Alcune sentenze di merito, con la contrarietà dell’Agenzia delle entrate (mai, comunque, espressa in uno specifico documento di prassi), e nel silenzio della Cassazione, hanno ammesso la possibilità di dedurre, dalla base imponibile delle imposte dirette e dell’IRAP, l’IVA che sia risultata indetraibile perché a posteriori giudicata relativa a operazioni soggettivamente inesistenti.
La possibilità di dedurre dalla base imponibile IRES e IRAP l’IVA divenuta indetraibile per effetto di una contestazione dell’Amministrazione Finanziaria, pur essendo stata affrontata da alcune sentenze di merito, non ha ancora trovato una soluzione univoca.
In dottrina[1], richiamando l’art. 8 del D.L. n. 16/2012, disposizione che impedisce la deduzione dei costi direttamente utilizzati per compiere atti o attività qualificabili come delitto non colposo, si è sostenuto che, indipendentemente dalla buona o mala fede del cessionario/committente, il bene o servizio “soggettivamente” acquistato non può mai essere ritenuto direttamente utilizzato per la consumazione del delitto.
Anche se la transazione commerciale costituisce l’occasione per l’emissione della fattura soggettivamente inesistente, la deducibilità del costo non può essere negata, in quanto l’irregolarità della fattura ha rilievo esclusivamente ai fini dell’IVA.
Al costo, pertanto, in coerenza con il citato D.L. n. 16/2012, dovrebbe aggiungersi anche l’onere “accessorio” derivante dall’IVA indetraibile.
Né potrebbe essere invocata, in senso contrario, l’esclusione dalla