Imposta di registro su sentenze e falcidia concordataria

Il presupposto dell’imposta di registro è costituito dall’esistenza delle sentenze che hanno accertato i crediti, le quali non possono in alcun modo venire meno a seguito della falcidia concordataria.
Ai fini della tassazione, dato che la disamina si esaurisce nella sola valutazione dell’atto, restano del tutto irrilevanti gli effetti che la sentenza potrà avere in relazione al soddisfo del credito riconosciuto con condanna del debitore.

Imposta di registro da applicare alla falcidia concordataria

falcidia concordatariaLa Corte di Cassazione ha chiarito il trattamento impositivo di registro su sentenze di accertamento crediti, in caso di falcidia concordataria.

Nel caso di specie, la contribuente aveva proposto ricorso avverso due avvisi di liquidazione relativi ad imposta di registro, in merito a due sentenze del Tribunale con le quali era stata accolta l’opposizione allo stato passivo della società in concordato, con ammissione quale creditore chirografario, sul rilievo che l’imposta doveva, a suo avviso, essere liquidata non sull’importo riconosciuto al passivo, ma sulla somma ridotta dalla falcidia concordataria, pari al 94,3%.

Al riguardo, la contribuente sosteneva che la falcidia aveva prodotto effetti estintivi sui crediti chirografari ammessi al passivo dalle due sentenze del Tribunale e che l’applicazione dell’imposta sull’importo riconosciuto dall’autorità giudiziaria contrastava col principio di capacità contributiva ai sensi dell’art. 53 Cost.

La Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso, con sentenza poi confermata anche dalla Commissione Tributaria Regionale, la quale riteneva che i creditori conservavano comunque per intero la loro azione nei confronti dei coobbligati fideiussori e degli obbligati in via di regresso.

La società proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo la violazione degli artt. 20 e dell’art. 49 del Dpr. 26 aprile 1986 n.131, nonché dell’art. 8 della tariffa allegata al medesimo decreto, e degli artt. 135 e 184 del Rd. 267/42, nonché dell’art. 53 della Cost.

La società ricorrente affermava, in particolare, l’erronea applicazione dell’imposta proporzionale sul valore nominale del credito in luogo dell’importo ridotto dalla falcidia concordataria.

Secondo la Suprema Corte la censura era infondata.

 

Cosa sono le sentenze esecutive?

Evidenziano i giudici di legittimità che le sentenze esecutive individuavano i crediti da ammettere al passivo e non certamente l’ammontare della somma posta a base della percentuale di partecipazione al riparto in esito alla liquidazione o in conformità alla proposta.

Rileva la Cassazione che il Dpr. n. 131 del 1986, all’art. 37, prevede del resto il conguaglio o il rimborso dell’imposta di registro soltanto nell’ipotesi in cui il provvedimento dell’autorità giudiziaria, che costituisce il presupposto dell’imposta, sia stato ritualmente impugnato e il giudizio di impugnazione si sia concluso con sentenza passata in giudicato, o con conciliazione giudiziale o extragiudiziale, ma pur sempre con riferimento al giudizio conclusosi con la sentenza.

Non rilevano, invece, ai fini del pagamento o del rimborso dell’imposta di registro, le vicende successive ed estrinseche ai provvedimenti in questione, divenuti definitivi a seguito del decreto col quale, rilevato il passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di omologa del concordato, ai sensi dell’art. 4 bis Dl. n. 347/2003, venga dichiarata la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria della società e delle ulteriori società facenti parte della proposta di concordato.

 

Sentenze esecutive ed imposta di registro

Il presupposto dell’imposta di registro nel caso di specie era dunque costituito esclusivamente dall’esistenza delle due sentenze che avevano accertato i crediti, le quali, afferma la Corte, non possono in alcun modo venire meno a seguito della falcidia concordataria.

Con riferimento alle sentenze e all’applicazione alle stesse dell’art. 19 del Dpr. 634/72 (che dispone che l’imposta va applicata secondo l’intrinseca natura dell’atto da registrare e gli effetti che da esso conseguono) la Corte di Cassazione (Cassazione 11959/93; 4057/97; n. 4601/2009, n. 15918/2011, n. 24099/2014; n. 7240/2016; n. 12013/2020), ha inoltre affermato che, quando l’atto da registrare sia una sentenza, per stabilire i criteri di tassazione occorre fare riferimento al contenuto e agli effetti che emergono dalla sentenza stessa, senza possibilità di utilizzare elementi ad essa estranei e senza possibilità di ricercare contenuti diversi da quelli su cui si è formato il giudicato, come avrebbe in sostanza voluto la contribuente ricorrente, con la prospettata ricostruzione di un diverso contenuto della fattispecie in considerazione della falcidia concordataria.

In conclusione, l’accertamento del giudice in ordine agli effetti che la sentenza produce ed al titolo su cui essa intrinsecamente si fonda, non può basarsi su contenuti diversi rispetto a quelli su cui si è formato il giudicato, laddove, ai fini della tassazione di registro, proprio perché la disamina si esaurisce nella sola valutazione dell’atto, restano del tutto irrilevanti gli effetti che la sentenza potrà avere in relazione al soddisfo del credito riconosciuto con condanna del debitore.

 

Imposta di registro per i provvedimenti dell’autorità giudiziaria

Infatti, in tema di imposta di registro, l’art. 8, comma 1, lett. b), della prima parte della tariffa allegata al Dpr. 26 aprile 1986, n. 131, assoggetta ad imposta proporzionale i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori di per sè stessi e non in quanto determinino il trasferimento di beni o l’attribuzione di diritti.

La Commissione Tributaria Regionale, quindi, aveva correttamente deciso, ritenendo che la successiva limitazione in sede esecutiva della falcidia concordataria non assumesse alcuna rilevanza, in quanto, nell’interpretare il contenuto della sentenza del Tribunale, come detto, occorreva considerare il solo contenuto intrinseco della stessa sentenza e non il fatto che il creditore non avrebbe potuto porla in esecuzione, essendo il debitore in concordato preventivo e subendo egli la falcidia concordataria.

Non era quindi possibile utilizzare elementi estranei alla sentenza sottoposta a registrazione, quale anche la limitazione relativa all’effettiva possibilità di realizzare il credito nei confronti di un debitore ammesso al concordato preventivo.

 

Fonte: Ordinanza Cassazione n. 22996 del 17/08/2021

 

A cura di Giovambattista Palumbo

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