Una chiacchierata su utilità e futuro del Trust

Il trust è uno strumento utilizzato da tempo in Italia ma non sempre è conosciuto bene, soprattutto al di fuori della schiera degli esperti che se ne occupano regolarmente.
In questa chiacchierata con Ennio Vial vediamo quale può essere la reale utilità di questo strumento, quali i miti da sfatare e cosa si prevede per il futuro…

L’utilità del trust nel contesto odierno

trustLa parola inglese trust vuol dire “fiducia” ma il trust è quell’istituto di origine anglosassone finalizzato a segregare un patrimonio al fine di perseguire determinate finalità meritevoli di tutela. Cerchiamo di capire qual è la reale utilità del trust nel contesto odierno…

Il trust ha goduto, in Italia, di una discreta visibilità e pubblicità.

Forse è stato abusato e poco compreso.

Si è fatto la nomea di una sorta di “contratto nebuloso” utilizzabile per nascondere i patrimoni ed evadere le imposte, o la nomea di contratto utilizzabile per eludere le norme fiscali.

Ma è davvero così?

Oggi ne parliamo con Ennio Vial, partendo dall’utilità del trust come strumento di pianificazione del passaggio generazionale in un contesto aziendale e per tutela del patrimonio dell’imprenditore e del professionista.

Ennio Vial, amministratore di una Trust Company professionale, collabora da lungo tempo con il Commercialista telematico ed ha recentemente pubblicato assieme alla sua collega Silvia Bettiol, una manuale pratico operativo per i tipi di Maggioli sulla fiscalità e gli adempimenti del trust.

 

D: La principale utilità del trust è veramente quella di tutelare e organizzare il passaggio del patrimonio ai propri discendenti?

R: Certamente. Il trust è un istituto che permette di destinare un patrimonio al perseguimento di determinate finalità prestabilite con l’atto costitutivo.

Ovviamente l’atto istitutivo deve essere redatto con la massima cura come un vestito tagliato su misura.

 

Il trust e la holding di famiglia

D: Ma analoghe finalità non potrebbero essere perseguite anche con strumenti più semplici come ad esempio la holding di famiglia?

R: Il trust e la holding non sono strumenti comparabili. Alla fine dei conti la holding non è altro che una società e come tale risente dei limiti che una società può incontrare.

Una attenta redazione dello statuto o dei patti sociali può permettere di realizzare diversi scopi, ma, ovviamente, manca quella discrezionalità operativa che può essere presente solo se si attribuisce il patrimonio ad un trustee.

 

D: Ma, se invece di disporre un patrimonio in trust, lo intesto ad una persona di fiducia, non ottengo lo stesso risultato?

R: Ovviamente no.

Nel caso del trust il patrimonio è intestato al trustee ma solo ai fini della gestione e non del godimento. Il patrimonio non cade in successione alla morte del trustee. “Morto un trustee se ne fa un altro” ed il trust continua.

Diversamente, se intesto un patrimonio ad un altro soggetto, questo ne diviene il reale proprietario ed è assente qualsiasi segregazione.

Alla morte di questo soggetto il patrimonio seguirà le ordinarie regole sulla legittima.

 

D: Il trust negli anni passati è stato un po’ abusato. Questo potrebbe indurre gli operatori a scegliere veicoli alternativi?

R: Il trust negli anni addietro è stato molto abusato. Abusato da coloro che lo consideravano la soluzione per sottrarsi ai debiti verso il fisco, verso le banche o verso terzi in generale.

E’ stato abusato anche da molti operatori che lo hanno proposto come un prodotto commerciale da vendere in batteria.

Anni fa sono spuntati come funghi esperti di trust che poi, con l’andare del tempo, sono evaporati.

 

D: Il trust può essere uno strumento utilizzabile per occultare un patrimonio?

R: Assolutamente no!

Il 25 maggio scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale che istituisce il registro dei titolari effettivi. Nessun occultamento sarà possibile!

 

Trust estero o italiano?

D: Cosa si intende per trust estero?

R: Nel linguaggio comune, per trust estero si intende un trust con un trustee non residente in Italia.

 

D: Un trust estero richiede forse degli adempimenti particolari?

R: Si. A seguito dell’implementazione del sistema di scambio automatico di informazioni CRS (c.d. common reporting standard), il trustee estero comunicherà i dati dei titolari effettivi del trust.

Non esiste tuttavia una perfetta coincidenza tra le informazioni trasmesse attraverso il sistema CRS e gli obblighi di monitoraggio fiscale nel quadro RW.

Peraltro non ci sono ormai quasi più paesi esclusi dallo scambio automatico di informazioni.

La lista dei paesi è in continuo aggiornamento, ed è reperibile qui: https://www.oecd.org/tax/automatic-exchange/about-automatic-exchange/crs-mcaa-signatories.pdf

 

D: L’anno scorso è uscita una bozza di circolare dell’Agenzia delle Entrate sul trust. Quali questioni affronta?

