E’ stato pubblicato il testo definitivo della circolare dedicata a criptovalute e criptoattività: vediamo quali sono, secondo il Fisco, gli obblighi di monitoraggio fiscale e di compilazione del quadro RW. Per le criptoattività diverse dalle criptovalute, gli obblighi scattano solo dal 2023.
Infine analizziamo l’applicazione dell’imposta di bollo del 2 per 1000.
In data 27 ottobre, l’Agenzia delle entrate ha finalmente pubblicato la versione definitiva della circolare relativa alle criptoattività, diramata in bozza lo scorso 15 giugno. Il paragrafo 3.4 della C.M. 27.10.2023, n. 30/E affronta il tema del monitoraggio fiscale delle criptoattività introducendo significative integrazioni/modifiche rispetto alla bozza.
Interessanti novità sono presenti anche nei paragrafi 3.7.1 e 3.7.2 relativi all’imposta di bollo e all’imposta sul valore delle criptoattività.
In questo intervento limiteremo la nostra analisi a queste due questioni, riservando a successivi interventi l’approfondimento di altri temi.
Il monitoraggio generalizzato delle criptoattività
Una importante conferma in tema di monitoraggio riguarda il fatto che:
“gli obblighi di monitoraggio fiscale delle cripto-attività sussistono indipendentemente dalle modalità di archiviazione e conservazione delle stesse, e prescindendo dalla circostanza che le stesse siano detenute all’estero o in Italia (cfr. relazione illustrativa alla legge di bilancio 2023)”.
In sostanza, l’Agenzia delle Entrate conferma che il monitoraggio fiscale riguarda tutte le criptoattività a prescindere dalla circostanza che siano detenute all’estero o in Italia.
Tale precisazione non confligge con le indicazioni fornite in tema di territorialità al par. 5 della Circolare (Presupposti di territorialità).
In sostanza, se la chiave privata è detenuta in Italia, il reddito derivante dalla criptoattività si considera prodotto in Italia, mentre se la chiave privata è detenuta all’estero il reddito si considera prodotto all’estero.
Ebbene, limitando la nostra analisi alla normativa interna, questa previsione risulta sostanzialmente irrilevante per il soggetto fiscalmente residente in quanto i redditi da criptoattività saranno comunque assoggettati a tassazione in base al comma 1, lettera c-sexies, dell’art 67 del Tuir a prescindere dal luogo in cui sono prodotti.
Diversamente, nel caso in cui il contribuente sia non residente, la distinzione assume particolare rilievo in quanto, in base ai principi di territorialità dell’art. 23 del Tuir, l’assoggettamento a tassazione in Italia opererà solo se la chiave privata è detenuta nel nostro Paese.
Se la chiave privata è detenuta da un fornitore di servizi di portafoglio digitale la questione sarà risolta in modo agevole.
La stessa, infatti, sarà considerata detenuta in Italia solo nel caso in cui la stessa sia detenuta attraverso un fornitore di servizi fiscalmente residente nel nostro Paese o attraverso una stabile organizzazione italiana di un fornitore di servizi non residente.
L’indicazione appare coerente con la Risposta ad interpello 01.08.2022, n. 397 con la quale è stata precisato che
“affinché le plusvalenze derivanti dalla cessione o dal prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti da parte di neo residenti rientrino nell’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 24-bis del Tuir, è necessario che tali attività non siano detenute in un conto di deposito presso un intermediario italiano”.
Nei casi in cu