In caso di accertamento fiscale su uno studio dentistico, la riscontrata differenza quantitativa tra le protesi dentarie acquistate e quelle fatturate con le prestazioni professionali rese, costituisce una obiettiva e reale circostanza idonea a giustificare, in quanto integrante elemento presuntivo grave, preciso e concordante, i maggiori compensi non contabilizzati, rilevando altresì il mancato assolvimento ad opera del contribuente dell’onere della prova contraria.
E’ questo il principio espresso dai massimi giudici della Corte di Cassazione.
Recupero a tassazione di imposte non versate per omessa contabilizzazione di compensi per prestazioni professionali: il caso del dentista
All’esito di una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza nei confronti di un dentista, l’Agenzia delle entrate, sul rilievo della omessa contabilizzazione di compensi per prestazioni professionali, determinava, con metodo analitico-induttivo ai sensi dell’art,39, comma 1, lett. d), del D.P.R.n.600/73, il maggior reddito imponibile ai fini IRPEF per l’anno 1994 e recuperava a tassazione le imposte non versate, in uno a sanzioni ed accessori.
L’impugnazione del relativo avviso di accertamento veniva accolta dalla Commissione tributaria provinciale di Bari, la quale, anche sulla scorta dell’esito assolutorio del procedimento penale promosso a carico del contribuente, qualificava gli elementi indiziari addotti nell’atto impositivo a suffragio della omessa fatturazione di compensi come mere presunzioni semplici, non connotate dai caratteri della gravità, precisione e concordanza e, pertanto, annullava l’atto impositivo.
La decisione veniva poi confermata in sede di appello dalla Commissione tributaria regionale della Puglia.
A seguito di ricorso in Cassazione, la Corte, con la sentenza n. 4170/2013, cassava con rinvio la pronuncia di seconde cure, ritenuta inficiata dal vizio di insufficiente motivazione sul fatto decisivo della presunzione di maggiori compensi desunta dalla discrasia contabile tra i documenti di acquisto di protesi dentarie e di fatturazione delle stesse a clienti, circostanza invece potenzialmente rilevante per essere legittima la ricostruzione induttiva di compensi “ove la cessione o l’impiego in prestazioni d’opera di beni possa desumersi dalla esistenza di documentazione di acquisto”.
Tempestivamente riassunta la controversia, la C.T.R. della Puglia, ha rigettato l’impugnativa del contribuente e dichiarato legittimo l’atto impositivo.
Avverso quest’ultima pronuncia ricorre per cassazione il contribuente.
La decisione della Corte
Dopo aver individuato (in parte narrativa) il thema decidendum della lite e la tipologia (analitico-induttiva) dell’accertamento oggetto di controversia, osserva la Corte che l’impugnata pronuncia.
“ha considerato la (pacifica e riscontrata dalle emergenze contabili) differenza quantitativa tra le protesi dentarie acquistate e quelle fatturate con le prestazioni professionali rese come una “obiettiva e r