La valutazione delle rimanenze di magazzino: il passaggio tra il sistema OIC e IAS

Questo approfondimento si sofferma sui punti di incontro e di differenza tra OIC e IAS e su come fare in caso di cambiamenti di valutazione delle rimanenze.

cambiamento valutazione delle rimanenze sistema iasUna delle più importanti voci del bilancio delle aziende di produzione e di commercializzazione  è costituita sicuramente dalle voci relative alle rimanenze di magazzino; ad essa sia i principi contabili italiani che internazionali dedicano appositi principi in quanto la loro corretta valutazione all’inizio e alla fine del periodo è condizione essenziale per la corretta rilevazione dei risultati dell’esercizio.

Il nostro percorso di transizione ai principi contabili internazionali vuole allora mostrare punti di incontro e di differenza di OIC e IAS e successivamente indicare le modalità del passaggio nel caso in cui si dovrà procedere a dei cambiamenti di valutazione delle stesse rimanenze.

Per la corretta rilevazione, valutazione e rappresentazione delle rimanenze di magazzino nei bilanci soggetti alla IV Direttiva CEE bisogna fare riferimento  alle disposizione del codice civile nonché all’OIC 13 (salvo per quanto concerne i lavori in corso di esecuzione trattati nell’OIC 23 e gli acconti ai fornitori trattati nell’OIC 15).

 

Gli articoli del codice civile riguardanti le rimanenze di magazzino possono individuarsi principalmente nei seguenti:

  • Art.2424 c.c. – individua le rimanenze al punto C I dell’attivo dello Stato patrimoniale e le individua specificamente;
  • Art.2425 c.c. –  suddivide il valore delle rimanenze iscritte nel conto economico includendo nel valore della produzione le variazioni positive o negative delle rimanenze dei prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti e nei costi della produzione le variazioni positive o negative delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;
  • Art.2426, 1° comma, punti 1 e 9 – le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione, determinati rispettivamente il primo computando anche i costi accessori, ed il secondo comprendendo tutti i costi direttamente imputabili al prodotto.
    In quest’ultimo caso possono essere ricompresi anche altri costi, per la quota di diretta imputazione, ed anche gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione interna o presso terzi. […] In alternativa a tale metodo di iscrizione, tali beni devono essere iscritti in bilancio al valore di realizzo desumibile dal mercato qualora questo sia minore. Tale minor valore tuttavia non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi;
  • Art.2426, 1° comma, punto 10 – Il costo dei beni fungibili può essere calcolato con il metodo della media ponderata o con quelli “primo entrato, primo uscito”; “ ultimo entrato, primo uscito”.
    Se il valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa;
  • Art.2423 e 2429 – Vengono richiamati questi due articoli in relazione alle eventuali deroghe che possono essere richieste in via eccezionale.
    In tali casi, così come sancito dall’art.2423, gli amministratori dovranno indicare e giustificare le stesse in nota integrativa, precisando le eventuali influenze sul bilancio.
    A tale scopo sarà d’ausilio il Principio contabile n.29, relativo ai cambiamenti delle stime contabili. Inoltre, secondo l’art.2429, il Collegio sindacale dovrà esprimere il proprio parere in ordine a tali deroghe. 
  • Art.2427 – Secondo tale articolo va precisato, per le rimanenze di magazzino, sia il metodo di valutazione seguito, sia le metodologie per la formazione del costo, sia i criteri per la determinazione delle rettifiche di valore.

 

Secondo le indicazioni suddette del codice civile e secondo le disposizioni riportate nell’OIC 13 nelle giacenze di magazzino si includono i beni destinati alla vendita o che concorrono alla produzione nella normale attività d’impresa e la loro rappresentazione in bilancio è prevista dall’art. 2424 c.c. anche se  le voci previste nello stesso articolo possono essere ulteriormente suddivise e quindi dare una maggiore dettaglio analitico delle stesse purché non si elimini la voce complessiva e l’importo corrispondente e che il maggior dettaglio risulti significativo.

