Le attività professionali economiche sono soggette a rigide normative antiriciclaggio, con obblighi di verifica e controllo sui clienti. Tuttavia, tali obblighi non si applicano quando il professionista iscritto all’Ordine opera anche come dipendente, sollevandolo da alcune responsabilità di segnalazione. Scopriamo le criticità e gli aspetti deontologici di questa normativa.
Le attività professionali legate alla sfera economica, come noto, soggiacciono alle stringenti prescrizioni normative in materia di antiriciclaggio e agli adempimenti che ne derivano.
Praticamente qualsivoglia professione o attività che implichi incarichi o operazioni in ambito contabile, amministrativo, finanziario, tributario o di consulenza (inclusa l’amministrazione del personale) risulta automaticamente attratta nella rigida osservanza degli obblighi di adeguata verifica e di attivazione dei presidi di verifica e controllo dell’operatività della propria clientela.
I professionisti destinatari della normativa antiriciclaggio
Nell’ambito delle categorie professionali risultano destinatari delle prescrizioni antiriciclaggio:
- i soggetti iscritti all’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e all’albo dei consulenti del lavoro;
- periti e consulenti che svolgono attività in materia di contabilità e tributi, incluse associazioni di categoria di imprenditori, commercianti, CAF e patronati;
- notai e avvocati, limitatamente a operazioni di natura finanziaria o immobiliare (come meglio specificate alla lettera c, comma 4, 3 del D.Lgs. 231/2007);
- revisori legali e società di revisione legale;
- soggetti che forniscono a titolo professionale (operatori vincolati a regimi di licenza o registrazione nazionale) uno dei seguenti servizi a società e trust:
- costituzione di società o altre persone giuridiche;
- assunzione della funzione di dirigente, amministratore o socio di una società o associazione, oppure incarichi analoghi per altre persone giuridiche (ovvero attivarsi affinché un’altra persona ricopra tali ruoli);
- domiciliazione societaria;
- svolgimento della funzione di fiduciario in un trust o in un istituto giuridico affine (o delegare tale compito a terzi);
- esercitare il ruolo di azionista per conto di terzi (o incaricare altri di farlo).
Gli obblighi di adeguata verifica
Se ne potrebbe dedurre, pertanto, che per commercialisti, esperti contabili e consulenti del lavoro, la semplice iscrizione all’Albo implicherebbe l’obbligatorietà degli adempimenti antiriciclaggio, indipendentemente dal tipo di rapporto contrattuale con cui il professionista presta la propria attività.
Tuttavia, in realtà, l’obbligo di adeguata verifica sorge esclusivamente qualora il committente sia identificabile come cliente, ossia quando richiede una prestazione professionale a seguito di conferimento di incarico.
Il caso particolare del professionista iscritto all’Albo che svolge attività in regime di subordinazione
Questa distinzione assume particolare rilevanza con riferimento all’eventualità che il professionista eserciti la propria attività (parzialmente o totalmente) in qualità di lavoratore dipendente nel settore privato. Non è difatti del tutto infrequente (nonché pienamente compatibile con l’esercizio della professione) che un consulente del lavoro, un commercialista o un avvocato dedichino parte della propria attività come dipendente di un’azienda privata.
In tal caso, l’attività prestata in regime di subordinazione dal professionista regolarmente iscritto all’Albo non è soggetta agli obblighi antiriciclaggio poiché il datore di lavoro non può essere classificato (ai fini della medesima normativa antiriciclaggio) come cliente che conferisce un incarico professionale. Ne consegue che il professionista non sarà tenuto a identificare formalmente il proprio datore di lavoro, né a individuare il titolare effettivo, valutare il rischio o adempiere agli obblighi prescritti in materia di antiriciclaggio.
Criticità della normativa antiriciclaggio applicata al professionista
Questo particolare aspetto svela una delle (tante) patologie della normativa sulla materia che, pur a distanza di quasi un trentennio dalla sua prima applicazione, stenta a trovare un’applicazione compiutamente logica.
Cosa accadrebbe se il professionista dovesse rilevare infrazioni amministrative o contabili rilevanti ai fini antiriciclaggio? Se, ad esempio, nello svolgimento delle proprie mansioni di tenuta della contabilità dovesse accertare la violazione dei limiti per la circolazione del contante?
Per quanto paradossale, pur in presenza di anomalie potenzialmente indicative di riciclaggio, autoriciclaggio o finanziamento del terrorismo, il professionista non sarebbe tenuto a segnalare tali episodi o a implementare misure di prevenzione per l’intercettazione di tali fenomeni risultando viceversa assoggettato ai doveri tipici del rapporto di lavoro subordinato di diligenza, fedeltà e obbedienza nei confronti del proprio datore di lavoro.
Aspetti Deontologici
In questi casi tuttavia, la responsabilità professionale si sposta sul piano deontologico dovendo fare senz’altro riferimento ai principi disciplinati dalla categoria di appartenenza.
Il Codice del CNDCEC, ad esempio, impone il rispetto e l’osservanza di leggi, norme e regolamenti, (art. 6) così come quello dei C.D.L. (recentemente revisionato dal CNO) richiama al dovere di probità (art. 4) e, nelle ipotesi in cui la professione sia esercitata come dipendente, prevede l’obbligo di comunicazione scritta al superiore gerarchico qualora venga richiesto di realizzare una condotta non conforme (art. 36).
In ogni caso, qualora il datore di lavoro rientri nel perimetro dei destinatari della normativa sul “whistleblowing” (come modificata dal D.Lgs. 10 marzo 2023, n. 24), il professionista può attivare il canale di segnalazione interno (o, se assente o non conforme, quello esterno gestito dall’ANAC) per la comunicazione di eventuali illeciti rilevati.
Conclusioni
In ogni caso per le anomalie riscontrate nell’ambito di un rapporto di lavoro dipendente, il professionista non risulta tenuto ad effettuare alcuna segnalazione alla UIF (in quanto non si configura il rapporto professionista-cliente), né a presentare denuncia/esposto alle Autorità competenti (in quanto casistiche non rientranti tra i delitti soggetti a denuncia obbligatoria).
Resta ovviamente la possibilità, a propria discrezione, di denunciare reati che ledono gli interessi finanziari dell’UE (quali frodi, corruzione, riciclaggio di denaro e appropriazione indebita) anche direttamente all’EPPO (European Public Prosecutor’s Office) tramite modalità telematiche.
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