Lavoro e caldo estremo: indicazioni su Cassa Integrazione e obblighi del datore di lavoro

In caso di caldo estremo è possibile aprire la procedura di cassa integrazione ordinaria a tutela della salute dei lavoratori.
Vediamo quindi le istruzioni per tale CIGO e gli obblighi in capo al datore di lavoro.

Come noto (si veda il Diario del 29 luglio scorso), lavorare in particolari condizioni meteo estreme, soprattutto quando si tratta di eccessivo calore, può comportare notevoli rischi per la salute dei lavoratori.

A seguito, perciò, di quanto richiamato dalle Note INL nn. 4639 del 2 luglio 2021 e 3783 del 22 giugno 2022, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ritorna sull’argomento del rischio legato ai danni da calore e conseguentemente della tutela dei lavoratori sottoposti a tale circostanza con la Nota n. 4753 del 26 luglio 2022.

L’argomento non si esaurisce però semplicemente alla gestione del caso dell’ispezione, ma temperature estreme comportano anche la necessità di sospendere in alcune circostanze l’attività di lavoro, motivo per cui sull’argomento è intervenuto anche l’Istituto Previdenziale fornendo indicazioni relativamente all’accesso agli strumenti di cassa integrazione in caso di temperature meteo estreme o particolarmente avverse con il Messaggio INPS n. 2999 del 28 luglio 2022.

 

Cassa integrazione ordinaria per caldo estremo: chiarimenti dell’INPS

caldo estremo cassa integrazioneAnalizziamo prima quanto chiarito da parte dell’Istituto Previdenziale; infatti, in considerazione dell’eccezionale ondata di calore che sta attraversando il territorio nazionale, è possibile accedere alla cassa integrazione ordinaria.

La causale “eventi meteo” è invocabile dal datore di lavoro in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa a causa di temperature elevate, ossia quelle superiori a 35 °C; tale può essere ad esempio il caso nel quale si registra un elevato tasso di umidità che concorre a determinare una temperatura percepita superiore a quella reale, per cui la temperatura da tenere in considerazione è quella rilevata dai bollettini meteo tenendo conto anche del grado di umidità.

Incide su tale aspetto anche la tipologia di lavorazione in atto e le modalità con le quali la stessa viene svolta, aspetti che costituiscono elementi di rilievo per valutare l’applicabilità della causale, anche quando queste ultime siano inferiori a 35 °C.

Il datore di lavoro – sia nella domanda di CIGO che nella relazione tecnica – dovrà indicare le giornate di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa specificando anche il tipo di lavorazione in atto nelle giornate medesime, nonché le cause riconducibili all’eccessivo calore che hanno determinato la sospensione o riduzione, con conseguente richiesta di cassa integrazione ordinaria.

È quindi riconoscibile per tutti i casi nei quali il datore di lavoro, su indicazione del responsabile della sicurezza dell’azienda, dispone la sospensione o riduzione delle lavorazioni in quanto sussistono rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, purché le cause che hanno determinato tale sospensione non siano imputabili al datore di lavoro stesso oppure hai lavoratori.

 

Chiarimenti dell’INL sul rischio termico

In stretta correlazione con quanto statuito da parte dell’INPS è anche quanto stabilito da parte dell’Ispettorato del Lavoro.

Prima di entrare nel merito è bene però fare una precisazione su ciò che il datore di lavoro deve fare in un’ottica di valutazione del microclima sul luogo di lavoro, il quale può incidere anche notevolmente sulla salute e sicurezza dei lavoratori addetti ad alcune lavorazioni.

La valutazione del rischio microclima deve essere effettuata tenendo conto di opportune misure di prevenzione che permettano di ridurre al minimo i rischi connessi alle ondate di calore e che possono incidere negativamente sullo svolgimento dell’attività lavorativa, con conseguenze anche importanti sulla salute, su malesseri oppure infortuni sul lavoro.

In tale ottica, qualora nell’attività ispettiva si riscontri l’assenza di valutazione del rischio specifico delle misure di prevenzione da porre necessariamente in atto (soprattutto per quei settori nei quali il rischio è maggiore, come le lavorazioni outdoor, ossia i lavori all’aperto), durante l’attività ispettiva sarà possibile emettere non solo il verbale di prescrizione ai sensi dell’articolo 181, comma 1, del Decreto Legislativo n. 81/2008, ma anche un eventuale ordine di polizia giudiziaria ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 55 del codice procedura penale.

Tale misura comporta la sospensione immediata dei lavori oppure la sospensione immediata dell’attività di quei lavoratori interessati dal rischio specifico riguardante il microclima, per i quali il datore di lavoro non ha effettuato una valutazione del rischio specifico.

In tale circostanza i lavoratori potranno riprendere la propria attività di lavoro solamente nel momento in cui il datore di lavoro si sarà premurato di applicare le misure necessarie per evitare o ridurre il rischio, in adempimento di quanto inserito all’interno del verbale di prescrizione.

Qualora invece durante l’atto ispettivo si rileva che il datore di lavoro ha dimostrato di aver proceduto a una valutazione del rischio, individuando conseguentemente le misure di prevenzione e protezione, ma anche che le stesse non siano poi nella pratica state rispettate, si provvederà ad emettere un verbale di prescrizione nei confronti del preposto secondo quanto stabilito dall’articolo 19, comma 1, lettera a), per non aver vigilato sull’osservanza delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

 

Lavoro nei cantieri

L’Ispettorato del Lavoro specifica inoltre che per quelle attività che ricadono nell’ambito di applicazione del titolo IV del D.Lgs. n. 81/2008 (lavoro nei cantieri) è necessario che il PSC (cd. piano di sicurezza e di coordinamento) tenga in considerazione anche il rischio microclima, in quanto le misure di prevenzione e protezione da attuare incidono sull’organizzazione del cantiere, sul suo allestimento, sulle lavorazioni, e la loro interferenza.

Ad esempio, possono essere considerate misure utili allo scopo di ridurre il rischio microclima la previsione di aree ristoro adeguate alle pause, oppure la variazione dell’orario di inizio delle lavorazioni.

Tali misure dovranno essere adottate anche da parte dei datori di lavoro delle ditte in appalto, le quali dovranno prevedere adeguate misure di organizzazione delle lavorazioni in cantiere.

Il coordinatore per l’esecuzione dovrà perciò verificare l’applicazione delle misure individuate nel PSC da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, così come la presenza di misure relative all’interno del POS, con eventualmente anche la sospensione dei lavori per condizioni meteoclimatiche che possano configurare la presenza di un pericolo grave e imminente per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Qualora sia verificata una carenza di valutazione del rischio microclima e delle misure di prevenzione all’interno del PSC, gli organi ispettivi provvedono a redigere un verbale di prescrizione nei confronti del CSE, per non avere adeguato il PSC in relazione al rischio microclimatico e/o per non avere individuato adeguate misure di prevenzione.

 

Strumenti di consultazione per la prevenzione del rischio termico

In conclusione si segnala che sul tema delle temperature estreme l’Ispettorato del Lavoro non si limita solamente a fornire indicazioni di tipo prettamente normativo, ma fornisce anche istruzioni di tipo più pratico, indicando alcuni strumenti preventivi finalizzati al vaglio dei rischi professionali ad uso dei lavoratori, datori di lavoro e addetti alla sicurezza aziendali, ai quali si rimanda per un approccio pratico e localizzato da un punto di vista geografico, per la previsione del rischio del caldo estremo per ciascuna località.

 

A cura di Antonella Madia

Mercoledì 3 Agosto 2022