La pandemia e il mondo post pandemia renderanno necessario cambiare tanti aspetti della nostra vita: saremo pronti a farlo?
Nel mondo imprenditoriale e del lavoro tale necessità sarà sentita in modo fortissimo e potrebbe essere ineluttabile. Sapremo uscire dalla nostra comfort zone?
Che nell’attuale contesto pandemico e nella “prossima normalità” sia necessario cambiare approccio dovrebbe apparire chiaro a tutti. Ma non lo è.
Non lo è poiché nonostante ci sia il tempo per farlo non si pensa per cercare di capire cosa sta cambiando.
I “Ristori” offerti dal Governo, se il modello di business è cambiato e l’imprenditore non pensa di cambiare, diventano soldi solo temporaneamente utili (forse), ma nel medio-lungo termine buttati via.
Certo non è facile capire ed accettare questi concetti: la necessità di cambiare è spesso difficile da cogliere e questo soprattutto in situazioni normali.
Bisognerebbe farlo alle prime percezioni che qualcosa di spiacevole si sta concretizzando e che ben presto creerà una situazione negativa; non è per nulla facile farlo.
Certo, come ci ricorda il professor Kotter (nell’e-book: “8 steps to Accelerate Change in Your Organizations”), riuscire a diffondere un senso di urgenza sulla necessità del cambiamento è presupposto funzionale ad attivare il cambiamento stesso.
Questo è quindi facilitato quando gli andamenti derivanti dall’ambiente esterno e i risultati aziendali iniziano ad essere negativi.
Qualcuno sostiene che in quel momento sia già troppo tardi.
Come è noto, sulla prevenzione delle crisi in Italia gli ordini professionali hanno versato fiumi di inchiostro, hanno scritto e stanno scrivendo enciclopedie, ma per l’impatto sociale negativo che le crisi di impresa hanno sul piano occupazionale vale ancora l’aureo principio: “meglio tardi che mai”.
Uscire dalla propria comfort zone
Purtroppo il cambiamento è spesso reso difficile dal fatto che in una realtà fatta da più persone sono sempre molto più numerose quelle che sono contrarie al cambiamento rispetto a quelle favorevoli.
Il problema fondamentale è quello di abbandonare la propria comfort zone, per qualcosa di sconosciuto ed incerto.
Non tutti sono disponibili a questa evoluzione.
Spesso le resistenze al cambiamento sono tanto maggiori quanto più la persona si sente sprovvista delle capacità concettuali e culturali per affrontare con successo il cambiamento stesso.
Al contrario, essere disponibili al cambiamento è connaturato nel Dna delle persone per il loro vissuto; tuttavia, questo non significa che chi è neutro o contrario al cambiamento non possa convincersi della sua utilità.
Nel business il cambiamento avviene tutti i giorni.
Nella nostra esperienza un altro aspetto che caratterizza in modo vincente il cambiamento è il ritmo, spesso incalzante e comunque costante, che si riesce ad imprimere a questo processo tanto delicato e difficile quanto lo sarà nel futuro prossimo, in quanto le situazioni che vivremo post-pandemia renderanno il cambiamento ineluttabile.
La cultura del cambiamento
In proposito comunque si ricorda che, a nostro avviso, la disponibilità al cambiamento è un fatto dai connotati fortemente culturali.
L’ignoranza è la prigione o il rifugio per difendere ad oltranza lo status quo.
Infine un ultimo avvertimento: c’è chi ha capito, come saggiamente scriveva nel Gattopardo Tomasi di Lampedusa, che il cambiamento può essere utilizzato in modo manipolatorio:
“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.
La variazione solo l’aspetto esteriore, apparente, di quello che in realtà è un falso cambiamento.
Noi italiani in materia siamo dei maestri e lo dobbiamo al nostro livello culturale mediamente elevato.
A cura di Alberto Bubbio e Luca Bianchi
Sabato 19 Febbraio 2022
Post Covid-19 e management: le 5 cose che devono cambiare
Corso di management online
in collaborazione con
Manage-Mind: a knowledge distribution factory
Introduzione al percorso
Il Covid-19 ci ha offerto una grande possibilità: avere più tempo per ascoltare. Ma bisogna volerlo. Ed è stato così per la nostra community.
Pertanto, vi proponiamo 5 video-lezioni in cui abbiamo cercato di individuare quali saranno le attività e i contenuti che caratterizzeranno il futuro del management.
Non abbiamo lavorato al buio. Siamo partiti dai recenti lavori di Gary Hamel per discutere su questo tema ancora caratterizzato da alcune incognite, ma anche da alcune certezze.
Fra queste, il fatto che le 5 attività, da sempre ritenute caratterizzanti un efficace management process, rimangono tali:
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planning,
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organizing,
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leading,
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executing e
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controlling.
Tuttavia, qualcosa sembra debba cambiare. Quello che dovrà probabilmente cambiare sono le modalità, i tempi e gli strumenti chiamati a caratterizzare quelle 5 “tradizionali” attività.
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