Trattamento dei contributi relativi ai terreni

di Vito Dulcamare Giuseppe Dulcamare

Pubblicato il 23 settembre 2022

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha confermato che i contributi a fondo perduto e le altre agevolazioni riferibili ai terreni su cui insistono i fabbricati sono, sotto il profilo fiscale, da trattare alla stregua dei contributi in conto capitale, con quello che ne consegue ai fini della loro eventuale tassazione.

La Corte di Cassazione ha confermato il principio che sono contributi in conto capitale quelli ricevuti a fronte dell’acquisizione del suolo aziendale e a fronte delle spese di progettazione (su quest’ultima conclusione, in realtà, si nutre qualche dubbio, come si vedrà nel proseguo).

L’ordinanza costituisce occasione per fare il punto sul trattamento civilistico e fiscale delle agevolazioni ricevute a fronte di investimenti rappresentati dall’acquisizione di suoli destinati a incorporare fabbricati strumentali, tanto più che la disciplina ZES ha esteso il credito d’imposta anche a tali investimenti.

Prendiamo spunto per analizzare il trattamento dei contributi a fondo perduto e le altre agevolazioni riferibili ai terreni su cui insistono i fabbricati.

 

La qualificazione dei terreni come immobilizzazioni materiali

trattamento contributi terreniSecondo quanto previsto dall’art. 2426, n. 2, codice civile, l’immobilizzazione la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzata, dal che se ne deduce che non è possibile ammortizzare le immobilizzazioni che – come i terreni - hanno una durata illimitata e che, pertanto, non perdono la loro utilità nel tempo.

Relativamente ai fabbricati strumentali, pare di tutta evidenza che tali cespiti costituiscono beni ammortizzabili con l’avvertenza, indicata nel Principio contabile OIC 16 e nello IAS 16, che i terreni non costituiscono beni ammortizzabili tanto che, nel caso in cui il valore del fabbricato incorpori anche quello dei terreni sui quali essi insistono, il valore dei terreni va scorporato ai fini dell’ammortamento, il quale va quindi calcolato solo sul valore della costruzione.

Anche sotto il profilo fiscale, attualmente sussiste una piena concordanza con la normativa civilistica; tuttavia, fino all’approvazione della attuale disciplina tributaria sull’indeducibilità dell’ammortamento per i terreni (decreto legge n. 223/2006), la precisazione contenuta nei principi contabili, secondo cui non è possibile procedere all’ammortamento del valore del terreno, era stata pressoché disattesa in quanto le imprese avevano sempre provveduto all’ammortamento anche del valore del terreno, confidando nella costante e rassicurante precedente interpretazione fornita al riguardo dall’Amministrazione Finanziaria.

Sotto il profilo tributario, infatti, in passato veniva riconosciuta la possibilità di ammortizzare i terreni[1] nell’ipotesi in cui gli stessi fossero destinati ad incorporare una costruzione, concorrendo in tal caso alla formazione dell’unico valore del fabbricato[2].

Nel processo di continuo adeguamento della determinazione del reddito d’impresa ai principi civilistici, con i commi 7 e 8 dell’art. 36 del citato decreto legge n. 223/2006, invece, il legislatore nazionale “ribadisce il principio della non ammortizzabilità dei terreni e delle aree occupate dai fabbricati strumentali, in aderenza con le indicazioni fornite al riguardo dai principi contabili nazional