Il valore indiziario della presunzione relativa alla distribuzione degli utili extracontabili nelle società di capitali a ristretta base associativa va ripensato alla luce del nuovo testo normativo sull’onere della prova nel processo tributario.
La Corte di Cassazione anche di recente, ignorando del tutto il nuovo comma 5bis dell’art. 7, D.Lgs 546/1992 introdotto dall’art. 6 della Legge 130/2022, è tornata a ribadire e, quindi, ulteriormente a consolidare il suo granitico orientamento in ordine alla presunzione relativa alla distribuzione degli utili extracontabili nelle c.d. società a ristretta base sociale.
Il nuovo testo normativo sull’onere della prova nel processo tributario
Allo scopo di verificare l’autentica coerenza indiziaria di tale presunzione con la dialettica probatoria rappresentata nel citato nuovo comma 5bis, che testualmente recita:
“L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato.
Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare in modo circostanziato e puntuale le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni.”,
appare necessario far dipartire la disamina dall’art. 2697 codice civile, per il quale testualmente:
“Chi vuol fare valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”,
che prima della novella governava la prova nel processo tributario.
Dal confronto delle due norme appare la coincidenza dei fondamenti causali della prova, diversi solo nella rappresentazione letterale, ma non certo nei loro paradigmi di principio.
Il nuovo comma 5bis prospetta solo un inventario più analitico delle attitudini della prova, prima letteralmente compresse nel