione della C.T.P. di Bari.

 

La norma dello Statuto dei Diritti del Contribuente

Ai sensi del comma quinto, articolo 12, legge 27 dicembre 2000, n. 212, la permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell’ufficio, per specifiche ragioni.

La ratio della norma è quella ridurre o quanto meno diminuire il disagio che l’azione ispettiva può recare alla normale attività dell’azienda o del professionista verificato.

 

Sessanta giorni: lavorativi o consecutivi dalla data del primo accesso ?

Posizione dell’Amministrazione finanziaria

In sede amministrativa, con circolare ministeriale n. 64/E del 27.6.2001 l’Agenzia delle Entrate, ha interpretato il significato del termine dei 30 giorni (prorogabile di ulteriori trenta) che andrebbe calcolato sulla base degli effettivi giorni di permanenza dei militari presso l’azienda1.

Nell’ambito del termine non andrebbero conteggiati, secondo la posizione ministeriale, ai fini del calcolo, i singoli contatti (per es. per notificare atti, prelevare o riconsegnare documenti, ecc.), invitando i verificatori a procedere, in ogni caso, alla sospensione della verifica in tutti quei casi in cui si devono effettuare eventuali controlli di coerenza esterna (controlli incrociati).

Il percorso interpretativo fatto proprio dall’Agenzia delle entrate, riprende sostanzialmente le opinioni espresse dalla Guardia di Finanza, formalizzate nella circolare n. 250400 del 17.8.2000.

Aderisce alla tesi qui esposta anche il SECIT che nella delibera n. 42/2002 sostiene che

“se da un punto di vista funzionale e, direi, anche etico è sacrosanto che si cerchi di abbreviare al massimo lo stato di disagio e di crisi che inevitabilmente comporta la presenza di estranei presso i locali dell’azienda o dello studio artistico o professionale, è altrettanto giusto coniugare questa esigenza con la necessità di imprimere ai controlli un apprezzabile grado di incisività e di efficacia, che altrimenti si finisce con il compromettere“,

e aderisce all’interpretazione data dalla Guardia di Finanza in quanto

“più rispondente alla lettera della norma”.

Nell’accezione ufficiale, il termine dei trenta giorni, deve essere inteso alla permanenza massima presso la sede del verificato e non alla durata della verifica intesa come esecuzione del controllo.

Tutto ciò, si osserva, in antitesi rispetto alle raccomandazioni formulate dal Presidente della Commissione Finanze dell’epoca, Onorevole Benvenuto, che esortava l’Amministrazione finanziaria e la Guardia di finanza di non adottare direttive in conflitto con la disposizione di legge, a partire proprio dal tempo massimo di permanenza dei verificatori, civili e militari, nella sede del contribuente.

 

La norma introdotta dal DL Sviluppo

Il Consiglio dei Ministri (comunicato n. 138 del 05.05.2011) ha approvato il 05 maggio 2011, tra gli altri provvedimenti, un Decreto-Legge che prevede misure diverse finalizzate allo sviluppo e al rilancio dell’economia.

L’articolo 7, comma secondo lettera c) di tale decreto specifica che dopo il secondo periodo del comma 5 dell’articolo 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente, è aggiunto il seguente:

“… Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi; anche in tali casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente…”;

Le disposizioni di cui all’articolo 12 del legge del 27 luglio 2000 n. 212, concernente disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, si applicano anche nelle ipotesi di attività ispettive o di controllo effettuate dagli enti di previdenza e assistenza obbligatoria.

Gli atti compiuti in violazione di quanto sopra costituiscono, per i dipendenti pubblici, illecito disciplinare, ma ciò, poco interessa le imprese contribuenti.

La norma, quindi chiarisce, con interpretazione autentica2, evidentemente per il futuro, che occorre conteggiare la permanenza effettiva e non di durata della verifica.

 

VERIFICHE IN CASERMA: l’interpretazione della C.T.P. di Bari, sez. II, n. 20/2011

Nell’ambito di una controversia instaurata da una società nei confronti del competente ufficio delle entrate era stato eccepita, in sede di proposizione del ricorso innanzi la giustizia di merito, tra l’altro, l’illegittimità delle contestazioni presenti nell’avviso di accertamento perché scaturite da verifica

“…iniziata il 5/12/2006 e conclusasi il 6/11/2009, con violazione della legge n. 212/00..”.

Il riferimento, evidentemente, si traduceva nell’eccezione di falsa applicazione del citato art. 12, l. n. 212/00 secondo cui, la permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio.

