I giudici che considerano invalido un avviso di accertamento per motivi sostanziali sono obbligati a esaminare nel merito la pretesa del Fisco e a quantificarla?
Nel corso del processo tributario, i giudici possono modificare l’ammontare delle imposte chieste dal fisco utilizzando una valutazione equitativa e parametri di esperienza ovvero l’equità costituisce un parametro alternativo al giudizio secondo diritto?
La recente riforma esclude o attribuisce al giudice tributario il potere di decidere secondo equità?
Principio: le possibilità di giudizio estimativo del giudice tributario
Il giudice, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi al suo annullamento ma deve esaminare nel merito la pretesa impositiva e ricondurla alla corretta misura. Ciò che è precluso al giudice tributario è il fare uso di poteri di equità sostitutiva, dovendo fondare la propria decisione su giudizi estimativi, di cui deve dar conto in motivazione in rapporto al materiale istruttorio, dovendo il giudice dare conto delle risultanze del materiale istruttorio.
Non ricorre, pertanto, l’equità sostitutiva ove il giudice di appello ha effettuato un giudizio estimativo, riducendo le pretese dell’Amministrazione finanziaria vuoi perché ha ritenuto parzialmente sfornita di prova la pretesa impositiva, vuoi perché ha accolto in parte le prove offerte dal contribuente.
Il caso del giudice di appello
Nella specie, il giudice di appello ha effettuato un giudizio estimativo, ritenendo che l’avviso impugnato fosse carente nella parte in cui non aveva considerato l’utilizzo dei tovaglioli di carta per altri scopi, come in caso di sfrido e fosse erroneo nell’avere considerato il prezzo unitario dei pasti alla data dell’accesso, laddove si sarebbe dovuto fare riferimento ai menu dei tre esercizi oggetto di accertamento.
In relazione a tali carenze istruttorie, il giudice ha compiuto un giudizio estimativo, riducendo forfetariamente gli importi accertati del 25%.
Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la ordinanza n. 1707 del 16 gennaio 2024.
Precluse al giudice tributario le decisioni salomoniche
Non è configurabile la sussistenza di qualsivoglia potere equitativo[1] in capo al giudice tributario. Non sussiste in ogni caso la possibilità di effettuare valutazioni equitative[2].
Nel corso del processo tributario, i giudici non possono modificare l’ammontare delle imposte chieste dal fisco utilizzando una valutazione equitativa e secondo parametri di esperienza ma devono attenersi alla dichiarazione del contribuente e agli accertamenti dell’amministrazione.
La valutazione del Giudice tributario deve essere sempre frutto di un giudizio, non riconducibile alla equità sostitutiva, consentita nei soli casi previsti dalla legge.
Anche alla luce della rec