L’avviamento in caso di cessione d’azienda nelle PMI

Approfondiamo la questione dell’avviamento in caso di cessione d’azienda nelle PMI con particolare riferimento alla disciplina fiscale.

Avviamento e cessione d’azienda – Alcune definizioni preliminari

Concetto di azienda

“L’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per lo svolgimento dell’attività d’impresa” (art. 2555 del Codice Civile).

Cassazione 25.2.02 n. 897 – La cessione di un complesso di beni strumentali idonei, nel loro complesso e nella loro interdipendenza, all’esercizio di impresa, si configura come cessione di azienda, soggetta ad imposta di registro. Se la cessione riguarda i singoli beni aziendali, non adatti di per sé ad integrare la potenzialità produttiva propria dell’impresa, la stessa è soggetta ad Iva.

Cassazione 4.10.02 n. 13192 – “Perché si abbia cessione di azienda è necessario risulti che le parti, pur avendo definito il contratto come vendita di beni materiali, abbiano in realtà inteso trasferire non una semplice somma di beni, ma un complesso organico unitariamente considerato, dotato di una sia pur potenziale e residua potenzialità produttiva (Cass. n. 8362/1992, n. 8417/1996 e n. 10993/1995).

Tale fattispecie ricorre quando il nuovo titolare debba integrare l’insieme dei beni trasferiti con ulteriori fattori produttivi; … in tal caso occorre, però, che i beni mancanti non siano tali da alterare l’unità economica e funzionale del complesso aziendale, atteso che non basta che i beni abbiano fatto parte di un’azienda, ma è altresì necessario che essi, per le loro caratteristiche e per il loro collegamento funzionale, rendano possibile lo svolgimento di una specifica impresa.”

 

 

Valore economico di un’azienda (Valutazione in occasione di un trasferimento)

valore economico di un'azienda in caso di cessioneIl valore economico di una azienda è il valore che “teoricamente” le si può attribuire sulla base di valutazioni il più possibile “oggettive” che si rifanno alle indicazioni fornite dalla dottrina economica e che si fondano sia sull’analisi patrimoniale / finanziaria / reddituale dell’azienda che su statistiche empiriche.

Solitamente tale valore è composto da una componente patrimoniale, che tiene conto del valore delle attività e passività aziendali, e da una componente extrapatrimoniale (c.d. avviamento) che tiene conto di quel surplus che gli elementi “esterni al capitale” conferiscono all’azienda stessa.

L’avviamento dovrebbe tecnicamente basarsi su una stima prospettica della realtà aziendale, tuttavia, specie quando si pone l’attenzione su piccole o medie aziende, è difficile disporre di budget o previsioni sufficientemente elaborati ed attendibili e pertanto è frequente ricorrere all’analisi storica che si basa sui risultati concreti dell’impresa.

 

Il prezzo di vendita di un’azienda

Il valore di cessione (o “prezzo di trasferimento”) è invece determinato dalle parti sulla base di valutazioni soggettive che variano in funzione delle rispettive forze contrattuali ed attese sull’andamento aziendale.

Non può certo negarsi l’esistenza di una relazione fra il prezzo del trasferimento e il valore economico del capitale, per effetto dell’influenza che ha il valore di stima quale parametro oggettivo per indirizzare le trattative tra le parti, acquirente e cedente, ma si tratta di due concetti ben diversi infatti: il valore economico di una azienda è un valore “astratto”, mentre il prezzo di trasferimento della stessa è un valore “concreto”.

 

Il valore fiscale di un’azienda in sede di trasferimento

In sede di trasferimento di azienda va inoltre tenuto conto del valore fiscale da indicare in atto o, solitamente, va verificato se il prezzo di cessione dichiarato dalle parti può essere più o meno oggetto di contestazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

La cessione di azienda determina infatti un duplice effetto tributario:

  • IMPOSTE DIRETTE tassazione (IRES o IRPEF) della plusvalenza in capo al ceden- te sulla differenza tra il valore di cessione e quello contabile dei beni trasferiti (al netto delle passività relative).
  • IMPOSTE INDIRETTE tassazione (IMPOSTA DI REGISTRO) in capo all’acquirente sul valore dei beni aziendali (al netto delle passività) compreso l’avviamento ed esclusi gli autoveicoli (autonomamente soggetti a imposta di trascrizione). Inoltre, se sono per essi indicati corrispettivi distinti, si applica un criterio a parte (c.d. automatico sulla base delle rendite catastali), per terreni e fabbricati compresi in aziende.