Sul punto, i Giudici della Commissione tributaria barese hanno optato per una lettura aderente al dettato normativo, attribuendo alla locuzione “…verifiche presso la sede del contribuente…” il significato di <effettiva permanenza> presso i locali aziendali.

E difatti, si legge nelle motivazioni della decisione n. 20/2001,

“…la durata della verifica, iniziata il 5/12/2006 e conclusasi il 6/12/2009, non viola il comma 5, art. 12, della legge n. 212/2000 … atteso che in data 5/12/2006 vi è stato solo un accesso di perquisizione da parte della GdF conclusosi con il sequestro di quanto rinvenuto, mentre la verifica dal quale sono scaturiti gli accertamenti contestati ha avuto inizio a seguito di regolare invito al contribuente il 25/05/2009 presso la sede del comando e non presso la sede del contribuente…”.

Pur prendendo atto, in termini generali, della sostanziale aderenza della posizione interpretativa assunta dalla corte di merito di Bari al dato normativo, tuttavia, non si può fare a meno di notare, che secondo tale ricostruzione interpretativa i verificatori sarebbero legittimati, ipoteticamente, a presentarsi una volta sola presso la sede sociale, acquisire la documentazione da sottoporre a controllo, e procedere a notificare il p.v.c. ultimata la verifica, protraendo così a piacimento la durata del controllo medesimo.

Senza contare che, i controlli devono (o dovrebbero) arrecare la minor turbativa possibile alla normale attività economica del contribuente, senza lasciare ai verificatori la discrezionalità di sospendere e/o differire l’attività di verifica causa esigenze dell’ufficio (in caso di verificatori civili) o del reparto (per i militi delle fiamme gialle).

E’ evidente che, nell’ipotesi in cui, venga requisita la documentazione contabile per parecchi mesi (o addirittura anni) ciò determina rilevanti conseguenze pregiudizievoli per l’attività aziendale, sia in termini di gestione amministrativa corrente (si pensi alle innegabili difficoltà di predisporre rendiconti e/o budget per Istituti di credito, committenti, enti pubblici, in assenza dei supporti documentali) sia per il rispetto degli adempimenti civilistici (presentazione del bilancio presso l’ufficio del Registro delle Imprese) e fiscali (trasmissioni telematiche, compilazione e trasmissione del Modello Unico, eccetera).

Va notato, comunque, che con l’art. 7 del decreto sviluppo, l’esecutivo, in senso assolutamente favorevole alle ragioni erariali, autorizza, d’ora in avanti. uffici provinciali delle entrate e nuclei di polizia tributaria a procedere acquisendo la documentazione e verificando le informazioni e concludere il controllo presso le proprie strutture.

 

Verifiche presso la sede del contribuente

Nell’ipotesi in cui i verificatori non solo requisiscono la documentazione presso la sede della società, ma si presentano presso la sede aziendale, periodicamente, protraendo a dismisura la durata della verifica, non si poteva prescindere, quantomeno, prima della modifica dell’art. 12, c. 5, l. n. 212/2000, dal limite temporale imposto ai verificatori.

In questo casi, se non fosse rispettato il termine di trenta giorni (prorogabile di altri trenta) l’evidente conseguenza sarebbe quella, come commentato in dottrina3 di considerare la disposizione normativa inutiliter data, proprio perché il contribuente oggetto di ispezione non disporrebbe di un quadro sufficientemente certo in merito alla tempistica della durata della verifica.

 

Tesi giurisprudenziali dominanti

L’orientamento delle corti di merito appare univoco nell’interpretare, in senso restrittivo il termine di durata massima delle verifiche fiscali – sessanta giorni lavorativi e consecutivi – dalla data del primo accesso – imposta per le imprese in regime di contabilità ordinaria dall’art. 12, c. 5, Statuto dei diritti del contribuente.

La violazione di tale dispositivo comporterebbe la nullità dell’atto impositivo (4) fondato sul processo verbale di constatazione redatto a seguito di attività istruttorie protratte oltre i termini previsti.

 

Durata della  verifica fiscale: la decisione della C.T.P. di Catania, n. 238/04

Con sentenza n. 238 del 20.4.2004 (dep. il 4.5.2004) la II sez. della C.T.P. di Catania, ha stabilito, in aderenza allo Statuto dei diritti del contribuente, che la permanenza degli operatori civili e militari dell’Amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può eccedere i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni in caso di particolare complessità.

Con la medesima sentenza la commissione etnea ha ritenuto inutilizzabili gli elementi di prova assunti successivamente al decorso del termine previsto dal c. 5, dell’art. 12, della L. n. 212/2000.

