Il regime agevolato per il rientro di lavoratori in Italia non specifica un periodo tra trasferimento e lavoro, ma richiede un collegamento funzionale. Interpretazioni restrittive sollevano dubbi sull’accesso all’agevolazione se il tempo tra i due eventi è eccessivamente lungo. La legge mira a favorire il rientro di lavoratori qualificati, quindi limitazioni rigorose potrebbero contrastare con questo obiettivo. Pronunce recenti suggeriscono che la legge si basa principalmente sulla residenza estera precedente e sull’esercizio dell’attività in Italia, senza specificare un periodo minimo tra i due eventi. Si auspica una chiara interpretazione da parte del legislatore o una revisione dell’Agenzia delle Entrate per evitare incertezze nell’applicazione della norma.
Regime impatriati: collegamento funzionale (e temporale) tra rientro e attività lavorativa
Il legislatore, nell’ambito del regime agevolato degli impatriati di cui all’articolo 16, D.lgs 147/2015, non ha indicato il tempo che deve intercorrere tra il trasferimento della residenza in Italia e l’inizio dell’attività che gode dell’agevolazione.
Nonostante ciò l’Agenzia delle Entrate, prima con la circolare 17/E/2017, parte II, paragrafo 3.1 e successivamente con altri documenti di prassi, ha sostenuto che:
“tenuto conto della finalità del regime di favore, teso ad attrarre la residenza in Italia di soggetti che, grazie alla loro esperienza all’estero, favoriscono lo sviluppo economico, culturale e tecnologico del Paese, si ritiene che coloro che già svolgono una attività lavorativa nel territorio dello Stato, ad esempio, perché già distaccati in Italia da un’altra società del gruppo, senza essere tuttavia iscritti alla anagrafe della popolazione residente e senza aver trasferito in Italia la dimora abituale o il centro prevalente dei propri interessi personali, possono accedere al beneficio a partire dal periodo di imposta in cui acquisiscono la residenza fiscale anche se ciò avvenga successivamente a quello in cui hanno iniziato in Italia lo svolgimento dell’attività lavorativa. Ugualmente possono accedere al beneficio coloro che trasferiscono la residenza in Italia prima ancora di iniziare lo svolgimento di detta attività, a condizione che sia ravvisabile un collegamento tra i due eventi”.
Nello stesso senso si esprime la medesima amministrazione finanziaria con la risposta a interpello 13 febbraio 2020, n. 59, con riguardo una persona che si trasferisce in Italia dal maggio 2017 e che inizia l’attività lavorativa nel settembre del medesimo anno, premette che:
“In merito al tempo intercorrente tra il trasferimento della residenza e l’inizio dell’attività lavorativa in Italia, la circolare n. 17/E del 2017 (Parte II paragrafo 3.1) ha chiarito che possono accedere al beneficio coloro che trasferiscono la residenza in Italia prima ancora di iniziare lo svolgimento di detta attività, a condizione che sia ravvisabile un collegamento tra i due eventi” per poi concludere che “Nel caso di specie si ritiene che l’accordo precontrattuale sottoscritto dall’Ist