La variazione delle rendite catastali, determinata da una sentenza definitiva emessa dal giudice tributario, ha efficacia retroattiva. Approfondisce Carmela Lucariello
Le rendite definitivamente stabilite dal giudice tributario per l’immobile debbono ritenersi tali ex tunc
Anche al processo tributario si applica il principio secondo cui gli effetti della sentenza retroagiscono al momento della domanda, con la conseguenza che la sentenza passata in giudicato che accoglie il ricorso del contribuente in ordine alla rendita catastale di un fabbricato, produce i suoi effetti dalla notifica del ricorso stesso (1), ancorché solo con il passaggio in giudicato inizi a decorrere il termine triennale di decadenza comminato dal giorno in cui è stato definitivamente accertato il diritto alla restituzione (art. 13 D. Lgs. n. 504/1992 ora abrogato).
Il contribuente va quindi rimborsato dell’Ici pagata in più per tutti gli anni di imposta, anche per quelli precedenti alla sentenza che ha attribuito una nuova rendita.
Quando la rendita catastale è definita dal giudice, è retroattiva. Il contribuente ha quindi diritto al rimborso della maggior Ici anche per gli anni precedenti alla sentenza che ha attribuito tale nuova rendita.
Tale importante principio è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 11094 del 7 maggio 2008.
L’iter logico giuridico adottato da tale pronuncia ha denotato i seguenti capisaldi:
1) L’art. 5 D.Lg.vo 30 dicembre 1992 n. 504 (che, riordinando la finanza degli enti territoriali, ha istituito l’Imposta Comunale sugli Immobili) – il cui secondo comma dispone che
“per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello che risulta applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti all’1 gennaio dell’anno di imposizione”
– non risulta violato dal giudice a quo perché, nel caso, la lettura della norma deve essere correlata con gli effetti (per così dire) retroattivi – fino al giorno della domanda (Cass., lav., 20 marzo l987 n. 2791) – di qualsiasi pronuncia giurisdizionale non avente, come quella qui impugnata, effetti e/o carattere costitutivi (cfr., Cass., I, 4 luglio 2003 n. 10564, per la quale
“il principio degli effetti retroattivi della pronuncia alla data di notificazione dell’atto introduttivo del giudizio non opera nei riguardi delle sentenze costitutive i cui effetti si producono ex nunc, con il passaggio in giudicato (Cass. 17 maggio 1982 n. 3058”).
2) Nel caso, è pacifico che le minori rendite catastali sulle quali la contribuente fonda la sua richiesta di rimborso discendono dalla sentenza (passata in cosa giudicata) emessa dalla Commissione Tributaria Regionale a conclusione del giudizio di impugnazione, da parte della contribuente, della classificazione catastale e della, conseguente determinazione della rendita operate dal competente Ufficio con “atto notificato il 14 dicembre 1995”: le rendite definitivamente stabilite dal giudice tributario per l’immobile, pertanto, debbono ritenersi tali ex tunc, ovverosia sin dal momento della efficacia delle maggiori) rendite contenute nell’atto impugnato perché quelle fissate dal giudice costituiscono il limite di legittimità di quelle rendite fin da allora; di conseguenza le rendite stabilite giudiziariamente (per gli effetti retroattivi detti della relativa statuizione) costituiscono le uniche in vigore al primo gennaio degli anni dal 1996 in poi, chiesti in parziale restituzione.
3) Per l’art. 13 dello stesso D.Lgs. n. 504 del 1992 (applicabile alla specie ratione temporis nonostante la espressa sua abrogazione ad opera dell’art.1, comma 173, lettera f), della legge 27 dicembre 2006 n. 296) – in ordine alle cui previsioni la Corte Costituzionale (ordinanza 20 luglio 2006 n. 301) ha ritenuto manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento agli art. 23, 70 e 76 cost. -, poi (primo coma),
“il contribuente può richiedere al comune al quale è stata versata l’imposta il rimborso delle somme versate e non dovute. entro il termine di tre anni dal giorno del pagamento ovvero da quello in cui è stato definitivamente accertato il diritto alla restituzione”.