 

 

Calcolare l’avviamento dal punto di vista fiscale

Come si evince facilmente dalla premessa, la principale voce che può creare conflitti con il Fisco è l’AVVIAMENTO ossia (sinteticamente) quella parte del VALORE ECONOMICO dovuta al plusvalore da attribuire ai beni aziendali per effetto della loro organizzazione in attività d’impresa.

L’avviamento dipende dall’effetto positivo che gli elementi “esterni al capitale” trasmettono agli elementi patrimoniali, quali elementi caratteristici “interni” del capitale stesso.

Per la sua quantificazione il Legislatore fiscale si è pronunciato con l’art. 2 comma 4 del D.P.R. 460/1996 (articolo che si inquadrava nella disciplina dell’accertamento con adesione ai fini delle imposte indirette) il quale propone un conteggio basato su ricavi e redditività medi e che verrà di seguito più dettagliatamente esaminato.

Tale disposizione non è attualmente più in vigore, tuttavia con Comunicazione di servizio n. 52 del 25/07/03, l’Agenzia delle Entrate ha specificato che il contribuente può determinare il valore dell’avviamento in caso di cessione d’azienda riferendosi al metodo di calcolo previsto da tale articolo di legge che risulta attualmente l’unico riferimento “normativo” utilizzabile ai fini fiscali.

Pertanto questo conteggio è un validissimo strumento per analizzare i rischi di contestazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria, ricordando comunque che se l’avviamento dichiarato dal contribuente è inferiore a quello determinato con tale metodologia aumentano solo le probabilità di “conflittualità” col Fisco, ma il conteggio ex art. 2.4 D.P.R. 460 non ha valenza di presunzione assoluta e/o relativa e il contribuente potrà sempre difendersi dimostrando la correttezza del processo di stima dell’avviamento utilizzato.

il calcolo dell'avviamento di una azienda

Infatti, secondo la sentenza della Corte di cassazione n. 613/2006, in sede di contenzioso l’ufficio deve provare gli elementi che giustificano l’eventuale rettifica del valore dell’avviamento riferito alla cessione dell’azienda e, d’altro canto, il contribuente può sempre dimostrare che il reale valore dell’azienda è inferiore rispetto a quello accertato.

Ad avvalorare l’utilizzo del metodo in questione si cita però la recente sentenza n. 2204 del 01.02.2006 della Corte di Cassazione che ha anche precisato che l’Ufficio non può determinare l’avviamento avendo a riguardo unicamente il volume d’affari e senza tener conto del risultato economico di bilancio (utile/perdita) che è invece il parametro più equo ai fini di tale calcolo.

Relativamente all’utilità del conteggio in questione si richiamano inoltre le sentenze della Cassazione n. 2575 del 29.03.1990 e n. 4117 del 27.09.2001 che hanno sostanzialmente previsto che se il valore dichiarato è congruo ai fini dell’imposta di registro ciò deve anche essere riconosciuto anche ai fini delle imposte dirette.

 

 

Il calcolo dell’avviamento ai sensi dell’art. 2 comma 4 del DPR 460/1996

Entrando nel particolare, secondo il citato D.P.R., il valore di avviamento è determinato sulla base

“degli elementi desunti dagli studi di settore o in difetto, sulla base della percentuale di redditività applicata alla media dei ricavi accertati o, in mancanza, dichiarati ai fini delle imposte sui redditi negli ultimi tre periodi d’imposta anteriori a quello in cui è intervenuto il trasferimento, moltiplicata per 3.

La percentuale di redditività non può essere inferiore al rapporto tra il reddito d’impresa e i ricavi accertati o, in mancanza, dichiarati ai fini delle stesse imposte e nel medesimo periodo”.


Il moltiplicatore è ridotto a 2 nel caso in cui emergano elementi validamente documentati e, comunque, nel caso in cui ricorrano almeno una delle seguenti situazioni:

  • L’attività sia iniziata entro i tre periodi d’imposta precedenti a quello in cui è intervenuto il trasferimento;
  • L’attività non sia stata esercitata, nell’ultimo periodo precedente a quello in cui è intervenuto il trasferimento, per almeno la metà del normale periodo di svolgimento dell’attività stesse;
  • La durata residua del contratto di locazione dei locali, nei quali è svolta l’attività, sia inferiore a dodici mesi.