Nell’ OIC predetto si sottolinea inoltre un aspetto fondamentale infatti sancisce che  in relazione alle rimanenze, prima ancora delle operazioni di valutazione, è necessario procedere ad un accurata rilevazione delle quantità delle rimanenze da valorizzare.

La rilevazione delle quantità può avvenire in base a conta fisica  (inventario fisico) da effettuarsi alla data di riferimento del bilancio ovvero a mezzo di un sistema affidabile di scritture contabili di magazzino (rilevazioni permanenti di magazzino).

L’affidabilità delle rilevazioni permanenti di magazzino va comprovata dall’impresa, come regola generale, sulla base di conta fisica completa da effettuarsi almeno una volta all’anno in concomitanza con la chiusura dell’esercizio ovvero a data diversa anche a rotazione.

La metodologia di valutazione delle quantità di magazzino così rilevate, deriva dalla combinazione di due fondamentali postulati che caratterizzano il sistema contabile italiano: il criterio del costo e il principio di prudenza.

Tali due postulati si riflettono nel dettato del codice civile che prevede che le rimanenze che non costituiscono immobilizzazioni devono essere iscritte al costo di acquisto o di produzione, ovvero al valore di realizzo desumibile dall’andamento del mercato se minore (cc.dd. valore di mercato); tale minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi.

Il costo di acquisto è costituito dal complesso di quei costi sostenuti per ottenere la proprietà delle rimanenze nel loro attuale sito e condizione, include dunque anche gli oneri accessori (restano esclusi gli oneri finanziari).

Il costo di produzione comprende tutte le spese di produzione comuni che non sono direttamente imputabili ai prodotti.

 

La valutazione delle rimanenze di magazzino presupporrebbe dunque l’individuazione e l’attribuzione alle singole unità fisiche dei costi specificamente sostenuti per le unità medesime. Tale individuazione ed attribuzione, però, non è di solito praticamente attuabile a causa dell’entità delle rimanenze e della loro velocità di rotazione.

Per i beni fungibili allora dal punto di vista pratico vengono pertanto effettuate delle assunzioni sul flusso delle rimanenze e dei costi cui corrispondono altrettanti metodi o criteri alternativi di determinazione del costo:

  • Specifica identificazione del costo 

    Detto metodo identifica i singoli beni acquistati ed i relativi costi. Il criterio dell’identificazione specifica può essere adottato solo se le voci delle rimanenze non sono intercambiabili;

  • Costo medio ponderato

    Secondo tale metodo le quantità acquistate o prodotte non sono più individualmente identificabili e fanno parte di un insieme in cui i beni sono ugualmente disponibili;

  • FIFO – First in, first out

    Secondo tale metodo viene assunto che le quantità acquistate o prodotte in epoca più remota siano le prime ad essere vendute od utilizzate in produzione; per cui restano in magazzino le quantità relative agli acquisti o alle produzioni più recenti;

  • LIFO – Last in, first out

    Tale metodo assume che le quantità acquistate o prodotte più recentemente siano le prime ad essere vendute od utilizzate in produzione; per cui restano in magazzino le quantità relative agli acquisti o alle produzioni più remote.

 

Si noti che i quattro metodi appena citati e consentiti dalla normativa nazionale non sono altro che metodi di calcolo del costo storico che una volta determinato andrà sempre confrontato con il valore di mercato per individuare il minore tra i due.

 

Per valore di mercato invece si intende:

  1. il costo di sostituzione per le materie prime e sussidiarie e semilavorati d’acquisto che partecipano alla fabbricazione di prodotti finiti. Ossia il costo con il quale, in normali condizioni di gestione, una determinata voce in magazzino può essere riacquistata o riprodotta;
  2. il valore netto di realizzo per le merci, i prodotti finiti, semilavorati di produzione e prodotti in corso di lavorazione. Esso rappresenta cioè il prezzo di vendita nel corso della normale gestione, al netto dei costi di completamento e delle spese dirette di vendita che possono ragionevolmente prevedersi.

