Provato ciò, sul contribuente grava la prova contraria di avere usato la massima diligenza richiesta ad un operatore accorto, secondo i criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto.
E' quanto sostenuto dalla Corte di Giustizia Tributaria di 2° grado del Lazio.
Operazioni inesistenti: la normativa
In tema di operazioni inesistenti occorre ricordare che il legislatore ha introdotto un nuovo onere probatorio (cfr. art. 6 D.Lgs n. 130/2022) introducendo il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 D.Lgs n. 546/92 il quale stabilisce che l’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato dal contribuente.
Il giudice stesso fonda la sua decisione sugli elementi e i criteri di prova di valutazione che emergono nel processo stesso e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza risulta assente o è contraddittoria o se insufficiente a dimostrare.
Si parla di fatture oggettivamente inesistenti quando si fattura una determinata operazione, ma in realtà ne è stata effettuata un'altra, ovvero non è stata realmente posta in essere alcuna operazione.
In tema di Iva l’art. 21 del Dpr 633/72 stabilisce che la fattura, cartacea o elettronica, si ha per emessa all'atto della sua consegna, spedizione, trasmissione o messa a disposizione del cessionario o committente.
Se il cedente o prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero se indica nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura.
La definizione di fattura emessa per operazioni inesistenti (ad es., ricevute, parcelle, conti, contratti, note di trasporto) è contenuta nell’art. 1, lett. a), D.Lgs n. 74/2000 secondo cui per fatture o altri documenti per operazioni inesistenti si intendo