Il tema della gestione d’impresa in tempo di guerra è sempre stato poco trattato per via della improbabilità del verificarsi di tali situazioni. La situazione attuale ci mette invece di fronte all’esigenza di rivalutare le nostre certezze. In campo strategico come è opportuno comportarsi?
Purtroppo ogni tanto l’uomo non è capace di non far soffiare “venti di guerra”. È più forte di noi. Nonostante questi eventi ricorrenti pochi studiosi di management hanno affrontato il tema della gestione d’impresa in “tempo di guerra”.
O ritenevano altamente improbabili questi scenari o ritenevano superfluo cimentarsi su questi argomenti.
Siamo rimasti tutti spiazzati
La guerra travolge le nostre piccole scelte quotidiane e incide in modo importante sulle modalità di produzione e vendita di beni e servizi.
Oppure non è così?
La strategia è alla base della pianificazione in azienda
Quando parliamo di strategia ci rifacciamo sempre alla letteratura militare; la guerra ci ricorda invece cosa significa formulare una strategia e l’importanza della pianificazione per dare attuazione a tale strategia.
Le 5 attività del processo manageriale
Ci vengono in mente le 5 attività che è opportuno vengano svolte da chi fa management e si capisce quanto azzeccata fosse stata l’intuizione di Henry Fayol (1916).
Dopo aver pianificato, si tratta di organizzare le risorse e guidare con scelte efficaci l’attuazione del piano.
A questo punto c’è comunque la fase delicata dell’esecuzione che dipende dal comportamento di tutte le persone coinvolte nella gestione.
Chiude il circuito la fase di controllo, che consente di verificare nel durante il punto in cui ci si trova rispetto a quanto pianificato, ma soprattutto rispetto agli obiettivi e alla strategia che ci si era prefissati di perseguire
Le conseguenze del vivere in tempi di incertezza
La conseguenza di vivere “tempi di guerra” è che solo alcuni settori migliorano i fatturati e la loro redditività: le imprese produttrici delle armi e di prodotti collegati agli eventi bellici (ad esempio le telecomunicazioni via satellite).
Per gli altri settori ci sono situazioni di stagnazione o di crescita molto contenuta, alcuni potrebbero essere a rischio crollo (pensiamo alle aziende che operano sui mercati russo e ucraino).
Così l’aumento del Pil che ci si aspettava nel 2022 probabilmente svanirà nel nulla.
La Commissione Europea aveva già rivisto al ribasso le previsioni di crescita dell’economia italiana per il 2022: come si legge nelle previsioni d’inverno, il Pil era previsto in discesa dal +4,3 al 4,1%.
A pesare sulla ripresa erano gli aumenti del costo dell’energia e i problemi della supply chain in un Paese come l’Italia poverissimo materie prime.
In questo quadro giocava un ruolo già molto importante il calo nella fiducia dei consumatori che era in ripresa dopo che si “erano prese le misure” sulla pandemia, sulla sua continuità nel tempo e suoi principali effetti sull’economia.
Si iniziava a parlare di endemia, “situazione in cui un virus manifesta un tale livello di diffusione da essere considerato come stabilmente presente tra la popolazione, esattamente come l’influenza o il raffreddore” (fonte: Nurse.it).
Certo il conflitto Russia-Ucraina Putin ci costringerà ad un ulteriore revisione al ribasso del Pil.
Questa revisione sarà ovviamente tanto maggiore quanto più durerà il conflitto e con esso i suoi impatti anche sociali (pensiamo all’effetto dei profughi di guerra, tutto da capire).
Così, nel marzo 2022, non ci resta che affermare tristemente: bye bye Pil e pianificare diversamente.
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A cura Alberto Bubbio e Luca Bianchi
Sabato 12 marzo 2022
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