Con la Risposta ad interpello n. 433 del 24.08.2022, l’Agenzia delle Entrate aveva affermato che le remunerazioni in criptovaluta percepite dalle persone fisiche, al di fuori dell’attività d’impresa, per l’attività di staking, devono essere soggette ad imposizione come redditi di capitale, con la conseguenza che, se accreditate nel wallet da una Società italiana, quest’ultima sarebbe stata tenuta ad applicare la ritenuta d’imposta del 26%.
Tuttavia, a distanza di due giorni, a parziale rettifica della detta Risposta, l’Agenzia ha affermato che tali remunerazioni devono essere assoggettate a ritenuta a titolo d’acconto da parte della Società e indicate dal contribuente nella Sezione I-A “Redditi di capitale” del Quadro RL del Modello Redditi.
Compenso in criptovalute per attività di staking: l’interpretazione dell’Agenzia Entrate
Con la Risposta ad interpello del 24.08.2022, l’Agenzia delle Entrate aveva affrontato un quesito in tema di wallet criptovalute e quadro RW, affermando in particolare che la remunerazione derivante dalla attività di “staking”, ovvero il compenso in criptovalute corrisposto a fronte del vincolo di non utilizzo per un certo periodo di tempo, costituiva reddito di capitale.
Le remunerazioni in criptovalute percepite dalle persone fisiche, al di fuori dell’attività d’impresa, per l’attività di staking, secondo la detta Risposta, dovevano pertanto essere soggette ad imposizione ai sensi della lett. h), comma 1, art. 44 del Tuir, con la conseguenza che, se accreditate nel wallet da una Società italiana, quest’ultima sarebbe stata tenuta ad applicare la ritenuta nella misura del 26 per cento.
Tali remunerazioni, sempre in base alla citata Risposta, non sarebbero dovute essere indicate nel Modello Redditi della persona fisica, essendo la ritenuta applicata a titolo d’imposta.
Con riferimento poi agli obblighi di monitoraggio fiscale, s