Il Trattamento di Fine Mandato degli Amministratori: trattamento contabile e fiscale

Analisi del corretto comportamento contabile e fiscale nell’erogazione del Trattamento di Fine Mandato (T.F.M.) agli amministratori. A cura di Roberto Antifora.

Il Trattamento di Fine Mandato: aspetti civilistici

Il trattamento di fine mandato degli amministratori è un’indennità che l’impresa si impegna a corrispondere agli amministratori alla scadenza della carica ricoperta.

il trattamento di fine mandato agli amministratori di SocietàLa sua natura è assimilabile a quella del trattamento di fine rapporto spettante ai lavoratori dipendenti.

Tuttavia, a differenza del contratto di lavoro subordinato, per il quale è previsto normativamente l’obbligo di corresponsione e ne sono disciplinate nel dettaglio le modalità di computo dall’art. 2120 del codice civile, per la carica di amministratore non è previsto alcun diritto giuridicamente tutelato alla percezione di un trattamento a fine mandato, e pertanto solo la volontà delle parti può determinare il diritto alla sua percezione.

L’art. 2389 c.c., in tema di compenso agli amministratori, non pone particolari limiti quantitativi e formali al compenso spettante agli amministratori, rimettendo all’atto della nomina o alle assemblee dei soci la sua determinazione.

Pertanto, è solo in tali momenti che si può definire e regolare il trattamento di fine mandato.

La sua quantificazione è libera e nella pratica corrisponde ad un importo fisso che matura annualmente, oppure ad una percentuale del compenso annuo spettante ovvero viene ancorata a differenti parametri (parametri di tipo economico quali volume dei ricavi e reddito dell’esercizio, obiettivi di budget).

L’indennità spetta per ogni singola carica amministrativa, pertanto alla cessazione di questa sorge in capo alla società l’obbligo alla sua debenza, anche in caso di rinnovo della carica in capo alla stessa persona.

Approfondisci: Il Trattamento di Fine mandato agli Amministratori (TFM): gestione pratica

 

 

Il Trattamento di Fine Mandato: aspetti fiscali

Per l’amministratore il compenso percepito a titolo di trattamento di fine mandato è trattato alla stregua dei compensi ordinari percepiti per la carica di amministratore e, pertanto, costituisce un reddito che a seconda dei casi può essere qualificato come

  • reddito di lavoro dipendente, se l’ufficio ricoperto rientra nelle funzioni e nei compiti previsti dal contratto di lavoro dipendente cui è soggetto l’amministratore,
  • reddito di lavoro autonomo, se l’attività svolta in qualità di amministratore rientra nell’oggetto dell’attività professionale del soggetto che ne ricopre la carica,
  • reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, se l’attività non è inquadrabile nelle fattispecie precedenti.

 

Il compenso è quindi tassato al momento della percezione, indipendentemente dalla data di sua formazione.

Tuttavia, l’art. 17 del TUIR prevede la possibilità di assoggettare a tassazione separata le indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui all’art. 50, comma 2, lett. c-bis, se il diritto all’indennità risulta da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto.

Tra le fattispecie prese in considerazione dall’art. 17 del TUIR rientra sicuramentee quella del trattamento di fine mandato a favore degli amministratori, sempre che si si tratti di compensi non qualificabili come reddito di lavoro dipendente o autonomo, nei quali casi il compenso in questione seguirà la disciplina propria dei regimi fiscali in parola.

L’assoggettamento a tassazione separata comporta per il percettore il beneficio di sottoporre l’intero compenso ad un’aliquota corrispondente alla metà del suo reddito complessivo netto nel biennio anteriore all’anno in cui è sorto il diritto allla percezione.

Tale beneficio si spiega con la necessità di non penalizzare eccessivamente il percettore di un reddito formatosi in più anni assoggettando l’intero compenso all’imposizione tributaria dell’anno di percezione del compenso.

Ciò significherebbe per il contribuente assoggettare il compenso ad un’aliquota appesantita da un compenso formatosi in più anni.

La tassazione separata viene operata dall’Agenzia delle entrate che provvede a iscrivere a ruolo le maggiori imposte dovute ovvero facendo concorrere i redditi stessi alla formazione del reddito complessivo dell’anno in cui sono percepiti, se cio’ risulta piu’ favorevole per il contribuente.

Requisito formale imprescindibile per poter beneficiare della tassazione separata è che il diritto all’indennità risulti da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto.

Posto che il trattamento di fine rapporto trae origine dall’atto di nomina dell’amministratore ovvero da delibera assembleare, ne deriva che le modalità con cui si può attribuire data certa all’atto sono le seguenti:

  1. redazione di verbale di assemblea da parte di un notaio;
  2. estratto notarile del libro delle deliberazioni dell’assemblea;
  3. autentica notarile delle firme dei soci sul verbale di delibera;
  4. notifica rituale del verbale di delibera all’amministratore stesso;
  5. registrazione della delibera dei soci presso l’Ufficio del Registro;
  6. invio all’amministratore con raccomandata di copia della delibera in plico senza busta.

 

Stesso requisito della data certa dell’atto non è invece imposto alla società ai fini della deducibilità del costo.

A tal fine, bisogna fare riferimento all’art. 105 del TUIR, il quale al comma 4 stabilisce che “Le disposizioni dei commi 1 e 2 (n.d.a. hanno ad oggetto il trattamento di fine rapporto a favore dei dipendenti) valgono anche per gli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui all’articolo 17, comma 1, lettere c), d) e f).