Nel caso, come conviene lo stesso Comune (il quale fa riferimento anch’esso non al giorno del pagamento ma a quello “in cui è stato definitivamente accertato il diritto alla restituzione”), il dies a quo della decorrenza del termine triennale deve essere fissato in quello in cui è stato “definitivamente accertato il diritto alla restituzione”, che va necessariamente posto in coincidenza con il giorno del passaggio in cosa giudicata della sentenza determinativa, anche per gli anni precedenti, della rendita catastale sulla quale l’ICI doveva essere commisurata: il termine in questione, quindi, risulta rispettato atteso che la sentenza di appello è stata depositata il 23 marzo 2001 e, quindi, il termine lungo (un anno dal deposito, più la sospensione c.d. feriale ex art. 1 legge 7 ottobre 1969 n. 742) per ricorrere per cassazione avverso la stessa è scaduto mercoledì otto maggio 2002, quindi in giorno in riferimento, al quale l’istanza di rimborso, presentata il 7 luglio 2003, si presenta tempestiva perché anteriore al compimento (8 maggio 2005) del triennio.
4) E’ appena il caso, infine, di evidenziare
a) che 1’individuato dies a quo vale per tutte le annualità di imposta ICI interessate dalla pronuncia di fissazione delle rendite catastali e determina, quindi, la decorrenza di un unico termine per tutte quelle annualità, e b) che sono inapplicabili alla specie (2) le disposizioni dettate nei commi 164 e 165 dall’art. 1 della già richiamata legge 27 dicembre 2006 n. 296 (per difetto della cui introduzione è stata disposta l’abrogazione dell’intero art. 13) – per i quali, rispettivamente,
1) “il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione”
e 2) “la misura annua degli interessi è determinata, da ciascun ente impositore, nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale” – trattandosi di nuova regolamentazione della materia dei rimborsi e degli afferenti interessi, applicabile solo successivamente alla sua entrata in vigore.
Variazione della rendita catastale da sentenza tributaria: riflessioni
La variazione delle rendite catastali, determinata da una sentenza definitiva emessa dal giudice tributario, ha efficacia retroattiva, dovendosi necessariamente fare riferimento alla data di decorrenza del classamento originario, poi rivelatosi errato, rettificato dall’intervento giurisprudenziale.
Va affermato il principio secondo cui le sentenze definitive dei giudici tributari che modificano le rendite catastali attribuite dall’Amministrazione finanziaria in senso favorevole al contribuente, hanno effetto fin dalla data di proposizione del ricorso da parte degli interessati e non dalla data della loro notificazione, secondo la regola generale, ormai superata, stabilita dall’art. 74, Legge n. 342/2000.
Analogamente a quanto avviene in caso di esercizio della potestà di autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria, come riconosciuto dalla medesima Agenzia nella Circolare n. 11/2005, anche alle pronunce giudiziali che accertano l’illegittimità del classamento deve infatti essere riconosciuta efficacia retroattiva.
In entrambi i casi infatti si è di fronte ad un provvedimento non meramente modificativo, ma diretto a ripristinare la correttezza o la legittimità di un atto.
La sentenza tributaria passata in giudicato che determina una variazione nel classamento dell’immobile può essere equiparata, quanto ai suoi effetti, alla variazione del classamento attuata dall’ufficio in conseguenza del provvedimento di autotutela e al quale, con la circolare n. 11/2005, l’Agenzia del territorio ha riconosciuto efficacia retroattiva.
In altre parole, occorre parificare – agli effetti dell’efficacia temporale delle variazioni dei classamenti – l’intervento in autotutela dell’ufficio, esaminato con la citata circolare n. 11/T del 2005, con l’intervenuto giudicato, considerato a tali fini come un ripristino della legalità violata da parte dell’autorità giurisdizionale e, pertanto, con ovvia efficacia ex tunc.
“D’altra parte”, è contraddittorio riconoscere efficacia retroattiva alla decisione amministrativa di annullamento per illegittimità dell’atto (attribuzione di rendita) e non attribuire analoghi effetti retroattivi alla pronuncia giudiziale con cui è stata accertata l’illegittimità di un classamento, in quanto non riflettente la reale situazione dell’immobile censito dall’amministrazione”.
Carmela Lucariello
15 Maggio 2008
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