Un ente pubblico ha monitorato per un anno la navigazione web dei dipendenti, ma senza le dovute garanzie. Il Garante per la Privacy è intervenuto con una sanzione esemplare, chiarendo cosa può fare un datore di lavoro. Un caso emblematico che riaccende il dibattito su controlli digitali e rispetto della sfera privata in ambito lavorativo.
Navigazione web dei dipendenti: i limiti al controllo del datore
Nell’era digitale lavorare con il pc per molte ore al giorno è routine, ma nei datori di lavoro potrebbe facilmente insorgere il dubbio di un utilizzo degli strumenti web, in modo non conforme alle direttive interne. Vero è che le aziende debbono sorvegliare l’utilizzo dei pc per motivi di sicurezza e per evitare che qualcuno si colleghi a siti dannosi o pericolosi.
Il caso tipico è quello del dipendente che, proprio durante l’esercizio delle sue mansioni, si mette a navigare su internet per fare ricerche e letture di carattere personale. Chiaramente un comportamento non corretto dal lato disciplinare e contro cui l’azienda può tutelarsi, ma attenzione: pur sempre mantenendo un approccio rispettoso della sfera della privacy individuale, prerogativa – anche – di chi lavora alle dipendenze.
Proprio di questi temi parleremo di seguito e in particolare di una vicenda che ha visto un ente regionale tracciare – per circa un anno – la navigazione internet del personale, ma senza la previa stipula di un accordo sindacale. Con ingiunzione n. 243/2025, sulla questione è intervenuto il Garante per la Privacy e lo ha fatto chiarendo i limiti all’esercizio dei poteri di controllo sulla