La lettera c) è relativa in modo precipuo al trattamento di fine mandato.

Il riferimento all’art. 17 del TUIR è fatto unicamente allo scopo di identificare la fattispecie cui si applicano le disposizione dettate dal comma menzionato, non anche per rendere anche ai fini della deducibilità del costo obbligatoria la data certa dell’atto.

Nonostante la formulazione normativa non dovrebbe dare adito a dubbi, l’amministrazione finanziaria ha più volte sostenuto che tale richiamo abbia l’effetto di richiedere la data certa anche ai fini della deducibilità del costo.

Mentre la dottrina prevalente, interpretando letteralmente il rinvio operato dal comma 4 ai commi 1 e 2, ritiene che gli accantonamenti di fine mandato, al pari degli accantonamenti al fondo per il Tfr,

“sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi”,

di contrario avviso si dimostra l’Agenzia delle Entrate, in modo particolare con la Risoluzione del 22/05/2008 n. 211, la quale afferma che

“il rinvio a quest’ultima disposizione (quella dell’art. 17, c. 1, lett. c, N.d.A.) debba rigorosamente ed esclusivamente intendersi quale specifico riferimento ai rapporti risultanti da data certa con la conseguenza che, per i rapporti che non soddisfano tale condizione, viene meno la deducibilità del relativo accantonamento per indennità di fine mandato.

La deduzione del relativo costo, pertanto, avverrà nell’anno di effettiva erogazione dell’indennità medesima.”.

Altra differenza interpretativa tra dottrina e Agenzia entrate emerge relativamente alla quantificazione dei compensi deducibili; la dottrina prevalente ritiene che, sempre in base al rinvio ai commi 1 e 2 operato dal comma 4, gli accantonamenti di fine mandato

“sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi”.

 

Pertanto, in assenza di disposizioni legislative specifiche, si dovrebbe ritenere che la quantificazione dell’accantonamento deducibile sia rimessa alla libera volontà delle parti.

L’amministrazione finanziaria invece ha mostrato la propria contrarietà a tale interpretazione, ritenendo più coerente con il dettato normativo un’interpretazione in base alla quale il rinvio stesso potrebbe essere inteso come rinvio alle disposizioni legislative previste per il Tfr con la conseguenza che anche l’accantonamento al Tfm operato in misura superiore al compenso annualmente stabilito diviso il coefficiente 13,5, dovrebbe considerarsi fiscalmente indeducibile.

In sostanza, le regole di computo del TFR troverebbero applicazione ai fini della definizione del limite di deducibilità del trattamento di fine mandato annuale.

Approfondisci con un aggiornamento: Il trattamento di fine mandato degli amministratori: profili fiscali

 

Il Trattamento di Fine Mandato: aspetti contabili

Al pari del trattamento di fine rapporto spettante ai lavoratori subordinati, anche per il trattamento di fine mandato il principio di competenza impone l’accantonamento della quota maturata al termine dell’esercizio:

 

Quota annuale Fondo TFM Fondo trattamento fine mandato 1.000 1.000

 

Nonostante la nomenclatura utilizzata, il Fondo trattamento fine mandato rappresenta un debito per la società, essendo la sua entità certa e definita al termine dell’esercizio, anche se è incerto il momento di erogazione del compenso.

In ragione di ciò si può comunque considerare accettabile la sua inclusione tra i fondi per rischi ed oneri (B.1 del passivo di stato patrimoniale).

In modo corrispondente, la quota accantonata annualmente dovrà essere riclassificata tra i costi per servizi del conto economico (voce B.7 del conto economico), in alternativa alla voce Altri accantonamenti (B.13 del conto economico).

Spesso succede che a fronte del trattamento di fine rapporto la società sottoscrive una polizza assicurativa che le permette ripartire il costo complessivo nei vari di maturazione del compenso.

La sottoscrizione di una polizza permette anche di conseguire un rendimento finanziario sul capitale investito.

 

In tal caso, al pagamento dei premio assicurativo si rileva l’esborso finanziario:

 

Polizza TFM Banca c/c 1.000 1.000

 

Il conto “Polizza TFM” rappresenta un’attività finanziaria che a seconda dei casi può essere iscritta tra le immobilizzazioni finanziarie (B.III.2.) ovvero tra i crediti dell’attivo circolante.

Anche in caso di stipula della polizza si dovrà in ogni caso rilevare la quota accantonata nell’esercizio.

Al momento della cessazione del rapporto si dovrà in rilevare il debito verso l’amministratore e l’uscita di cassa corrispondente; si tenga conto che al momento del pagamento vengono operate le ritenute a titolo di IRPEF e INPS:

 

Fondo Tfm Amministratori c/ liquidazione 5.000 5.000

 

Amministratori c/ liquidazione a   5.000  
  a Banca c/c   3.600
  a Erario c/ ritenute (20%)   1.000
  a Inps c/contr. ammin. (quota a carico amministratore)   400

 

 

In caso di stipula dell’assicurazione, al momento dell’incasso del capitale assicurato si rileva l’entrata finanziaria:

 

Banca c/c     5.750  
Erario c/ ritenute (12,50 % sul rendimento finanziario)     250  
  a Polizza TFM   5.000
  a Proventi finanziari (rendimento finanziario conseguito)   1.000

 

 

 

12 luglio 2010

Roberto Antifora

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