La gestione delle minusvalenze nei conferimenti di partecipazioni ha generato interpretazioni controverse. L’Agenzia delle Entrate ha spesso adottato posizioni che penalizzano il conferente, limitando la deducibilità.
Ora, la Riforma fiscale chiarisce i criteri di deduzione, aprendo nuove prospettive. Scopriamo come funziona.
Conferimento di partecipazione con emersione di minusvalenze: la prassi del Fisco
In ordine all’eventuale emersione di minusvalenze l’Agenzia delle Entrate si era pronunciata una prima volta con la risoluzione 38/E del 20 aprile 2012 in tema di Scambio di partecipazioni mediante conferimento. In tale risoluzione venne richiamata la relazione illustrativa all’art. 5 del D.Lgs 358/1997 (ora art. 177 TUIR) e utilizzato il passo della medesima recante i motivi relativi all’impostazione prescelta relativamente allo scambio mediante conferimento, per supportare la sola inclusione nel regime fiscale del cd “realizzo controllato” delle plusvalenze e non delle minusvalenze.
Per l’Agenzia delle Entrate l’eventuale emersione di una minusvalenza non determinava la sola irrilevanza fiscale della medesima, ma comportava la ben più insidiosa ricongiunzione dell’operazione di conferimento al regime fiscale dell’art. 9 TUIR che raccorda il calcolo della plusvalenza al valore normale della partecipazione conferita. Poiché l’emersione di una minusvalenza può anche derivare da un errore nel computo dei vari addendi che si intersecano nella determinazione del costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni (operazione non sempre agevole) la posizione di prassi si rivelava fiscalmente insidiosa.
L’iniziale tesi dell’Amministrazione Finanziaria si correlava al testuale passo della