 

Tentando di semplificare la mera disposizione normativa il calcolo dell’avviamento minimo fiscale da dichiarare nell’anno X in sede di trasferimento, solo qualora non esistano o non siano applicabili gli studi di settore, può essere calcolato seguendo il seguente procedimento:
 
CALCOLARE L’AVVIAMENTO COL METODO N. 1
1) CALCOLO MEDIA DEI RICAVI DEGLI ULTIMI 3 PERIODI D’IMPOSTA ANTERIORI A QUELLO IN CUI E’ AVVENUTO IL TRASFERIMENTO (anno X)

+ Ricavi anno (X-1) ex art. 85 da accertamento o dichiarazione dei redditi
+ Ricavi anno (X-2) ex art. 85 da accertamento o dichiarazione dei redditi
+ Ricavi anno (X-3) ex art. 85 da accertamento o dichiarazione dei redditi
= Totale ricavi degli ultimi 3 periodi d’imposta anteriori al trasferimento
: 3

—————————————————————————————
= Media ricavi degli ultimi 3 periodi d’imposta anteriori al trasferimento

 

 


2) CALCOLO PERCENTUALE DI REDDITIVITA’ MEDIA

+ Totale redditi degli ultimi 3 periodi d’imposta anteriori a quello del trasferimento
: Totale ricavi degli ultimi 3 periodi d’imposta anteriori a quello del trasferimento

—————————————————————————————
= % di redditività media degli ultimi 3 periodi d’imp. anteriori al trasferimento

 

 

3) CALCOLO VALORE MINIMO DELL’AVVIAMENTO DA DICHIARARE

+ % di redditività media degli ultimi 3 periodi d’imposta anteriori al trasferimento x Media ricavi degli ultimi 3 periodi d’imposta anteriori a quello del trasferimento x 3 (2 se ne ricorrono le condizioni sopra indicate)

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= VALORE MINIMO DELL’AVVIAMENTO DA DICHIARARE

 

 

Tuttavia, poiché nel d.p.r. di riferimento non risulta chiaro se, per il calcolo dell’avviamento, vada utilizzata la percentuale di redditività media o quella dell’ultimo periodo, sembra opportuno procedere con il calcolo anche nella seconda ipotesi secondo lo sviluppo di seguito illustrato (a favore dell’adozione della redditività dell’ultimo anno si sono espressi Barone Francesco e Nocera Carlo in un articolo su Il Sole 24 Ore del 06.09.2004):

 

 

CALCOLARE L’AVVIAMENTO COL METODO N. 2
1) CALCOLO MEDIA DEI RICAVI DEGLI ULTIMI 3 PERIODI D’IMPOSTA ANTERIORI A QUELLO IN CUI E’ AVVENUTO IL TRASFERIMENTO (anno X)

+ Ricavi anno (X-1) ex art. 85 da accertamento o dichiarazione dei redditi
+ Ricavi anno (X-2) ex art. 85 da accertamento o dichiarazione dei redditi
+ Ricavi anno (X-3) ex art. 85 da accertamento o dichiarazione dei redditi
= Totale ricavi degli ultimi 3 periodi d’imposta anteriori a quello del trasferimento
: 3

—————————————————————————-

= Media ricavi degli ultimi 3 periodi d’imposta anteriori al trasferimento

 

 

2) CALCOLO PERCENTUALE DI REDDITIVITA’ DELL’ANNO DI TRASFERIMENTO

+ Reddito anno X da dichiarazione dei redditi
: Ricavi anno X da dichiarazione dei redditi

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= % di redditività dell’anno di trasferimento X

 

 

3) CALCOLO VALORE MINIMO DELL’AVVIAMENTO DA DICHIARARE

+ % di redditività dell’anno di trasferimento X
x Media ricavi degli ultimi 3 periodi d’imposta anteriori a quello del trasferimento x 3 (2 se ne ricorrono le condizioni sopra indicate)

—————————————————————————-
= VALORE MINIMO DELL’AVVIAMENTO DA DICHIARARE

 

A nostro avviso, tuttavia, la tesi sostenuta in questa seconda metodologia di calcolo, riscontra un forte punto debole identificabile nel fatto che il valore dell’avviamento, qualora il trasferimento d’azienda avvenga in corso d’anno e non alla fine del periodo amministrativo, risulta fortemente condizionato, e ridotto, proprio dalla parzialità della gestione dell’anno di cessione.

