La deduzione dei costi pluriennali relativi a beni di terzi, come quelli sostenuti per impianti su immobili in locazione, solleva spesso dubbi interpretativi. Una recente sentenza della Cassazione fa chiarezza sui criteri da seguire: non basta il riferimento alla durata del contratto, ma occorre valutare l’effettiva utilità futura del bene. Un principio che ribadisce i limiti e i vincoli dell’ammortamento deducibile.
Impianti su beni altrui: quando e come è deducibile il costo?
In tema di deduzione di costi pluriennali, quelli derivanti da impianti realizzati su beni altrui risultano disciplinati, ai sensi dell’art. 108 TUIR, sulla base del criterio sancito dall’art. 2426, n. 5, codice civile, come declinato alla luce del relativo principio contabile nazionale. In particolare, la durata dell’ammortamento andrà regolata sulla base della relativa utilità futura dell’impianto, avendosi in ogni caso come limite massimo quello della residua vigenza del titolo in base al quale il contribuente dispone del bene cui l’impianto stesso accede.
La Corte di Cassazione si è espressa in tema di deduzione dei costi per oneri pluriennali, con particolare riferimento a quelli realizzati su beni altrui.
Il caso: contestazione della durata di un ammortamento
Nel caso di specie, la controversia aveva ad oggetto un avviso di accertamento emesso relativamente al recupero a tassazione del reddito derivante dal disconoscimento di costi dedotti in assunta violazione del principio di inerenza per manutenzioni su beni di terzi.
Sul punto la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della contribuente, ritenendo la correttezza dell’ammortamento quinquennale anche in relazione alla residua durata del rapporto locatizio, in applicazione dell’art. 2426 codice civile, e la rispondenza comunque del co