In caso di atto di recupero relativo a crediti fiscali dichiarati ma inesistenti, l’onere della prova sull’inesistenza del credito grava sul Fisco. Esaminiamo un recente caso…
Nel caso di crediti inesistenti contenuti nell’atto di recupero l’onere di provare l’esistenza di un’artificiosa rappresentazione, la carenza dei presupposti di legge o l’estinzione del credito grava sull’amministrazione finanziaria, considerato che la supposta inesistenza non è stata riscontrata tramite i controlli formali.
La notifica dell’atto impositivo deve avvenire entro il termine decadenziale di quattro anni successivi a quello della presentazione della dichiarazione, attesa la normativa di riferimento di cui all’art. 43 Dpr n. 600/1973[1].
La definizione di credito inesistente
Per credito inesistente intendiamo il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e quando tale mancanza non sia riscontrabile mediante controlli automatizzati o formali sugli elementi dichiarati dal contribuente stesso o in possesso dell’anagrafe tributaria di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del Dpr n. 600/1973.
L’art. 13, comma 5, D.lgs. n. 471/1997, modificato dall’art. 15 d.lgs n. 158/2015, stabilisce, sul piano amministrativo, due elementi per qualificare un credito come inesistente ossia la mancanza del presupposto costitutivo del credito e, congiuntamente, che l’inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli automatizzati o formali dei dati in anagrafe tributaria (ex artt. 36-bis, 36-ter, Dpr n. 600/1973 e 54-bis Dpr n. 633/1972); risultano rilevanti, quindi, soltanto le ipotesi che abbiano profili abusivi, occulti o fraudolenti, in quanto identificabili solo con riscontri sostanziali di natura contabile e non dalla mera analisi delle dichiarazioni fiscali e dei modelli di versamento.
La mancanza di uno degli elementi cost