Le remunerazioni in criptovaluta percepite dalle persone fisiche, al di fuori dell’attività d’impresa, per l’attività di staking sono soggette ad imposizione, con la conseguenza che, se accreditate nel wallet da una Società italiana, quest’ultima è tenuta ad applicare la ritenuta nella misura del 26%.
Tali remunerazioni non dovranno essere indicate nel Modello Redditi della persona fisica, in quanto la ritenuta è applicata a titolo d’imposta.
Con riferimento poi agli obblighi di monitoraggio fiscale, tale obbligo non sussiste nel caso in cui il contribuente detenga il wallet presso una società italiana e la chiave privata legata alla detenzione delle criptovalute sia nella piena disponibilità della società italiana.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito alcuni rilevanti aspetti in tema di wallet criptovalute e quadro RW.
Il wallet di criptovalute e l’attività di staking
Nel caso di specie, l’Istante aveva aperto un conto online (c.d. wallet) per la gestione di criptovalute presso una piattaforma gestita da una Società italiana, la quale offriva servizi di compravendita/gestione (c.d. exchange) e servizi di staking su criptovalute.
Attraverso la piattaforma, accessibile tramite un sito web o un’app, l’Istante poteva acquistare, vendere, trasferire, ricevere criptovalute contro euro, altre criptovalute o token, pagando una commissione variabile alla Società per i servizi resi.
Per quanto riguarda lo “staking”, l’Istante rappresentava che:
«questo è essenzialmente il processo utilizzato dalla blockchain delle criptovalute per raggiungere il consenso distribuito sulla generazione di un nuovo blocco attraverso il meccanismo di “PoS” (Proof-of- Stake), vale a dire un meccanismo algoritmico e criptografico che ricomprende tutte le operazioni informatiche volte a verificare la correttezza dei dati e, quindi, a registrare gli stessi nella relativa blockchain».
L’Istante intendeva quindi partecipare alla produzione e alla validazione di nuovi blocchi proposti da altri validatori, utilizzando le proprie criptovalute come stake.
A tal fine, la piattaforma poneva sulle stesse un “vincolo di indisponibilità” per il tempo necessario alla produzione e alla convalida dei blocchi della relativa blockchain.
Nel periodo di durata del “vincolo di indisponibilità”, le criptovalute rimanevano depositate sul proprio wallet e la produzione/convalida di nuovi blocchi comportava una remunerazione in criptovalute determinata dalla stessa blockchain.
In sostanza, per il tramite della Società che gestiva la piattaforma informatica necessaria per la produzione e la validazione dei nuovi blocchi, l’Istante avrebbe ricevuto dalla stessa blockchain un premio in criptovalute; e tale corrispettivo sarebbe stato decurtato di una percentuale che la piattaforma avrebbe trattenuto per le attività di validazione e per la messa a disposizione di tutta l’infrastruttura informatica (hardware e