Il recesso del socio da SNC o la cessione di quote hanno valore di fronte a terzi solo dal momento dell’iscrizione al Registro delle Imprese. Fra i terzi rientra anche il Fisco in fase di accertamento!
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre lo spunto per illustrare le condizioni di legge affinché un recesso (o esclusione) di socio di società di persone sia opponibile ai terzi. A volte, la forma prevale sulla sostanza.
Potremmo riassumere così il concetto espresso e ribadito dalla giurisprudenza di legittimità in merito alla efficacia del recesso (o esclusione) da socio di società di persone.
Il caso: avvisi di accertamento e recesso del socio da SNC
Analizziamo il caso in cui è stato richiesto l’intervento della Suprema Corte, pubblicato in una recentissima ordinanza.
L’Agenzia delle Entrate aveva notificato ad un contribuente due avvisi di accertamento, per due anni di imposta, con i quali gli veniva imputato, ai sensi dell’articolo 5 del TUIR, in quanto socio al 50% della relativa società e quindi recuperato a tassazione, il maggior reddito ricostruito in capo alla società.
Il contribuente impugnava gli avvisi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale deducendo di essere uscito dalla società in un anno ben precedente a quello di riferimento negli accertamenti, pur senza aver provveduto alle formalità richieste dalla legge.
Il socio uscente aveva comunicato alla Camera di Commercio la cessazione dell’attività lavorativa, in conseguenza di un infortunio, e aveva ceduto “solo in via di fatto la propria quota all’altro socio, senza formalizzare la relativa cessione”; non aveva invece effettuato alcun atto formale di recesso dalla società.
La CTP accoglieva il ricorso, e la sentenza veniva impugnata dall’Agenzia, deducendo che in mancanza di una formale cessione della quota di partecipazione non poteva ritenersi che il ricorrente non avesse percepito utili.
La CTR respingeva il gravame, ritenendo che il ricorrente avesse provato sia l’uscita dalla società sia lo svolgimento di attività lavorativa “in altra e diversa situazione”; considerava, quindi, “effettiva e naturale” l’estromissione del ricorrente dalla società, “anche se formalmente non corretta”.
L’iscrizione in registro imprese è sostanziale
Non è stata di questo avviso la Cassazione, che, con l’ordinanza n. 326 (del 08/01/2025) ha affermato che nel caso di specie il socio uscente non ha adempiuto alla suddetta pubblicità non avendo posto in essere alcuna formale cessione della propria quota all’altro socio; la cessione delle quote sociali non pubblicizzata nelle forme previste dalla legge risulta inopponibile all’Amministrazione finanziaria, non essendo sufficiente, come contrariamente stabilito dai giudici di secondo grado, il dato sostanziale dell’uscita del socio dalla compagine sociale.
L’iscrizione del contribuente nel libro soci depone inoltre in senso contrario alla conoscenza del dato in esame in capo a terzi.
La stessa Corte ha richiamato l’orientamento della giurisprudenza (Cassazione n. 16871/2022) per cui:
“il socio di società in nome collettivo che non provveda tempestivamente – in conseguenza di recesso, esclusione, cessione della quota – a richiedere l’iscrizione nel registro delle imprese della modifica dell’atto costitutivo, o non provi che l’amministrazione finanziaria ne fosse a conoscenza, non può opporre, ai fini dell’applicazione dell’imposta sul suo reddito di partecipazione, la perdita della qualità di socio non iscritta e non comunicata”.
Si tratta dunque di informazioni preziose per il professionista che viene incaricato di seguire il socio che vuole recedere dalla sua società (o che ne viene escluso), onde evitare sinistri professionali.
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Danilo Sciuto
Giovedì 16 Gennaio 2025