L’istituto dell’interpello si divide in: ordinario, qualificatorio, antiabuso e disapplicativo. Il disapplicativo aiuta a verificare l’applicazione di norme antielusive in casi di fusioni/scissioni, esaminando la vitalità imprenditoriale e l’operatività aziendale per legittimare la disapplicazione di norme fiscali restrittive e contrastare l’acquisto delle cosiddette bare fiscali: analisi della corretta interpretazione degli indicatori.
In ordine all’istituto dell’interpello, come risulta dalla relativa disciplina contemplata nell’art. 11 dello Statuto del Contribuente (L. 212/2000) si rendono individuabili quattro tipologie di interpello e precisamente: l’interpello ordinario, qualificatorio, antiabuso e l’interpello disapplicativo.
L’interpello disapplicativo
Con l’interpello disapplicativo, il contribuente può chiedere all’Agenzia delle Entrate una consulenza giuridica in ordine alla sussistenza delle condizioni che legittimano la disapplicazione di norme legislativamente pensate a regime per il contrasto di comportamenti elusivi e che limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta ed in genere posizioni fiscali soggettive altrimenti ammesse dalla legislazione fiscale.
Poiché il limite del vantaggio fiscale viene legislativamente raccordato a situazioni che in base alla loro normale dinamica di avveramento, possono rivelarsi insidiose e di pregiudizio per i giusti diritti erariali, la norma consente al contribuente di chiedere, previa dimostrazione che nello specifico contesto operativo e nella specifica interazione dei rapporti intersoggettivi coinvolti nell’operazione, l’ordinaria ratio limitativa del diritto fiscale non sussiste, la disapplicazione della norma.
In specifico ordine a tale tipo di interpello, pur avendo il D.Lgs 156/2015 abrogato le forme di interpello obbligatorio per l’aggravio degli oneri che esso procurava ai contr