Capita di voler destinare una porzione della propria abitazione a studio professionale, anche per abitudine derivata dall’ampliamento dello smart working. Vediamo quali sono i problemi burocratici da affrontare…
Apertura dello studio professionale in una parte dell’abitazione – Argomenti trattati:
- La categoria catastale ed il regolamento condominiale
- Il Consiglio di Stato
- Aspetti fiscali dell’uso promiscuo studio-abitazione
- Altre norme fiscali
- L’IVA e l’acquisto dello studio professionale
- Allegato A – Le categorie catastali degli immobili previste per il Gruppo A – abitazioni
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La categoria catastale ed il regolamento condominiale
Si tende ad aprire lo studio professionale in un locale distinto dalla propria abitazione, per non coinvolgere quest’ultima con l’attività professionale.
Alcune volte, lo studio e l’abitazione si trovano nello stesso edificio, salvando, comunque, il principio dell’autonomia.
Quando, però, si vuole esercitare l’attività professionale in una parte dell’abitazione, eventualmente con un accesso distinto da quello dello studio, occorre propedeuticamente effettuare delle opportune verifiche.
In linea generale, si deve considerare implicitamente autorizzato l’esercizio professionale in un’abitazione privata, tuttavia ci sono adempimenti diversi in funzione della propria professione e del luogo in cui ci si trova.
Accertiamo, di seguito, in cosa consistono questi controlli primari.
La categoria catastale dell’immobile è compatibile con l’attività professionale?
La categoria catastale dell’immobile (si veda l’Allegato A), prevista per la conduzione di uno studio professionale, è l’A10. Tuttavia, la maggior parte degli studi professionali sono gestiti in locali appartenenti a diverse categorie catastali.
Secondo l’art. 15 (Iscrizione nel catasto edilizio urbano delle aree scoperte e dei lastrici solari), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650, che rimanda all’art. 8, del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, convertito nella L. 11 agosto 1939, n. 1249, le categorie catastali sono il paramet