L’accertamento del Comune basato sui dati della Questura per la tassa di soggiorno è stato giudicato illegittimo, poiché tali dati non rifletterebbero i pernottamenti reali né le esenzioni. Ma quali sono i limiti dell’azione del Comune? E come si dovrebbe provare correttamente l’imposta? Approfondiamo la questione.
È illegittimo l’accertamento del Comune effettuato per l’imposta di soggiorno, con l’incrocio dei propri dati con quelli della Questura, atteso che quest’ultimi non consentono di individuare né i pernottamenti effettivi né le situazioni di esenzione.
Il gestore della struttura alberghiera trasmette l’identità dei clienti che chiedono di essere ospitati e il numero delle notti prenotate e non il numero dei pernotti agli effetti del contributo di soggiorno (CGT 1° gr Roma).
L’imposta di soggiorno: cos’è, come funziona e chi deve pagarla nei comuni italiani
L’imposta di soggiorno è una tassa locale introdotta in Italia nel 2011 per finanziare i servizi turistici nei comuni che la applicano e si applica ai soggiorni in strutture ricettive come hotel, bed and breakfast, agriturismi e case vacanze; è dovuta da tutti coloro che soggiornano in una struttura ricettiva in un comune che la applica, ed è corrisposta da coloro che soggiornano nella struttura e non da chi gestisce la struttura ricettiva e tutto l’ammontare incassato dal Comune, come da normativa, è interamente investito in ambito turistico. Sono esenti dal pagamento dell’imposta i residenti; i bambini fino ai 10 anni o 14 anni; i malati e assistenti ai degenti ricoverati presso strutture sanitarie.
L’imposta, da intendersi come tributo locale, è disciplinata dall’art. 4 D.lgs. 23/2011 secondo