Al di là delle diverse interpretazioni possibili in ordine al significato da attribuire alla norma (permanenza dei verificatori o durata della verifica), secondo i giudici catanesi, dalla lettura della norma “…emerge chiaramente che ogni elemento raccolto, dagli operatori della Guardia di finanza o degli uffici impositori, oltre il limite temporale di giorni trenta prorogabili di altri trenta giorni con provvedimento motivato, è frutto di attività posta in essere in violazione della norma espressa…” e “…la conseguenza di questa violazione, anche se non comminata espressamente, è l’inutilizzabilità degli elementi di prova raccolti oltre il limite fissato dall’art. 12, comma 5…“.

Sul piano sistematico, la II sezione della C.T.P. di Catania, nel richiamare l’art. 52, c. 2, del D.P.R. 26.10.1972, n. 633 e l’art. 33, c. 1, del D.P.R. 29.9.1973, n. 600, fa propri i principi espressi dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in ordine all’inutilizzabilità delle prove illegittimamente raccolte, che “…non abbisogna di un’espressa disposizione sanzionatoria derivando dalla regola generale secondo cui l’assenza del presupposto di un procedimento amministrativo, informa tutti gli atti nei quali si articola“. Infatti, “il compito del giudice di vagliare le prove in causa è circoscritto a quelle di cui abbia positivamente riscontrato la rituale assunzione“ e “ l’acquisizione di un documento con violazione di legge non può rifluire a vantaggio del detentore, che sia l’autore di tale violazione, o ne sia comunque responsabile direttamente o indirettamente“.

Secondo i giudici di prime cure catanesi “…i principi dinanzi enunciati, rispettivamente in via di conferma dell’indirizzo in passato espresso da queste SS.UU. (sentenza n. 8062/1990), e poi di ricomposizione del contrasto insorto nella giurisprudenza della Sezione tributaria, evidenziano l’infondatezza di tutte le censure mosse dall’Amministrazione finanziaria alla sentenza impugnata ed esigono la reiezione del ricorso (Cass. SS.UU. 22.11.2002, n. 16424)…”.

Se nei precedenti casi sottoposti al vaglio della Cassazione si riscontra “la tutela dell’inviolabilità del domicilio“ e “…del limite alla rituale acquisizione (cui, obiter, fa riferimento anche la sentenza n. 17576/2002)“, secondo cui le disposizioni dello Statuto del contribuente costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario, con la conseguenza della superiorità dei principi espressi o desumibili dalle disposizioni dello Statuto, nel caso di specie, ritengono i giudici siciliani che “è possibile profilare la protezione del diritto costituzionale (art. 41) alla libertà dell’iniziativa privata, libertà ostacolata dalla presenza degli accertatori oltre il tempo consentito…“.

 

La decisione della C.T.P. di Siracusa n. 105/3/06 del 2006

In senso sostanzialmente conforme si è pronunciata la Commissione Tributaria di Siracusa che, con la sentenza n. 105/3/06 del 5 maggio 2006, dep. il successivo 14 settembre (Sez. 3), ha ritenuto fondata l’eccezione di violazione dell’art. 12, c. 5, della legge n. 212/2000. Nel caso specifico la verifica è stata iniziata il 30 settembre 1999 e conclusa il 29 settembre 2000, con una permanenza effettiva nella sede dell’azienda di 93 giorni; “…né dal verbale è dato riscontrare la dichiarazione motivata e giustificativa del prolungamento del prescritto periodo da parte del Dirigente dell’Ufficio suddetto… e se tale norma non sanziona con la nullità esplicita dell’atto…, di fatto la violazione del succitato art. 12 configura la illegittimità dell’atto che può essere annullato giudizialmente ” (5).

 

La decisione della C.T.P. di Bari n. 263/10

Un contribuente sottoposto a verifica fiscale, eccepiva, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 12, comma 5, legge n. 212/2000, considerato che l’atto impositivo si fondava sugli elementi del processo verbale di constatazione raccolti nel corso dell’attività di verifica che si sarebbero protratte oltre il termine consentito.

I Giudici di prima istanza hanno osservato che l’accesso presso la sede dell’azienda era datato 8 settembre 2005, e la verifica si concludeva il 15 dicembre del medesimo anno, con redazione di processo verbale di constatazione finale. Per un totale di centoventigiorni di operazioni di verifica.

Nell’interpretazione della C.T.P. di Bari, “…la norma deve essere interpretata in modo restrittivo, ovvero calcolando la durata massima della verifica come sommatoria di 60 giorni (30 + 30) lavorativi e consecutivi ciò, in quanto la ratio della norma è data dal 1 comma dello stesso articolo secondo il quale l’attività di verifica deve svolgersi con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente…”.

