In caso di società a ristretta base partecipativa è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati in capo alla società, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati, ovvero reinvestiti.
Quando viene contestata la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati non è comunque applicabile il disposto che attiene alla tassazione degli utili distribuiti ai soci, con delibere formali dell’assemblea e, pertanto, non è estensibile ai redditi extracontabili.
La Corte di Cassazione ha chiarito il meccanismo di accertamento presuntivo di utili extracontabili a carico di soci di società a ristretta base azionaria.
Presunzione di utili extracontabili su società a ristretta base
Il caso di Cassazione: i ricavi evasi sono utile in nero per i soci
Nel caso di specie, il contribuente ricorreva nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, che ne aveva parzialmente accolto l’appello avverso la pronuncia di primo grado, la quale ne aveva rigettato il ricorso nell’ambito di un contenzioso su avvisi con i quali era stato accertato un maggior reddito derivante da utili extracontabili accertati in capo alla società partecipata a ristretta base sociale, che si assumeva distribuito in favore dei soci.
La Commissione Tributaria Regionale, pur confermando la legittima applicazione della presunzione di imputazione al socio degli utili extracontabili accertati in capo alla società, aveva limitato l’imponibile soggetto a tassazione ai soli ricavi «evasi» dalla stessa società per effetto della sottofatturazione dei corrispettivi di vendita, ed escluso invece dal recupero a tassazione il maggior reddito derivante dai costi, ritenuti dall’Ufficio non deducibili, trattandosi di esborsi che, come tali, secondo i giudici di appello, non avrebbero potuto essere distribuiti.
Le impugnazioni dei contribuenti
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente, denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 295 codice procedura civile, in relazione all’art. 53 Costituzione, e dell’art. 38 Dpr. 29 settembre 1973, n. 600, censurando la sentenza per aver ritenuto che la mancanza di un accertamento societario definitivo non ostasse ad applicare la presunzione di distribuzione degli utili ai soci.
Con una seconda censura il ricorrente, denunciava poi la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 Dpr. 29 settembre 1973, n. 600 e degli artt. 2727 e 2729 codice civile, deducendo che la sentenza impugnata aveva omesso di pronunciarsi sul fatto che l’Ufficio gli aveva imputato l’utile della società soltanto in quant