A questo punto occorre esaminare la normativa internazionale in tema di definizione, classificazione e valutazione delle rimanenze.

 

Il principio contabile internazionale di riferimento  per le rimanenze è lo IAS 2 che peraltro non si applica a quelle rimanenze a cui sono stati dedicati altri IAS specifici, e precisamente non si applica a:

  • lavori in corso derivanti da commesse a lungo termine (IAS11);
  • gli strumenti finanziari (IAS 32 e 39);
  • le attività biologiche intese come attività connesse alle attività agricole (IAS 41);
  • produttori di prodotti agricoli e forestali, prodotti agricoli dopo il raccolto, e minerali e prodotti minerari, nella misura in cui siano valutati al valore di netto realizzo secondo quanto previsto da prassi già  consolidate in questi settori.
  • intermediari (broker) e commercianti all’ingrosso (trader) in commodity che valutano le loro rimanenze al fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita.

 

I primi quattro casi sopra esposti si configurano come casi di esclusione totale in quanto non è possibile applicare le disposizioni dello IAS, invece gli ultimi due casi sopra esposti si configurano come casi di esclusione limitata in quanto l’esclusione dell’applicazione dello IAS riguarda solo i criteri di valutazione, mentre restano applicabili le altre disposizioni contenute nello stesso IAS2.

Secondo i principi internazionali le rimanenze sono definite come  “beni posseduti per la vendita nel normale svolgimento dell’attività; impiegati nei processi produttivi per la vendita; o sotto forma di materiali o forniture di beni nel processo di produzione o nella prestazione di servizi”; tale definizione come si può facilmente verificare corrisponde sostanzialmente a quella che si trova nell’OIC 13.

 

Classificazione delle rimanenze di magazzino

In merito alla classificazione delle stesse rimanenze è previsto che esse siano sottoclassificate all’interno dello stato patrimoniale o nelle note, come merci, materiali di consumo, materie prime, prodotti in corso di lavorazione e prodotti finiti.

La valutazione delle rimanenze che dà il principio contabile internazionale menzionato è in linea con il disposto del principio contabile nazionale e del codice civile, infatti esso statuisce che le rimanenze devono essere valutate al minore tra costo e valore netto di realizzo (l’IFRS1 stabilisce che la prima iscrizione va effettuata al costo); dove il costo deve comprendere tutti i costi di acquisto e di trasformazione e tutti gli altri costi sostenuti per portare le rimanenze nel luogo e nelle condizioni attuali.

Uno dei punti di divergenza tra i principi nazionali e quelli internazionali riguardante la formazione del costo è quello secondo cui lo IAS 2 concede di comprendere nel costo delle rimanenze anche una quota di oneri finanziari, nei limiti in cui tali oneri finanziari soddisfino i requisiti per la loro capitalizzazione come parte del costo del bene di riferimento, ovvero se:

 

  • è probabile che comporteranno benefici economici futuri all’azienda
  • possono essere attendibilmente verificati
  • non sarebbero stati sostenuti nel caso in cui si fosse acquistato quel bene

I costi di trasformazione sono invece quei costi sostenuti dall’impresa per l’ottenimento delle rimanenze stesse comprendente dunque sia i costi direttamente correlati con le quantità prodotte che quote di costi fissi e generali.

Ai fini IAS inoltre, il costo delle rimanenze di beni non fungibili e delle rimanenze delle merci e servizi, destinati a specifici progetti, deve essere determinato mediante l’attribuzione dei costi specifici ai singoli elementi delle rimanenze; per le altre tipologie di beni fungibili, il costo delle rimanenze deve essere attribuito adottando il metodo FIFO (first in, first out) o il metodo del costo medio ponderato. Viene dunque abolito nei principi internazionali l’utilizzo del metodo Lifo.

 

Costo di acquisto:

1)  beni non fungibili specifica identificazione del costo

2)  beni fungibili F.i.f.o.; C.M.P.

