Sono particolarmente interessanti le tre pronunce diramate dalla Corte di Cassazione nel corso del mese di luglio di quest’anno (nn. 20051, 20322 e 20837) che investono sostanzialmente sul silenzio rifiuto, che si intersecano con i primi vagiti della riforma fiscale[1], che prescrive, fra l’altro, il potenziamento del diritto di autotutela, attraverso la sua estensione alle ipotesi in cui si tratti di errori manifesti, anche se l’atto è definitivo.
Nei medesimi casi, sarà possibile impugnare il diniego ovvero il silenzio da parte dell’Amministrazione.
Evidenziamo, quindi, i principi esposti dalle 3 sentenze.
Silenzio rifiuto a istanze di autotutela del contribuente: 3 interessanti casi di Cassazione
Diniego tacito di rimborso: non è impugnabile se il precedente provvedimento di sospensione non è stato impugnato
Per gli Ermellini:
“sulla premessa che l'elenco degli atti autonomamente impugnabili, contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, è suscettibile di essere integrato con la indicazione di ulteriori atti emessi dalla Amministrazione finanziaria, espressamente considerati tali da specifiche norme di legge (art. 19, comma 1, lett. 1, del decreto legislativo citato)….la tassatività dell'elenco, deve intendersi riferita non a singoli provvedimenti nominativamente individuati, ma alla individuazione di "categorie" di atti considerate in relazione agli effetti giuridici da quelli prodotti (tra cui predomina la categoria degli atti di natura impositiva), con la conseguenza che non è impedito all'interprete - mediante la qualificazione giuridica dell'atto in concreto impugnato, da compiere in relazione agli elementi funzionali ed agli effetti prodotti - di ricondurre ad una delle predette categorie anche atti "atipici" od individuati con "nomen juris" diversi da quelli indicati nell'elenco”.