Pertanto – prosegue la Commissione Provinciale – “…appare evidente che il comportamento adottato dalla Guardia di Finanza è in contrasto con il disposto normativo. Tenendo conto dei principi generali di diritto amministrativo (Legge n. 241/90) deve, pertanto essere considerato nullo il processo verbale G.d. F. per violazione di legge (CTR Lombardia, sent. n. 12 del 18/03/2008).

In definitiva la sentenza in commento “riconosciuto il carattere di nullità del pvc ed avendo l’Ufficio fondato esclusivamente il proprio atto sulle risultanze di suddetto pvc ne discende che anche l’avviso di accertamento è fondato su dati nulli …”.

A differenza della posizione assunta dai giudici della Commissione tributaria di Catania, nella succitata sentenza, viene eccepita la nullità integrale dell’accertamento che si fondava sugli elementi raccolti nel corso della medesima; mentre la corte di merito catanese decideva per la sola irrilevanza degli elementi acquisiti oltre il limite previsto e non di tutti.

La Commissione barese, ha dunque annullato, in toto, l’accertamento e compensato le spese del giudizio.

 

Durata della verifica fiscale – Conclusioni

La questione ha interessato, anche se incidentalmente, i Giudici di legittimità, che si sono pronunciati con la sentenza 18.12.2009, n. 26689. In tale occasione la Corte ha affermato che la violazione di cui all’art. 12, comma 5, l. n. 212/2000, non sarebbe priva di conseguenze, anzi occorre conferire assoluta rilevanza al termine temporale statutario previsto per la chiusura delle verifiche fiscali.

La sentenza della Corte di Cassazione, rimessa alla stessa Corte regionale ha osservato come occorrerebbe “…procedere ad un nuovo esame dell’appello erariale, riguardante innanzitutto l’applicazione del termine di cui all’art. 12, co. 5, legge cit. e dovendosi indagare in quale preciso arco del periodo in cui si è sviluppata la verifica presso la sede sociale siano stati raccolti i dati su cui si fonda la contestazione al presente giudizio…”.

Con l’introduzione dell’art. 7, del decreto sviluppo secondo cui occorre conteggiare, i giorni di effettiva permanenza e non di durata della verifica si svilisce, tuttavia, definitivamente il termine prescritto dallo Statuto dei Diritti del Contribuente, vanificando le letture giurisprudenziali dominanti: con buona pace della salvaguardia dei contribuenti dalle lentezze burocratiche e negligenze dell’azione amministrativa.

 

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26 maggio 2011

Attilio Romano

 

1 G. ANTICO, “La durata della verifica”, Commercialista telematico, 39 settembre 2010

2 A. IORIO, Verifiche brevi a doppio taglio: come cambiano i controlli nelle imprese, Il Sole 24 Ore, 8.11.2011.

3 A. BULLO, F. DOMINICI, Verifica fiscale: sulla durata e sul concetto di giorno lavorativo, Finanza % fisco, n. 5/2010, pag. 351.

4 Contra, G. ANTICO, “La durata della verifica”, Il Commercialista telematico, 29.09.2010. l’A. cita una sentenza della Corte di Cassazione n. 8344 del 10 aprile – 19 giugno 2001, secondo cui “…“la violazione delle regole dell’accertamento tributario non comporta come conseguenza necessaria la inutilizzabilità degli elementi acquisiti. Si pensi al caso in cui, nel corso di una verifica fiscale, vengano acquisiti elementi determinanti ai fini dell’accertamento soltanto il trentunesimo (o sessantunesimo) giorno lavorativo dall’inizio della verifica stessa, in violazione del precetto di cui all’art. 12, co. 5, della L. 27.7.2000, n .212“. I Giudici di legittimità, in sostanza, <scagionano> quei verificatori che acquisiscono prove <oltre termine> e sembrerebbero, un po’ a sorpresa, ammettere negligenze nell’adempimento dei loro compiti. Ed infatti, prosegue affermando – che “le conseguenze sanzionatorie ricadono direttamente sull’autore dell’illecito, sul piano disciplinare e, se del caso, sul piano della responsabilità civile e penale. Non sarebbe giusto che una prova oggettivamente ammissibile, non possa essere utilizzata a causa della negligenza di chi l’ha acquisita…“.

5 Cfr. anche C.T.R. della Lombardia, 19.03.2008, n. 12; C.T.R. Piemonte, 7/03/2209, n. 26; e C.T.P. Terni, 16/12/2009, n. 141, secondo cui il mancato rispetto dei termini di verifica viola la disposizione di legge e determina la nullità dell’attività svolta.