Trattiamo un caso particolare che può interessare la sanatoria delle liti tributarie pendenti: le sanzioni per la deduzione di costi e spese in relazione a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati.
Tali sanzioni non sono suscettibili di definizione agevolata
Come è noto, in forza di quanto disposto dalla Legge di Bilancio 2023, le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di Cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data del 1° gennaio 2023, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, da presentare entro il 30 settembre 2023, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia.
In questo nostro intervento, dopo aver delineato sinteticamente il quadro normativo di riferimento, verifichiamo se le sanzioni per la deduzione di costi e spese in relazione a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, possano ritenersi “collegate ai tributi cui si riferiscono”.
La chiusura delle liti pendenti
Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di Cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data del 1° gennaio 2023, possono essere definite, a domanda, da presentare entro il 30 settembre 2023, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia.
In caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia.
In deroga alla regola generale che prevede il pagamento di un importo