Rassegna giurisprudenziale sulle doppie imposizioni.
Divieto di doppie presunzioni: premessa
In merito al problema del divieto di doppie presunzioni, alcuni interventi della Corte di Cassazione forniscono lo spunto per ritornare sulla questione.
E’ noto che un consolidato orientamento giurisprudenziale sostiene da tempo l’inammissibilità delle presunzioni di secondo grado sulla base della constatazione che le presunzioni semplici, ai sensi dell’art. 2727 del codice civile, sono le conseguenze che un “giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato”, sicché gli elementi che costituiscono la premessa devono avere il carattere della certezza e della concretezza.
Pur mantenendo la propria posizione di chiusura nei confronti delle presunzioni di secondo grado, di recente la Suprema Corte – valutando come queste ultime possano giungere a dimostrazioni ragionevoli, ma non ritenendo, nel contempo, di pronunciarsi esplicitamente per l’ammissibilità delle stesse – ha argomentato qualificando il ragionamento presuntivo quale unica presunzione, comprensiva di più passaggi logici.
Si ribadisce, tuttavia, che ogni volta che il giudice di legittimità ha qualificato i ragionamenti effettuati dagli uffici quali presunzioni di secondo grado, ha concluso non ammettendoli.
L’ambito del divieto di doppia presunzione
La documentazione aziendale (fatture e libri contabili) è strumento idoneo a dimostrare l’esistenza delle operazioni riportate, ed incombe sull’Amministrazione che intenda disconoscere tale documentazione (nel caso di specie asserendo che determinate operazioni documentate con fatture erano in realtà inesistenti) l’onere di provarne, anche attraverso presunzioni, l’inattendibilità.
Il divieto di doppia presunzione (praesumptio de praesumpto) vieta la correlazione di una presunzione semplice con altra presunzione semplice, ma non con altra presunzione legale.
(Cassazione, sentenza n. 1023/08)
Quando si parla di doppia presunzione
L’Ufficio finanziario è autorizzato da precise disposizioni di legge (art. 32, n. 7 del DPR n. 660/1973; art. 51 del DPR n. 633/1972) a procedere all’accertamento fiscale anche acquisendo dati, notizie e documenti relativi a conti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si possano ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente; ai fini della prova di tale connessione decisivo rilievo indiziario può assumere la mancata risposta della società contribuente ai chiarimenti richiesti dall’Ufficio circa i dati bancari (nel caso di specie, i conti erano tutti intestati a persone fisiche riconducibili alla società in ragione degli strettissimi rapporti con essa intercorrenti: soci, amministratori, figli dei soci ecc.).
Il divieto di doppia presunzione (praesumptio de praesumpto) vieta la correlazione di una presunzione semplice con altra presunzione semplice, ma non con altra presunzione legale (nel caso de quo, attraverso presunzioni semplici i conti correnti intestati a terzi erano stati ritenuti riconducibili al contribuente e, con presunzione legale, i movimenti del conto erano stati attribuiti a operazioni economiche del contribuente)
(Cassazione, sentenza n. 27032/07)
Onere della prova della doppia presunzione
L’accertamento dell’incidenza del costo delle materie prime sull’intero ammontare degli acquisti di un determinato periodo d’imposta può consentire all’Amministrazione finanziaria di utilizzare tale dato anche per differenti periodi d’imposta avuto riguardo all’invarianza della natura dell’attività d’impresa esercitata dal contribuente.
Fermo restando il divieto di praesumptio de praesumpto, non potendosi trarre il fatto ignoto da altro fatto – a propria volta ignoto – ritenuto sussistente in via di esclusiva deduzione logica, l’accertamento soggiace alle disposizioni generali in tema di onere della prova, salvo che la legge tributaria disponga l’individuazione di circostanze che possano assumere veste di fonte di presunzione.
(Cassazione, sentenza n. 22531/07)
Ancora sull’ambito di applicazione della doppia presunzione
L’Ufficio finanziario è autorizzato da precise disposizioni di legge (art. 32, n. 7 del DPR n. 660/1973; art. 51 del DPR n. 633/1972) a procedere all’accertamento fiscale anche acquisendo dati, notizie e documenti relativi a conti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si possano ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente; ai fini della prova di tale connessione decisivo rilievo indiziario può assumere la mancata risposta della società contribuente ai chiarimenti richiesti dall’Ufficio circa i dati bancari (nel caso di specie, i conti erano tutti intestati a persone fisiche riconducibili alla società in ragione degli strettissimi rapporti con essa intercorrenti: soci, amministratori, figli dei soci ecc.).