 

Costo di trasformazione

1)  full costing

2)  direct costing

 

 

Valore netto di realizzo

Per quanto riguarda invece il valore netto di realizzo è definito come il prezzo di vendita stimato nel normale svolgimento dell’attività, al netto degli eventuali costi che si devono ancora sostenere per il completamento nonché di quelli necessari per effettuare la vendita.

Lo IAS 2 precisa che il costo delle rimanenze non può essere realizzabile se esse sono danneggiate, obsolete o se i loro prezzi di vendita sono diminuiti. In questi casi si deve procedere ad una svalutazione ed a un riallineamento del costo al fair value al netto dei costi di dismissione (svalutazione delle rimanenze); tuttavia i materiali e gli altri beni di consumo posseduti per essere utilizzati nella produzione di rimanenze non possono essere svalutati al di sotto del costo, se ci si attende che i prodotti finiti nei quali verranno incorporati saranno venduti al costo o al di sopra di esso.

Qualora le circostanze che hanno causato la svalutazione delle rimanenze al di sotto del costo vengano meno negli anni successivi, la svalutazione effettuata in precedenza deve essere stornata e quindi eliminata. L’entità del ripristino ovviamente deve essere limitata ala svalutazione iniziale di modo che si ritorni ad una valutazione che sia pari al minore tra il costo ed il valore netto di realizzo.

 

 

Come l’impresa deve comportarsi nel passaggio agli IAS

In sede di prima applicazione (quindi nel momento di transizione agli IAS), l’impresa dovrà procedere, come per le altre voci di bilancio, a verificare che le attività iscritte siano rilevanti ai fini IAS e correttamente classificate; quindi dovrà procedere ad eventuali storni e riclassifiche.

Si ritiene che, nel caso della voce in esame, non si dovrebbe essere in presenza di attività da stornare.

L’impresa, inoltre, dovrà decidere quale configurazione di costo adottare tra costo medio ponderato e Fifo.

Tuttavia, risulteranno differenze qualora l’impresa, secondo i principi contabili nazionali, abbia adottato, per i beni fungibili, il criterio del Lifo. In tal caso, l’impresa dovrà procedere ad una nuova valutazione delle rimanenze, iscritte nel bilancio di apertura alla data della transizione, sulla base del Fifo o del costo medio ponderato, e dovrà imputare la differenza, se corrisponde ad un incremento del valore delle rimanenze, alla voce di patrimonio netto cui confluiscono tutte le differenze con gli IAS.

Conseguentemente dunque la variazione nel valore delle rimanenze dovuta all’adeguamento ai metodi consentiti affluirà alla voce di patrimonio netto utilizzata per le altre rettifiche (riserva di patrimonio netto o utili portati a nuovo).

Si dovrà inoltre tenere conto che le differenze dovute alla prima applicazione degli IAS/IFRS così generate comportano l’iscrizione di fiscalità differita. Sarà necessario allora tenere conto dell’effetto fiscale che troverà collocazione nell’apposita voce relativa al fondo imposte differite mentre l’aumento di valore del cambio di criterio sconterà l’effetto fiscale.

Se, per esempio, in seguito al passaggio dal metodo Lifo a quello del costo medio ponderato viene generato un incremento nella valorizzazione delle rimanenze di prodotti finiti pari a 10000 euro, e supponendo che l’effetto della fiscalità differita sia pari a 3825 euro, la relativa scrittura da effettuare in sede di prima adozione IAS sarà:

 

 

Prodotti finiti (Sp)

D

10000

Riserva di patrimonio netto

A

6175

Fondo imposte differite

A

3825

 

 

Anche in altri casi, in cui l’impresa decide di adottare un criterio IAS diverso da quello utilizzato ai fini dei principi nazionali (se pur ammesso dagli IAS), essa dovrà procedere ad una nuova valutazione delle rimanenze risultanti dal bilancio di apertura ed alla iscrizione delle eventuali differenze, secondo le modalità previste nel caso precedente.

 

Leggi anche: Variazioni delle rimanenze tra principi contabili e TUIR

 

A cura di Giugno Claudio 

4 febbraio 2008