Proprio per questo motivo si suggerisce, in alternativa a tale metodo, di calcolare l’avviamento applicando la percentuale di redditività calcolata non sull’anno in cui avviene il trasferimento, bensì sull’ultimo anno operativo, inteso quale ultimo anno in cui la gestione aziendale ha potuto esprimersi a pieno regime (anno (X-1)).

 

 

METODO N. 3

1) CALCOLO MEDIA DEI RICAVI ULTIMI 3 PERIODI D’IMPOSTA ANTERIORi A QUELLO IN CUI E’ INTERVENUTO IL TRASFERIMENTO (ANNO X)

+ Ricavi anno (X-1) ex art. 85 da accertamento o dichiarazione dei redditi
+ Ricavi anno (X-2) ex art. 85 da accertamento o dichiarazione dei redditi
+ Ricavi anno (X-3) ex art. 85 da accertamento o dichiarazione dei redditi
= Totale ricavi degli ultimi 3 periodi d’imposta anteriori a quello del trasferimento
: 3

————————————————————————————————-
= Media ricavi degli ultimi 3 periodi d’imposta anteriori al trasferimento

 

 

2) CALCOLO PERCENTUALE DI REDDITIVITA’ DELL’ULTIMO ANNO OPERATIVO

+Reddito anno (X-1) da dichiarazione dei redditi
: Ricavi anno (X-1) da dichiarazione dei redditi

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=% di redditività dell’ultimo anno operativo (X-1)

 

 

3) CALCOLO VALORE MINIMO DELL’AVVIAMENTO DA DICHIARARE

+ % di redditività dell’ultimo anno operativo (X-1)
x Media ricavi degli ultimi 3 periodi d’imposta anteriori a quello del trasferimento x 3 (2 se ne ricorrono le condizioni sopra indicate)

————————————————————————————————-
= VALORE MINIMO DELL’AVVIAMENTO DA DICHIARARE

 

 

Calcolare l’avviamento d’azienda – Conclusione

Potendo i metodi sopra esposti portare a conclusioni differenti, si suggerisce in ogni caso di prenderli tutti in considerazione scegliendo poi, prudentemente, come valore minimo, il maggiore dei risultati ottenuti (anche alla luce dell’atteggiamento adottato dall’Agenzia delle Entrate in sede di controllo) e tenendo sempre presente che: da un lato l’avviamento in sede di cessione d’azienda dovrebbe riferirsi a valutazioni sull’andamento prospettico della redditività

Tuttavia ci sentiamo (a titolo strettamente personale) di prediligere l’esame dei metodi n. 2 e il n. 3 preferendo:

⮚ il metodo n. 2 nei casi in cui i ricavi del periodo di trasferimento (anno X) siano ragguagliati ad anno e significativi del ricavato che si è ottenuto dalla gestione dell’azienda (es: cessione dell’azienda a fine anno oppure cessione dell’azienda in corso d’anno e ricavi non stagionali ragguagliati al periodo d’imposta);

⮚ il metodo n. 3 negli altri casi.

Il metodo n. 1 rimane comunque valido come strumento di raffronto (si pensi ad esempio alle ipotesi in cui l’annualità X e X – 1 siano state caratterizzate da eventi eccezionali e che non si ripercuoteranno sulla redditività futura).

Per ultimo si segnala che non sempre il “reale” prezzo di trasferimento è congruo rispetto al valore “fiscale” come sopra determinato.

In questo caso le parti (ed in particolare l’acquirente) dovranno essere in grado di fornire all’Amministrazione Finanziaria, in sede di eventuale controllo, le motivazioni (convincenti ed oggettive!) che hanno indotto a vendere l’azienda ad un prezzo inferiore o, perlomeno, dovranno essere consapevoli che l’Amministrazione Finanziaria stessa potrà richiedergliele.

 

 

Leggi gli approfondimenti:
Criteri di valutazione dell’avviamento (2021)
Rettifica dell’avviamento e metodo reddituale (2021)
Cessione d’azienda: deduzione valore residuo avviamento (2023)

 

 

A cura del dott. Simone Scandola e del dott. Marco Righetti.

marzo 2006

 

 

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