A seguito della pandemia da Covid-19 sono sorti notevoli dubbi in materia di residenza fiscale dei lavoratori, soprattutto in ragione del fatto che molti lavoratori residenti all’estero ma di nazionalità italiana si sono trovati improvvisamente a ritornare nel nostro Paese per poter lavorare in smart working.
Per tale ragione sull’argomento si è espressa nuovamente l’Agenzia delle Entrate con una lunga risposta a Interpello che vuole chiarire diversi aspetti della questione.
Durante l’epidemia da Covid-19 numerosi sono stati i lavoratori che si sono stabiliti temporaneamente in Italia, continuando a svolgere le medesime mansioni e con le stesse condizioni di lavoro del Paese estero nel quale abitualmente si svolge la loro attività.
Quel che è cambiato in sostanza è solo una diversa modalità di espletamento della propria prestazione lavorativa, che si è svolta da remoto anziché in presenza.
Tale questione ha però generato delle problematiche rilevanti da un punto di vista fiscale, soprattutto in materia di imposizione del reddito da lavoro nell’uno o nell’altro Paese.
L’Agenzia Entrate si è recentemente soffermata sull’argomento, chiarendo, con Risposta, quale sia il trattamento fiscale delle retribuzioni per lavoro dipendente erogate a soggetti residenti e non residenti che a causa dell’emergenza epidemiologica svolgano o abbiano svolto la propria attività lavorativa in Italia in smart working invece che nel Paese estero nel quale erano distaccati.
Tassazione lavoro dipendente: l’interpello presentato
La questione si basa sul caso di una serie di lavoratori dipendenti di un’azienda con una sede in Cina, i quali a causa dell’emergenza epidemiologica nell’anno 2020 sono ritornati in Ita