Il nuovo decreto internazionalizzazione interviene anche sul trattamento fiscale dei dividendi provenienti dai cosiddetti paradisi fiscali. Approfondiamo come le norme sulle Controlled Foreign Companies (CFC) modificano tale imposizione.
Tassazione dei dividendi paradisiaci: alcune premesse
In un precedente intervento (“La nuova disciplina delle Controlled Foreign Companies“) abbiamo avuto modo di illustrare le novità in tema di tassazione CFC ad opera dell’art. 3 del decreto legislativo 209/2023.
In particolare, abbiamo avuto modo di approfondire come la lettera a) del comma 4 dell’art. 167 del Tuir sia stata modificata, proponendo delle semplificazioni per il contribuente.
Gli aspetti evidenziati in tema CFC, tuttavia, creano degli effetti domino anche su altri temi quali ad esempio quello della tassazione dei dividendi paradisiaci.
I requisiti dei dividendi paradisiaci
Al riguardo, si ricorda che l’articolo 47 bis del Tuir qualifica come paradisiaci i dividendi provenienti da società che soddisfano determinati requisiti. In particolare:
- si deve trattare di società non localizzate nella UE o nello SEE che scambia informazioni;
- in caso di assenza di un rapporto di controllo, le stesse devono essere soggette ad un regime impositivo inferiore al 50% di quello italiano nominale;
- nel caso in cui sussista un rapporto di controllo, le stesse sono considerate paradisiache nel caso in cui si verifichi la condizione di cui al comma 4, lettera a), del medesimo articolo 167, ossia, tradizionalmente, siano soggette ad un livello impositivo inferiore al 50% di quello teorico effettivo italiano. Abbiamo tuttavia avuto modo di sottolineare nel precedente intervento, come la lettera a) sia stata profondamente rivista ad opera del decreto delegato.
Dal 2024 la società estera potrà essere considerata non paradisiaca anche se, a prescindere dal confronto con il livello impositivo corrispondente italiano, la stessa sia soggetta ad un livello impositivo effettivo non inferiore al 15%.
Le ricadute delle nuove regole CFC sui dividendi: le partecipazioni non di controllo
L’art. 47 bis comma 1 lett. b) prevede che, in assenza di un rapporto di controllo, il Paese estero deve intendersi come paradisiaco se il livello nominale di tassazione risulta inferiore al 50% di quello nominale italiano.
Il riferimento alla tassazione nominale è legato probabilmente al fatto che, in assenza di controllo, il socio residente italiano potrebbe non essere titolato ad acquisire informazioni utili per determinare la tassazione effettiva.
In questo caso, il decreto delegato non esercita influenza alcuna atteso che nessun riferimento viene operato alla tassazione effettiva prevista per la CFC.
Le ricadute sulle partecipazioni di controllo
Le cose cambiano nel momento in cui si passa ad esaminare la tassazione effettiva in caso di detenzione di partecipazioni di controllo. In questo caso, infatti, la norma non contempla una propria definizione di “tassazione effettiva”, ma rimanda alla nozione del comma 4 lett. a) dell’art. 167 del Tuir[1].
Appare, quindi, inevitabile che la novella del Decreto Legislativo n. 209/2023 si riverberi anche in tema di dividendi.
La lett. a) del comma 1 dell’art. 47 bis, infatti, considera paradisiaco il Paese estero qualora “si verifichi la condizione di cui al comma 4, lettera a), del medesimo articolo 167”.
In altre parole, se da un lato è vero che l’art. 47 bis risulta immutato, è altrettanto vero che le modifiche operate dal legislatore sulla lett. a) del comma 4 dell’art. 167 portano a conseguenze anche in tema di dividendi.
Quali sono le modifiche in tema di tassazione Controlled Foreign Companies (CFC)?
Semplificazione della tassazione effettiva CFC
Il legislatore ha introdotto una sempli