Il divieto di doppia presunzione (praesumptio de praesumpto) vieta la correlazione di una presunzione semplice con altra presunzione semplice, ma non con altra presunzione legale (nel caso de quo, attraverso presunzioni semplici i conti correnti intestati a terzi erano stati ritenuti riconducibili al contribuente e, con presunzione legale, i movimenti del conto erano stati attribuiti a operazioni economiche del contribuente).
(Cassazione, sentenza n. 27029/07)
Quando un assegno può costituire presunzione
La scritta “acconto forniture” apposta sulla matrice di un assegno di rilevante importo (150 milioni nel 1990) costituisce un fatto certo e noto da cui è legittimo dedurre per presunzione con accertamento analitico-sintetico l’esistenza di un rilevante giro d’affari (quindi la Corte cassa la sentenza di merito che aveva disatteso l’indizio accogliendo il ricorso del contribuente)
(Cassazione, sentenza n.15166/06)
Altra fattispecie di praesumptum de praesumpto
Costituisce violazione dell’art. 42, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973, con conseguente nullità dell’avviso di accertamento, l’apposizione di sottoscrizione da parte di personale all’uopo non autorizzato né suscettibile di esercitare una delega per rappresentare l’ufficio dell’Amministrazione finanziaria (Direttore, ovvero delegato di carriera direttiva).
L’esercizio del potere di accertamento non può prescindere dalla conduzione – da parte dell’Amministrazione finanziaria – di una adeguata istruttoria finalizzata a fornire puntuale dimostrazione dei rilievi formulati a carico del contribuente, fondata su elementi probatori certi ed
obiettivi e non meramente indiziari, deduttivi e/o presuntivi. Ne consegue la manifesta illegittimità ed insufficienza di una verifica fiscale basata su presunzioni semplici ed indizi tratti anche da altro processo verbale di constatazione dello stesso tenore probatorio, incorrendo l’ufficio accertatore nella violazione del divieto del praesumptum de praesumpto.
È illegittimo, secondo quanto previsto dall’art. 7 dello Statuto del contribuente, l’avviso di accertamento nel quale l’Amministrazione finanziaria, facendo richiamo nella motivazione ad altri e diversi atti, ometta di allegarli rendendo compiutamente edotto il destinatario – con pienezza di informazione – delle ragioni poste a base della pretesa erariale.
(Commissione Tributaria Provinciale di Enna, sentenza n. 41/III/06)
Le presunzioni nei conti bancari
Le ipotesi formulate dalla Guardia di finanza con un processo verbale di constatazione non possono, di per sé sole, giustificare un accertamento, non potendo corroborare la veridicità del bagaglio accusatorio e pertanto, considerato che nel processo tributario grava rigorosamente sulle singole parti l’onere di provare le rispettive affermazioni, deve ritenersi illegittimo un accertamento che sia fondato soltanto sulle ridotte ipotesi della Guardia di finanza, recepiteacriticamente e per di più, in sintesi.
Nell’ipotesi di conti bancari non intestati al soggetto verificato, l’Amministrazione finanziaria che li voglia utilizzare nell’ambito dei poteri di cui agli artt. 54 e 55 del D.P.R. n. 633/1972 ha il preventivo onere di dimostrare, attraverso il riscontro di altra documentazione,
sicuramente riferibile al soggetto verificato, il collegamento delle movimentazioni bancarie ed operazioni del soggetto verificato gravabili di tributo.
L’autorizzazione all’accesso dei conti bancari, rilasciata dal Direttore regionale delle Entrate o dal Comandante di zona della Guardia di finanza, non deve essere un atto tautologico, limitato alla mera autorizzazione, ma enunciare la motivazione per cui i conti da ispezionarsi siano inerenti, connessi o contigui alla contabilità o ai conti del soggetto accertato.
(Commissione Tributaria Provinciale di Grosseto, sentenza n. 141/II/01)
17 Marzo 2009