In un contesto di rapida evoluzione socio-economica, l’investimento in crediti d’imposta sembra promettente ma può nascondere frodi. La giurisprudenza distingue tra crediti inesistenti e non spettanti, con diverse conseguenze legali. Una recente decisione della Corte di Cassazione conferma la legittimità del sequestro preventivo per prevenire ulteriori frodi, anche se il cessionario è in buona fede. La responsabilità del cessionario che trae vantaggio dall’acquisto è in discussione.
Cavalcando un’epoca in continua e progressiva evoluzione socio-economica, all’insegna della concessione di bonus e superbonus, decido di investire nell’acquisto di crediti di imposta. Il mio è un investimento indubbiamente vantaggioso, garantendomi l’acquisto di un credito ad un prezzo più basso del rispettivo valore nominale, beneficiando dunque di un differenziale positivo che, per altro, non è oggetto di tassazione.
Eppure, il superficiale approfondimento dell’origine e della genuinità di quel credito mi ha portato ad ottenere un beneficio illecito che, seppur acquistato in buona fede, ora mi viene sottratto in virtù di un provvedimento di sequestro nell’ambito di un procedimento penale che, ancorché mi veda estraneo ai fatti, mi rende parte lesa, a fronte di un investimento mostratosi infruttifero essendo sottoposto a misura cautelare.
Crediti di imposta da Superbonus: alcune premesse dal Decreto Rilancio
L’art. 121 del Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34 (cd. “Decreto Rilancio”), convertito con modificazioni dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77, stabilisce che i soggetti che sostengono spese per determinati interventi (di recupero del patrimonio edilizio, di efficienza energetica, di adozione di misure antisismiche, di recupero o restauro della facciata di edifici esistenti, di installazione di impianti fotovoltaici, di installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici, di superamento ed eliminazione di barriere architettoniche), negli anni di riferimento, possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:
- per il cd. “sconto in fattura”, ossia un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d’imposta, di importo pari alla detrazione spettante, a sua volta suscettibile di cessione;
- per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, a sua volta suscettibile di cessione, nei termini (più volte modificati) del comma 1, lett. b), o di essere portato in compensazione con debiti erariali.
La disciplina in materia di opzioni per la cessione dei crediti o per lo sconto in fattura è stata, tra l’altro, oggetto di recente stretta da parte del Governo con le di