R: La bozza di circolare del 11 agosto 2021 affronta principalmente tre temi, che avevamo già trattato qui:

  • La fiscalità diretta, soprattutto dei trust non residenti. Il trust, infatti, se ente non commerciale e opaco paga sui redditi che matura IRES come le società (24%) ma non deve presentare bilancio o tenere la contabilità;
     
  • Il monitoraggio fiscale, ossia la compilazione del quadro RW se il trust detiene investimenti all’estero oppure se il trust estero coinvolge soggetti fiscalmente residenti in Italia (disponente/guardiano/beneficiari);
     
  • La fiscalità indiretta in sede di disposizione di beni in trust o di attribuzione dei beni ai beneficiari, ossia quando si realizza il momento per il pagamento dell’imposta di donazione e delle ipocatastali in presenza di immobili.

 

D: Quali sono le novità più significative?

R: Le novità più significative riguardano la questione della fiscalità indiretta.

L’agenzia ha ormai recepito l’orientamento dominante della Cassazione secondo cui le imposte indirette di donazione e le ipo-catastali si applicano in misura proporzionale solo nel passaggio finale dei beni dal trustee ai beneficiari.

 

D: Quindi, ciò significa che se istituisco un trust, il passaggio dei beni dal disponente al trustee non sconta le imposte indirette?

R: Esatto. Invero la circolare non è ancora uscita nella versione definitiva, tuttavia l’Agenzia ha espresso analoga posizione anche in altre risposte ad interpelli diramate a partire dal 2021.

 

D: Il libro recentemente pubblicato per i tipi di Maggioli con la collega Silvia Bettiol si intitola “fiscalità e adempimenti del trust”. Come è nata l’idea del libro?

R: L’idea è nata da richieste che spesso i colleghi ci proponevano. La domanda che spesso ci siamo sentiti fare era: ma non esiste un libro che contiene delle indicazioni pratiche sugli adempimenti del trust? A distanza di anni abbiamo deciso di stendere questo manuale prendendo spunto dalla esperienza professionale.

 

Trust obblighi e adempimenti

D: E ci sono tanti adempimenti cui il trust è soggetto?

R: L’adempimento più importante è sicuramente quello di fare il trustee ed il guardiano senza disinteressarsi della propria “carica”.

Ad ogni modo il trust (ops: il trustee) può essere tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi, ad effettuare le comunicazioni CRS, a predisporre una relazione periodica, a presentare la dichiarazione dei titolari effettivi ai fini della nuova compilazione del registro speciale in CCIAA, e altre attività eventuali.

Il libro affronta soprattutto queste questioni di carattere pratico.

 

D: E’ vero che l’utilità del trust si giustifica solo per grandi patrimoni?

R: Dipende da caso a caso. Anche patrimoni modesti potrebbero giustificare il trust. Se ho solo un immobile, per me quell’immobile sarà un patrimonio importante.

 

D: Quali beni posso trasferire nel trust?

R: Non esistono particolari limitazioni circa la tipologia di beni che possono essere trasferiti in trust.

Le ipotesi più classiche sono quelle delle partecipazioni, degli immobili e della liquidità, ma il trust potrebbe altresì, detenere beni mobili come ad esempio le opere d’arte o le autovetture.

 

D: Ma il trustee è intestatario dei beni. Può scappare con i miei soldi?

R: Letteralmente trust si traduce con fiducia. Spesso gli atti per la disposizione dei beni richiedono anche un potere autorizzatorio del guardiano e comunque è oltremodo raccomandabile affidare l’incarico a un professionista competente o comunque a persone di fiducia che abbiano gli skill adeguati per ricoprire l’incarico

 

D: A cosa servono quei trust dove il disponente, ovvero chi istituisce il trust, è anche il trustee?

R: Si tratta dei c.d. trust autodichiarati. Spesso, anche se non sono possibili generalizzazioni, si tratta di trust visti con circospezione e sospetto.

L’Agenzia delle entrate, infatti, li ritiene interposti e sono anche visti come comportamenti anomali ai fini della segnalazione antiriciclaggio.

Il trust autodichiarato, tuttavia, potrebbe avere una sua dignità in ipotesi in cui il disponente, in luogo di realizzare un trust testamentario, decide di attivare il trust mentre è ancora in vita in modo che questi sia già operativo al momento della sua morte.

E’ evidente che alla morte del disponente il trust non potrà più essere autodichiarato.

 

D: Ma se trasferisco il mio patrimonio nel trust divento povero?

R: Dipende da come viene scritto l’atto istitutivo del trust. Generalmente viene previsto che il trustee deve garantire il tenore di vita del disponente o, comunque, la possibilità di attribuire a quest’ultimo i frutti del trust.

 

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A cura di Ennio Vial

Giovedì 23 giugno 2022

 

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