Valida la dichiarazione entro novanta giorni dopo la scadenza, anche se presentata in corso di accesso o verifica

L’omissione della dichiarazione dei redditi è un’infrazione grave che consente all’Agenzia delle Entrate di effettuare accertamenti severi. Tuttavia, una recente sentenza della Cassazione chiarisce che presentare la dichiarazione entro 90 giorni dalla scadenza, anche dopo un controllo, è ancora valido senza necessità di ravvedimento. Scopriamo come evitare sanzioni irreversibili!

omessa dichiarazioneUna delle infrazioni sicuramente più pericolose nelle conseguenze è senz’altro l’omissione della dichiarazione dei redditi.

In tale fattispecie, infatti, l’Agenzia delle entrate ha pieno titolo per procedere all’accertamento induttivo puro, ossia sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di avvalersi anche di presunzioni semplici, e di prescindere persino dalle scritture contabili del contribuente ancorché regolarmente tenute.

Come noto, anche qualora la dichiarazione non fosse inviata entro il termine canonico, il Legislatore ammette un periodo-salvagente nei successivi novanta giorni dalla scadenza, entro i quali il contribuente ritardatario potrà evitare che l’infrazione diventi irrimediabile.

 

Il caso: dichiarazione omessa presentata nel termine di 90 giorni

In tale contesto, è senz’altro interessante la recentissima sentenza della Cassazione (n. 23409/2024) che interviene nella fattispecie in cui la dichiarazione non era stata presentata, ma ancora non era spirato il termine di novanta giorni.

In tale lasso di tempo interviene però un accesso dell’Agenzia, a seguito del quale il contribuente presenta la dichiarazione.

I Giudici hanno affermato che tale invio è valido, ancorché effettuato dopo l’avvenuto accesso. Ecco il principio di diritto: il seguente principio di diritto:

“l’inizio di verifiche, accessi, ispezioni o altre attività amministrative di accertamento non impedisce al contribuente di presentare, entro il termine previsto nell’art. 2, comma 7, d.P.R. 22/07/1998, n. 322, una valida dichiarazione tardiva, senza che tale ritardo, fatta salva l’applicazione delle relative sanzioni, consenta all’amministrazione finanziaria di procedere all’accertamento induttivo, previsto dall’art. 41 d.P.R. 29/09/1973, n. 600 per le diverse ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazioni nulle ai sensi delle disposizioni del titolo I del d.P.R. 29/09/1973, n. 600”.

A ben vedere, il principio è ineccepibile.

NdR: vedi anche:  Quando la dichiarazione si considera omessa?

 

Basta la presentazione della dichiarazione, non serve il ravvedimento

La circostanza dell’accesso, ispezione o verifica inibisce il ravvedimento, mentre la presentazione della dichiarazione nei novanta giorni, a mente dell’articolo 2 comma 7 del DPR 322/98, non ha nulla a che vedere con tale istituto: per essere valida, la dichiarazione deve essere semplicemente presentata, non anche ravveduta.

Non è affatto fondato affermare che la dichiarazione tardiva sia valida solo se accompagnata dal ravvedimento (ossia anche dal pagamento delle imposte, interessi legali e sanzioni).

L’adempimento vale solo ex articolo 13 del D.Lgs. 472/1997, norma ben diversa da quella del suddetto art. 2 comma 7 DPR 322/1998.

Questa può essere una utile indicazione operativa, dunque, nel caso di accesso dell’agenzia nei novanta giorni dalla data di scadenza della presentazione della dichiarazione.

 

Danilo Sciuto

Mercoledì 4 Settembre 2024

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