Ai fini della determinazione del valore dell’avviamento dell’azienda, i criteri restano quelli di cui al Dpr. n. 460 del 1996 che, nonostante la sua abrogazione, possono essere ancora oggi utilizzati, atteso che non è stato previsto un metodo alternativo di determinazione di tale valore.
La Cassazione sulla determinazione del valore dell’avviamento
La Corte di Cassazione ha chiarito quali sono i criteri, ai fini dell’imposizione di registro, di valorizzazione dell’avviamento.
Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l’appello proposto da una società e, confermando la sentenza di primo grado, aveva dichiarato legittimo l’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta di registro, relativa ad un atto di compravendita con il quale la contribuente aveva acquistato un albergo.
La contestazione dell’avviamento di un albergo
L’atto di accertamento aveva, in particolare, ad oggetto la cessione – avvenuta nell’ambito di una riorganizzazione societaria – di due alberghi a due società neo costituite.
L’Agenzia delle Entrate, per ricostruire il valore dell’avviamento dell’azienda ceduta, aveva quindi applicato alla media degli utili della cedente, relativi al triennio 2007-2009, il 245%, come ricavato dal listino F.I.M.A.A.
Avverso tale sentenza la società contribuente proponeva infine ricorso per cassazione e, dopo aver premesso che l’avviso impugnato era privo di adeguata motivazione, non essendo ad esso allegato il listino prezzi delle aziende pubblicato dalla Federazione Italiana Mediatori Agenti D’Affari (F.I.M.A.A.), sulla cui base l’Amministrazione finanziaria aveva operato la rettifica della base imponibile, rilevava comunque come i relativi criteri fossero privi di attendibilità, osservando che